"QUESTA NON E' LA FINE DELLA STORIA: CI BATTEREMO FINCHE' GIUSTIZIA NON SARA' FATTA" - STELLA MORRIS, LA MOGLIE DI JULIAN ASSANGE, NON SI RASSEGNA ALL'ESTRADIZIONE DEL FONDATORE DI WIKILEAKS NEGLI USA DECISA DA LONDRA - "QUESTA DECISIONE E' UNA FARSA. E' LA PERSECUZIONE DA PARTE DI UNA POTENZA STRANIERA CHE CERCA VENDETTA, UNA POTENZA CHE HA COMMESSO CRIMINI CHE JULIAN HA PORTATO ALLA LUCE..." - E POI DENUNCIA IL RISCHIO SUICIDIO DA PARTE DI ASSANGE
-Luigi Ippolito per il corriere.it
Ha l’espressione sconvolta e la voce rotta dall’emozione Stella Moris, la moglie di Julian Assange: appena poco più di un’ora dopo l’annuncio delle decisione del governo di Londra sull’estradizione del fondatore di WikiLeaks, lei si presenta di fonte ai giornalisti della capitale britannica, affiancata dall’avvocatessa Jennifer Robinson.
Anche Stella era la legale di Assange e i due intrecciarono una relazione nei lunghi mesi in cui lui era rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra: una relazione da cui sono nati due figli e che è culminata nelle nozze lo scorso marzo, nonostante lui sia rinchiuso da tre anni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. «Questa non è la fine della storia - annuncia Stella - ci batteremo, useremo ogni via legale, passerò ogni ora da sveglia combattendo finché Julian non sarà libero, finché giustizia non sarà fatta».
L’avvocatessa Jennifer Robinson spiega che non solo continueranno a fare appello, nei tribunali britannici e di fonte alla Corte europea di giustizia, ma chiederanno all’amministrazione Biden di lasciar cadere il caso e al governo australiano di intervenire (Assange è infatti cittadino di quel Paese).
Stella denuncia il fatto che la decisione del governo britannico si è fondata sulle assicurazioni, fornite dagli Stati Uniti sul trattamento di Assange, definite «una farsa» da Amnesty International: e che la loro battaglia si baserà sulle rivelazioni successive relative ai tentativi della Cia di assassinare Assange.
«La nostra determinazione è raddoppiata di fronte a una decisione che è una farsa - dice Stella -. Non ho parole per esprimere cosa sia vedere il processo britannico usato in modo da prolungare le sofferenze di Julian. È la persecuzione da parte di una potenza straniera che cerca vendetta, una potenza straniera che ha commesso crimini che Julian ha portato alla luce. Lui non ha fatto nulla di male, ha fatto ciò che ogni giornalista che si rispetti dovrebbe fare».
La moglie si aspetta che il nuovo governo australiano a guida laburista intervenga: «Questo è un caso politico - afferma - che deve essere risolto al più alto livello. Smettiamo di far finta, non c’è nessuna legalità, c’è solo illegalità da parte di attori potenti».
Ma c’è la speranza che il caso, lanciato dall’amministrazione Trump, sia lasciato cadere da Biden: «Non è una amministrazione monolitica — commenta Stella - c’è chi comprende le implicazioni per la libertà di stampa». Infatti, secondo la moglie, «dobbiamo smettere di trattare il suo come un caso sui generis: riguarda la libertà di stampa, non solo Assange, ma tutti i giornalisti».
Ed è un caso che ha per Stella immense ripercussioni private: «Non vedo il punto di rivelarlo ai nostri figli - confessa - quando andiamo a visitarlo cerchiamo di trarne il massimo, ci godiamo quel tempo». Ma i timori sono forti: «La sua salute si deteriora di giorno in giorno. Julian vuole vivere, con me e i suoi figli: ma se venisse estradato, le condizioni in cui si troverebbe sarebbero così opprimenti che lo spingerebbero al suicidio. Non è solo una questione di salute mentale, stanno portando una persona al suicidio».