"QUI PUTIN LANCIÒ LA PALLETTA A DUDÙ’" – FILIPPO CECCARELLI MARAMALDEGGIA SUL TRASFERIMENTO DELLA SEDE DELL’ASSOCIAZIONE STAMPA ESTERA NELLA VECCHIA CASA ROMANA DI BERLUSCONI, PALAZZO GRAZIOLI - TRA QUADRI, CROSTE E COPPE DEL MILAN: "I GIORNALISTI NON POTRANNO FARE A MENO DI RICORDARE L’EPOPEA ORGIASTICA: IL RECLUTAMENTO DI ESCORT, IL DRESS CODE (TUBINO NERO), FINO AL SANCTA SANCTORUM DELL’EROTICA DI PALAZZO: IL LETTONE DI PUTIN" - LA FOTO DELLE RAGAZZE NEI CESSI...
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Estratto dell’articolo di Filippo Ceccarelli per “La Repubblica”
Se le mura dei palazzi hanno un’anima e i loro ricordi un qualche effetto sugli individui, una tempesta emotiva attende i giornalisti dell’Associazione della stampa estera, circa 300 iscritti, che fra un paio di mesi andranno a lavorare al piano nobile di Palazzo Grazioli, la cui denominazione e la cui spaziosa memoria sono indissolubilmente legate al periodo aureo del berlusconismo.
Lavori di ristrutturazione quasi compiuti; trasloco in itinere; affitto a carico (da sempre) del governo italiano, più o meno 5 mila euro al mese; escluso purtroppo dall’affitto il locale al piano terra dove, con scranni in miniatura, era insediato il cosiddetto “parlamentino”. [...]
Per cui sarebbe bello che i nuovi arrivati, da tutto il mondo, trovassero nelle varie stanze delle illuminanti targhe: qui Putin lanciò la palletta a Dudù; qui Berlusconi fece ostensione dell’improbabile cimicione; qui il ministro La Russa battezzò uno dei brani dei premiati autori Silvione-Apicella; qui consumavano pizzette e champagne le benemerite dell’ordine presidenziale delle farfalle; da qui vennero fatti defluire i presenti la notte dell’abdicazione, 12 novembre 2011, con la folla pericolosamente assiepata davanti al portone, per paura di un saccheggio.
Palazzo romano polveroso e appena un po’ tetro: meno bello del vicino Palazzo Bonaparte e a due passi dal fatidico Palazzo Venezia, dove lavorava (e non solo) il duce. Conclamata reggia di Sua Maestà il Cavaliere, ma a seconda dei momenti anche sede del governo ombra e dimora della corte in esilio, comunque con bandiere al balcone, gatta egizia sul cornicione (dietro la finestra della fida segretaria Marinella) e indiscutibile rilievo nella storia politica italiana.
Perché mai come in queste stanze ha avuto luogo la compiuta privatizzazione del potere, con il che assai più che a Palazzo Chigi nella sua propria casa il sovrano convocava, nutriva, incontrava, si proteggeva e si dilettava; d’altra parte era fermamente convinto di incarnare il Popolo e quindi lo Stato – e tuttora è aperta la questione se fosse un salto della post-politica, una regressione a regimi pre-democratici o magari tutte e due le cose. […]
Dentro, l’arredamento richiamava la catastrofe estetica e casalinga del berlusconismo in un caotico ammucchiarsi di obelischi, arazzi, ninnoli, bei quadri che convivevano con evidentissime croste e coppe del Milan. Una porta scorrevole separava, per modo di dire, il pubblico dal privato. E su questo scivolosissimo confine i giornalisti stranieri non potranno fare a meno di ricordare anche l’epopea orgiastica di palazzo Grazioli: il reclutamento massivo di escort sull’asse Roma-Bari, il severo dress code (tubino nero, eccetera) di cui si fece garante Giampi Tarantini, la sua auto dai vetri abbrunati.
Fino al sancta sanctorum dell’erotica di palazzo: il lettone di Putin, che in realtà a dar retta a un incrocio di testimonianze (Vespa-Ape regina) non esisterebbe proprio, era un giaciglio king size che il Cavaliere si era fatto costruire sulla base di un quadro, questo sì regalato dall’autocrate russo.
Di quella stagione, unico documento resta la formidabile foto-ricordo che alcune ragazzette pugliesi si fecero diciamo pure nel cesso: perché la storia è fatta di cose nobili e basse, il potere consuma le une e le altre – e gli spasmi dopo tutto ci appartengono.