"QUANDO HO FINITO DI DANZARE DAVANTI ALLA BARA DI MIO NIPOTE, NELLA TESTA HO SENTITO DISTINTAMENTE LA SUA VOCE" - GINO GENTILIN, 66 ANNI, È IL NONNO PROTAGONISTA DEL VIDEO DIVENTATO VIRALE SUI SOCIAL IN CUI BALLA AL FUNERALE DEL NIPOTE, KEVIN, MORTO IN UN INCIDENTE STRADALE A CASTELFRANCO VENETO: "MI HA DETTO 'GRAZIE NONNO' E ALL’IMPROVVISO MI SONO SENTITO SVUOTATO, LA SOFFERENZA CHE MI PORTAVO DENTRO ERA USCITA - KEVIN MI CHIEDEVA DI ANDARE CON LUI E I SUOI AMICI IN DISCOTECA. E SOTTO LA CONSOLLE CI DIVERTIVANO UN MONDO..." - VIDEO
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Estratto dell'articolo di Andrea Priante per il "Corriere della Sera"
«Si dice che un genitore non dovrebbe sopravvivere ai propri figli, ma questa regola vale ancora di più per i nonni e i loro nipoti. È doppiamente contro natura: un dolore immenso che ti mangia dentro, ti distrugge. Ci sono stati dei momenti, in questi giorni, in cui ho rischiato di impazzire».
Come se ne esce?
«Nel mio caso, a salvarmi è stato proprio quel ballo. Quando ho finito di danzare davanti alla bara di mio nipote, nella testa ho sentito distintamente la sua voce. Mi ha detto: “Grazie nonno”. E all’improvviso mi sono sentito svuotato, come se molta di quella sofferenza che mi portavo dentro, se ne fosse uscita».
Gino Gentilin ha 66 anni e fa il muratore da quando ne aveva 16. Abita a Castelfranco Veneto, nel Trevigiano, in una casa che si è costruito con le sue mani accanto a quelle dei due figli e delle loro famiglie. Una piccola comunità che conta sei nipoti, uno dei quali — Kevin di 15 anni — è morto venerdì scorso, travolto da un’auto mentre andava a scuola. [...]
Partiamo dall’inizio: da Kevin.
«Io e lui: due anime affini. Veniva a trovarmi ogni sera, parlavamo di qualunque cosa, mi raccontava dei suoi progetti, delle sue passioni. E ascoltavamo tanta musica. A Kevin piacevano tutti i generi: dai cantautori italiani degli anni Sessanta agli artisti pop contemporanei, ma ovviamente anche il rap e la musica techno. Ogni occasione era buona per chiedermi di andare con lui e i suoi amici in discoteca. E sotto la consolle del dj, più che nonno e nipote sembravamo due complici che si divertivano un mondo a ballare insieme».
Cosa rappresenta, per lei, il ballo?
«Il ballo, esattamente come la musica, è una forma di amore. Un giorno mi diagnosticarono un brutto male e i medici mi diedero sei mesi di vita: da quel momento ho deciso che quel che mi restava l’avrei vissuto al massimo».
(Nonno Gino arrotola la manica della camicia e mostra un tatuaggio sul braccio. C’è scritto: “Io sono io, uno spirito libero”). «Tutti i giorni, da quando mi hanno detto che stavo per morire, metto musica ad altissimo volume e ballo un po’. È terapeutico: sono passati sette anni e sono ancora vivo».
Cos’è accaduto venerdì scorso?
«A partire da quest’anno scolastico, con le belle giornate Kevin raggiungeva la scuola in Vespa. Da quel che sappiamo, venerdì un’auto è sbucata all’improvviso da una stradina laterale e non ha potuto evitarla.
Sono arrivato lì pochi minuti dopo l’incidente, era steso a terra e mi sono seduto accanto a lui. Siamo rimasti così per almeno mezzora. Era già morto e ricordo che, mentre lo accarezzavo, continuavo a chiedermi perché non potessimo scambiarci i nostri corpi».
Chi ha avuto l’idea di suonare della musica dance al funerale?
«L’idea è stata mia, ma prima ho chiesto a mio figlio e alla mamma di Kevin se erano d’accordo. La cassa ha cominciato a pompare la musica: prima gli 883, poi i Brothers e infine un remix di Dj Matrix. In quei momenti ho avvertito la presenza di Kevin in mezzo a noi, e sentivo che voleva ballassi con lui, perché ci divertissimo insieme ancora una volta.
Quel che non sapevo è che avrebbero ripreso la scena col telefonino e che il video sarebbe finito sui social e sui giornali. Chiedo scusa se ho urtato la sensibilità di qualcuno, ma credetemi: quel ballo, una dichiarazione d’amore a mio nipote, mi ha salvato».
Poi si è accasciato, abbracciando la bara.
«Mi sono rivolto direttamente a lui, gli ho urlato: vola Kevin, ora sei libero! Ero esausto ma allo stesso tempo mi sentivo leggero». [...]
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