"SIAMO ABBANDONATI: NON ABBIAMO DIRITTO NEANCHE AL CONTAGIO" - VIAGGIO TRA LE CASE OCCUPATE DELLA PERIFERIA ROMANA E LE 8 MILA PERSONE CLANDESTINE: "IN CHIESA PER AIUTARCI CHIEDONO L’ISEE. NOI NON CE L'ABBIAMO PERCHÉ NON ABBIAMO UNA RESIDENZA. SIAMO IN QUESTA CASA PERCHE' L'ABBIAMO OCCUPATA. SE DOVESSIMO AMMALARCI DI CORONAVIRUS, DOVREMMO AVERE UN PIEDE NELLA FOSSA PER ESSERE PORTATI IN OSPEDALE…”
-Flavia Amabile per “la Stampa”
Anna D' Ilario ha 52 anni. Il suo lavoro è pulire sale e bagni di palazzo Altemps o della Crypta Balbi, i luoghi della Grande Bellezza. Continua a andarci ogni giorno anche se da settimane le sale sono chiuse al pubblico. Verso le sei torna a casa alla Magliana e si mette alla ricerca di cibo. Vive in un appartamento occupato con tre figlie e due nipoti di 8 e 11 anni, in totale sono sei persone in 80 metri quadrati, poco più di dieci metri quadrati a testa. Anna è l' unica ad avere un motivo valido per restare fuori casa buona parte della giornata.
Gli altri cinque componenti della famiglia da oltre un mese sono costretti a rimanere negli 80 metri quadrati. Anche le figlie andavano a fare pulizie in giro per Roma.
«Una era in nero, è stata subito mandata via. L' altra era stata assunta a febbraio, giusto in tempo per essere messa in cassa integrazione. Ora sono tutti a casa, vuol dire che invece di un pasto o al massimo due ce ne sono tre ogni giorno. E poi la luce, l' acqua, le spese sono aumentate moltissimo. Non faccio altro che cercare un modo per recuperare più soldi, oltre a quelli che guadagno», racconta Anna. «Ho chiesto in chiesa ma lì per aiutarmi chiedono il mio Isee. Io non ho un Isee perché non ho residenza. Ho un tetto perché qualche anno fa ho sfondato la porta di un appartamento con un piede di porco e un cacciavite ma una legge del 2014 mi vieta di utilizzarla come residenza ufficiale».
Anna non ha un Isee ma nemmeno una tessera elettorale, una patente e un medico di famiglia. «Siamo gli invisibili, non esistiamo». E senza medico e assistenza sanitaria non può sperare molto in caso di contagio. «Che cosa accadrebbe? Non lo so, probabilmente non riuscirebbero nemmeno ad avvertire le mie figlie. E se accadesse alle mie figlie? Non lo so».
Quanti sono gli invisibili senza residenza a Roma?
«Tutti quelli che vivono nelle case occupate a meno di non avere ottenuto la residenza molti anni fa. Sono persone che il governo non ha tutelato in alcun modo nei suoi decreti. Eppure esistono», risponde Angelo Fascetti, responsabile nazionale del sindacato Asia-Usb.
Esistono e sono tanti. Soltanto a Roma Federcase nel 2016 calcolava 8mila persone clandestine nelle case popolari occupate abusivamente. In realtà sono di sicuro clandestini e senza residenza tutti quelli che hanno occupato una casa dopo il 2014 quando fu approvato il decreto Lupi che vieta a chi occupa abusivamente una casa di chiedere la residenza o di allacciare luce e gas. «Sono migliaia di persone private di diritti primari da una legge che crea illegalità e che in questo momento aumenta il disagio e rende i deboli ancora più deboli», spiega Maria Vittoria Molinari dell' Asia-Usb di Tor Bella Monaca.
Resta quindi una domanda senza risposta: che cosa accadrebbe in caso di contagio alle migliaia di persone solo a Roma prive di un indirizzo di residenza e quindi di assistenza sanitaria? «Non lo so. Sinceramente non mi sono posto il problema», risponde Marco, 27 anni, uno delle centinaia di occupanti delle case popolari del Quarticciolo, un lavoro in nero perso all' inizio della quarantena.
«Ma noi siamo gli abbandonati, non abbiamo diritto nemmeno al contagio. Se dovessimo ammalarci di coronavirus, dovremmo stare molto male per chiedere un tampone e dovremmo proprio avere un piede nella fossa per essere portati in ospedale dove poi se la prenderebbero con noi sostenendo che il contagio sarebbe dovuto alle nostre scarse condizioni igieniche. Qui non vediamo mai nessuno, stiamo andando avanti in questo difficile momento in cui in tanti abbiamo perso il lavoro grazie alla rete di solidarietà creata dal comitato di quartiere. Almeno un piatto di pasta è assicurato».
Quello che accadrà quando poi la quarantena finirà è un ulteriore punto interrogativo. Anna Maria occupa da diciassette anni una casa di 38 metri quadrati alla Magliana. Ci vivono in quattro.
«Ma è il mio tetto e intendo difenderlo con ogni mezzo. Che si sappia: siamo pronti a tutto pur di non finire in strada».