"I PRIVILEGI DI OGGI CI AVEVANO FATTO DIMENTICARE L'IMPORTANZA DELL'AIUTO RECIPROCO” – I CITTADINI UCRAINI SI MOBILITANO IN MASSA PER SOSTENERE CHI SI OPPONE ALL’AVANZATA RUSSA – NON SOLO CHI COMBATTE E CURA I FERITI: C’È CHI ORGANIZZA PACCHI DI CIBO, CHI PREPARA MOLOTOV E CHI INVIA FOTO E VIDEO PER DARE AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE – “NON BISOGNA CREDERE AI NUMERI DEI SOLDATI UCCISI FORNITI DA MOSCA..."
-Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Vale adesso la pena di raccontare meglio questa determinata volontà di resistenza ucraina contro l'invasione militare russa. Perché è indubbio che non solo i giovani più nazionalisti, ma soprattutto la gente comune di ogni età e classe sociale lotta, combatte, si mobilita in massa come può per sostenere chi si oppone da soldato all'esercito russo.
Fuggono donne e bambini, però altri restano e coloro che se la sentono partono volontari col fucile in mano, tanti altri ancora li sostengono cuocendo loro pasti nelle cantine dei ristoranti o delle proprie abitazioni, organizzando pacchi di coperte e sacchi a pelo per chi dorme nelle trincee, raccogliendo vestiti caldi, preparando bottiglie molotov appena dietro le retrovie, o anche semplicemente offrendo rifugio alle famiglie di chi è andato in battaglia, garantendo protezione e riparo ai più deboli.
Dai tattoo alle molotov «È il momento della solidarietà militante. Non eravamo più abituati. La paura ossessiva del Covid e i privilegi egoistici della ricchezza nell'opulenza della società dei consumi ci avevano fatto dimenticare i gesti semplici dell'aiuto reciproco», sostiene Alona Prominez, 53 anni, che sino a pochi giorni fa era impiegata in una grande cartiera e ora si occupa di organizzare i pacchi di cibo. Non lontano da lei, Daria Chuba, trentenne esperta in tatuaggi, da tre giorni sta accovacciata per ore e ore nella penombra di un capannone per confezionare bottiglie molotov.
I responsabili vietano qualsiasi video o fotografia, ma lei è ben contenta di mostrare la sua arte nel dosare nelle bottiglie il terzo di olio minerale assieme alla benzina e le lunghe micce, che sono la parte più complicata. «Si tratta di fare sciogliere sacchi di palline di polistirolo nell'acetone, la pasta appiccicosa che ne deriva viene modellata a forma di lungo stoppino che esce dalla bottiglia. I russi resteranno ustionati a morte delle nostre armi artigianali», spiega allegra.
Tra i volontari permane l'entusiasmo attivo che aiuta a superare le paure e forgia l'unità del gruppo. «Lasciati soli diventiamo preda dei nostri incubi peggiori, ma indaffarati assieme per un obiettivo comune diventiamo una forza imbattibile. Putin la pagherà cara, non gli basteranno gli anni che gli restano da vivere per pentirsi dei suoi errori», dice Valery, 33enne proprietario del bar Mates, dove cuochi e camerieri servono la cena gratis a chi presidia i posti di blocco.
«Gli abitanti del vicinato ci mandano continuamente cibo da regalare ai nostri soldati. Ci sono momenti che non sappiamo neppure più dove metterlo», spiega. Sono racconti che ricordano quelli delle popolazioni europee sotto i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Vennero scritti infiniti volumi sulla solidarietà tra londinesi sotto le bombe di Hitler; fenomeni molto simili avvenivano anche a Stalingrado accerchiata dalla Wehrmacht e durante i primi mesi del 1945, nella Berlino ormai braccata dalle divisioni di Stalin.
Tanta determinazione è sostenuta dalla diffusa convinzione per cui le forze Ucraine sono in grado di bloccare l'invasione russa. «Mosca può ripetere tutte le falsità che vuole, ma praticamente tutte le nostre grandi città restano invitte. La nostra guerra partigiana è destinata a prevalere», sostiene con lo sguardo diritto il cinquantenne imprenditore Yuri Navrotsky, che per lunghi anni è stato alto ufficiale della contraerea.
I suoi vecchi compagni gli mandano di continuo sul cellulare le foto e i video della battaglia dell'aeroporto di Hostomel, il 24 febbraio alle porte della capitale, quando i missili terra-aria ucraini abbatterono in pochi minuti almeno tre Ilyushin Il-76, gli aerei trasporto truppa russi, uccidendo subito 500 uomini tra le migliori unità commando. «Da allora Putin ha dovuto ripiegare sulla strategia dell'avanzata lenta. Ma il suo gigantesco convoglio di carri e soldati entrato dalla Bielorussia, passando per il reattore nucleare di Chernobyl, adesso è bloccato a 30 chilometri da Kiev e li stiamo massacrando dall'aria grazie ai droni turchi Bayraktar ultimo modello», aggiunge.
Sui social sono diffusi video che inneggiano in ucraino alla «grandezza gloriosa» dei droni di Erdogan. E rimbalzano i vecchi aneddoti sull'Ucraina «patria di confine», la cui proverbiale «ubertosa terra nera granaio dell'Europa» sarebbe stata concimata nei secoli dalle infinite schiere di nemici uccisi e seppelliti mentre tentavano di occuparla.
«Non bisogna credere ai numeri dei soldati uccisi forniti da Mosca. Noi sappiamo che non sono 500, bensì probabilmente già più di 10.000. Putin ha già utilizzato tutti gli oltre 100.000 combattenti che aveva mobilitato per l'invasione. Adesso dovrebbe trovarne almeno altrettanti per proseguire, ma non ci sono», afferma. La paura delle bombe A questo punto però cresce una paura: e se Putin dovesse ricorrere ai bombardamenti pesanti da distanza per distruggere la Kiev che non riesce a prendere con le fanterie?
«È un'eventualità. La Nato dovrebbe intervenire per fermare Putin, sarebbe un crimine orribile, potrebbe persino ricorre ad atomiche tattiche», risponde Yuri preoccupato. Lo stesso timore serpeggia negli ospedali della capitale. Le autorità di Kiev non rivelano i numeri delle vittime. Ma all'ospedale numero 18 in centro città il medico anestesista Sergei Alexandrovich ci fa capire che i bilanci potrebbero essere già gravi. «Abbiamo oltre cento ricoverati, sono tutti residenti di Kiev con ferite di guerra - dice -. E siamo pronti al peggio».