"SEI UN LEONE, SARÒ SEMPRE AL TUO FIANCO" – A CATANIA UN 14ENNE UCCIDE A COLTELLATE LA MADRE "IN NOME" DEL PADRE IN CARCERE: LA DONNA VOLEVA ALLONTANARE IL MARITO DOPO LE ACCUSE DI MALTRATTAMENTI - IL 14ENNE PERO' SI ERA SCHIERATO CON IL PADRE, COINVOLTO IN UN'INCHIESTA SU FURTI D'AUTO, A CUI INVIAVA MESSAGGI SUI SOCIAL (“TI AMO, NON TI ABBANDONERO’ MAI”) - ANCHE IL NONNO DELL'ADOLESCENTE E' IN GALERA PER ACCUSE ANALOGHE...
-Laura Anello per “la Stampa”
Uccisa a coltellate dal figlio che non aveva neanche compiuto quindici anni, un colpo dopo l'altro, sulla schiena, sul collo, sulla faccia. Colpi e grida, colpi e parole d'odio per quella madre - 32 anni, ma sembrava anche più giovane - che voleva allontanarlo dal padre in carcere, che voleva tagliare i ponti con quell'uomo dal quale aveva subito maltrattamenti, che sognava per lui e per l'altro figlio una vita diversa.
Secondo le accuse, è morta così Valentina Giunta, in un basso a Catania di via Salvatore Di Giacomo, vicino al Castello Ursino, riversa in camera da letto nel sangue, vittima di un delitto che gli investigatori hanno fatto in fretta a ricondurre all'ambito di una famiglia lacerata e in perenne conflitto. Già, perché il figlio che l'avrebbe accoltellata, chiamiamolo Mariano, quel padre in galera invece lo adorava, lo sosteneva. A lui scriveva «Ti amo» sui social, a lui diceva «Sei un leone, sono con te», aspettando di giorno in giorno la scarcerazione. Quei social in cui la madre non esisteva, esclusa, nemica, invisibile.
La famiglia di lei, le amiche, i vicini ci hanno messo poco a raccontare agli agenti della squadra mobile di Catania dei continui litigi e delle urla con quel figlio maggiore che aveva nel padre il suo mito e che da bambino stava diventando uomo, crescendo molto in fretta: la peluria sulle labbra, la voce in trasformazione, i pugni in bella mostra. Ne è venuto fuori un «grave quadro indiziario», cui è seguito un interrogatorio che è stato sufficiente ai magistrati a disporre il fermo per il ragazzo. Quando sono emersi i sospetti, il testimone è passato dalla procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, a quella per i minorenni, coordinata da Carla Santocono. Sarà adesso il giudice per le indagini preliminari a decidere sulla convalida del fermo.
Adesso padre e figlio sono in carcere entrambi, lontani ma accomunati dallo stesso destino. L'altro figlio della donna, dieci anni, ora affidato ai nonni materni, dovrà affrontare un doppio, triplo trauma: la madre uccisa, il fratello maggiore in carcere per il delitto, il padre in galera. E altri semi di odio tra le due famiglie che erano già in guerra.
Valentina voleva salvare se stessa e i ragazzi, scappando da tutti: da quel marito che aveva denunciato per maltrattamenti e che era coinvolto in un'inchiesta su furti d'auto; dal suocero, anche lui in galera per accuse analoghe, dalla suocera che accusava di avere plagiato Mariano, nel timore che la stessa cosa succedesse per il fratello minore.
Via da tutti, quindi: per questo stava per vendere casa e andare lontano con il figlio piccolo, mentre Mariano sarebbe rimasto dai nonni.
Una scelta che, probabilmente, è alla base dell'ultima lite finita a coltellate.
Mariano, infatti, le dichiarazioni di fedeltà e di amore per il padre le moltiplicava pubblicamente, su quei social che sembravano scritti apposta perché la madre leggesse, perché leggessero tutti, anche quel curatore speciale che la procura dei minori aveva nominato per lui, ritenendo che i genitori non fossero nelle condizioni di fare il suo interesse, anche a causa del conflitto che li opponeva.
«Tanti auguri di buon compleanno, papà, sei stato il papà migliore, ti amo tanto e anche se sei lontano da me ti penso sempre e con il cuore sono vicino a te», scriveva l'11 aprile su Facebook. E ancora: «Sei la mia forza, ti amo leone, presto fuori insieme. Nel bene e nel male non ti abbandonerò mai». Nei video su Tik Tok c'erano le fotografie del padre e del nonno che Mariano quasi esibiva, con orgoglio, con ammirazione, e forse con un pizzico di provocazione, rivendicando un'appartenenza, da uomo a uomo. In loro si riconosceva, in quella linea di discendenza maschile che la madre non è riuscita a spezzare. Presto, certamente, per fare qualsiasi analisi, ma affiorano alla mente storie cinematografiche e di vita, soprattutto nell'ambito di Cosa Nostra.
Donne che tagliano i ponti con i padri e con i mariti per salvare i figli, donne che provano a rompere l'implacabile catena di trasmissione di violenza e di odio per sottrarli a un destino criminale. Ma Mariano, forse, era già troppo cresciuto per non identificarsi con il padre, per non eleggerlo a modello in cui identificarsi per crescere, in quell'età in cui di modelli si ha un bisogno disperato. È finita malissimo, in un giorno d'estate. La madre che voleva salvare suo figlio non è riuscita a salvare neanche se stessa.