"LA QUARTA DOSE NON E' LA REGOLA NELLA STORIA DEI VACCINI" - SECONDO SERGIO ABRIGNANI, IMMUNOLOGO DEL CTS, E' PREMATURO PARLARE DI UN ULTERIORE RICHIAMO - ECCO IL MOTIVO - "LA VARIANTE OMICRON? DOBBIAMO VEDERE COME SI COMPORTERA' IN EUROPA" - "NON E' UNA FATALITA' SE IL RESTO D'EUROPA SUBISCE LA QUARTA ONDATA E NOI..."
-Margherita De Bac per il Corriere.it
Che cosa ci sarà dopo la terza dose?
«Intanto pensiamo a fare la terza, poi si vedrà. Al momento non lo sappiamo. Non c’è nessuna evidenza che possa essere necessaria una quarta».
Nel mondo scientifico il dibattito è aperto ma per Sergio Abrignani, immunologo del comitato tecnico scientifico, è prematuro capire se davvero dovremmo considerare quello con l’anti-Covid un appuntamento fisso.
La quarta dose è una prospettiva concreta?
«Non è la regola nella storia dei vaccini».
Perché in genere c’è bisogno di almeno tre dosi?
«La maggior parte delle vaccinazioni contro malattie infettive prevenibili prevedono due dosi a distanza ravvicinata e una terza distanziata, dopo 6-12 mesi. Proprio come sta succedendo per il Covid 19. Le prime due servono a indurre una forte risposta immunitaria che agisce subito, il richiamo serve a rinforzare la memoria immunitaria e a renderla duratura. Dobbiamo ricorrere a una terza iniezione non perché il virus sia riuscito ad aggirare il vaccino, ma perché c’è bisogno di allungare la memoria del sistema immunitario».
Cosa ci sta suggerendo l’esperienza di Israele, molto avanti nella campagna di somministrazione del richiamo?
«Si è visto che il richiamo ripristina la risposta dell’organismo e corregge il declino della memoria. E’ stata una buona notizia perché significa che la variante delta non sfugge alla vaccinazione».
Quali scenari?
«L’ideale per noi umani sarebbe raggiungere dopo la terza dose una protezione duratura, mettiamo di 5-10 anni, una barriera contro tutte le varianti che si dovessero presentare. I vaccini di cui ora disponiamo hanno dimostrato di saper opporsi a tre varianti, quella originaria di Wuhan, la Alfa (cosiddetta inglese) e la Delta (nata in India)».
E se la risposta immunitaria continuasse ad affievolirsi anche dopo il richiamo?
«In questo caso dovremmo prendere in considerazione una dose ulteriore, da ripetere ogni anno, come per l’influenza che però ogni anno si presenta con virus nuovi e ci costringe a cambiare il vaccino».
Cosa sappiamo della variante Omicron in relazione al vaccino?
«Una variante, per diventare temibile, deve avere un vantaggio competitivo, deve cioè saper imporsi sui ceppi circolanti grazie a una maggiore diffusività innanzitutto. Anche Omicron sembrerebbe, dai dati sudafricani, più contagiosa. Non sappiamo se questo è legato alla caratteristica della popolazione di quella zona, dove c’è un’alta prevalenza di persone immunodepresse. Dobbiamo vedere come si comporterà in Europa. Avrà la stessa diffusività? Non è detto».
Altri interrogativi?
«E’ causa di forme di malattia più gravi? Può sfuggire al vaccino e fino a che punto? Risposte in sospeso».
Il virus si modifica solo nella proteina Spike?
«No, le mutazioni avvengono anche nelle altre proteine ma la Spike è quella che ci interessa in quanto i vaccini sono stati costruiti per contrastare la Spike, utilizzata dal virus per agganciarsi alla cellula umana».
Se arrivassero vaccini basati su tecnologie diverse da quelle utilizzate per disegnare i prodotti di Pfizer, Moderna, Astrazeneca e Johnson & Johnson potremmo aver risultati migliori a non dover star dietro al numero delle dosi?
«E’ improbabile, le tecnologie possono cambiare ma i meccanismi di protezione su cui si deve agire sono sempre gli stessi».
E’ stato annunciato l’arrivo di antivirali specifici contro il Sars-CoV-2.
«Vale la regola aurea. Prevenire è meglio che curare. Specie questa malattia che anche dopo la guarigione può dar luogo a conseguenze patologiche, a distanza di mesi».
Come legge la situazione epidemica in Italia?
«La curva sale, ma più lentamente. E questo è merito dell’alto tasso di vaccinazioni, delle regole mantenute, del green pass. La differenza si è vista e non è una fatalità se il resto d’Europa subisce l’ondata mentre noi stiamo riuscendo a contenerla».