"LA SITUAZIONE E' PRESSANTE E CUPA" - PANICO A PECHINO PER 70 CASI COVID: LA POPOLAZIONE, NEL TIMORE DI FINIRE NEL LOCKDOWN IN CUI E' STRETTA SHANGHAI, DOVE I SUPERMERCATI SONO STATI PRESI D'ASSALTO E LA CENSURA NON RIESCE PIU' A CONTENERE LE PROTESTE - NELLE ZONE DOVE SI SCOPRONO NUOVI CONTAGI, VENGONO CREATE RETI ANTI-EVASIONE E GABBIE PER NON FAR USCIRE I CITTADINI DAI CONDOMINI...
-Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
«La situazione è pressante e cupa», avverte la Commissione sanitaria di Pechino. Sono bastati 70 casi di Covid-19 emersi da venerdì per mettere in allarme le autorità e gettare nell'ansia la popolazione della capitale cinese, che teme di finire nello stesso assedio in cui è stretta da quattro settimane Shanghai e per prepararsi ha svuotato i supermercati.
Al momento, il focolaio di Pechino è nel grande distretto di Chaoyang, dove sono concentrati uffici, ambasciate, centri commerciali di lusso, ristoranti e locali che richiamano ogni giorno decine di migliaia di persone dal resto della metropoli: quindi, anche se la maggioranza dei casi per ora è comparsa a Chaoyang, è inevitabile che la caccia al contagio si allarghi rapidamente al resto della capitale e ai suoi circa 21 milioni di abitanti.
Le autorità dicono che il coronavirus ha cominciato a diffondersi «in modo strisciante» da almeno una settimana, perché molti positivi sono asintomatici come capita in tutto il mondo con la variante Omicron. La situazione combacia con quella di Shanghai l'1 marzo: quel giorno furono segnalati 32 positivi, numero statisticamente irrilevante in una megalopoli da 26 milioni di anime. Per giorni, mentre i numeri crescevano di poche decine, poi di alcune centinaia, le autorità locali esclusero la possibilità di imporre un lockdown nel cuore commerciale della Cina. Contrordine il 28 marzo, con l'inizio di una quarantena che ancora dura, a oltranza, fino a quando i contagi scenderanno a zero.
Gli epidemiologi cinesi cominciano a chiedersi se la crisi di Shanghai sia dovuta a un ritardo nell'applicazione delle procedure di Tolleranza Zero o all'inarrestabilità di Omicron. Un dilemma in più per Xi Jinping, che fin dal 2020 aveva dichiarato che la capitale dev'essere difesa a ogni costo.
È una questione di prestigio internazionale e di credibilità interna per il Partito-Stato, che ha indicato alla popolazione cinese i milioni di contagi e le centinaia di migliaia di decessi nelle città dell'Occidente, paragonandoli alla «gestione scientifica ed efficiente» della Tolleranza Zero. Quella politica sanitaria rigidissima per due anni aveva tenuto a freno il Covid-19 (fino a gennaio 2022, ufficialmente, meno di 100.000 contagi e 4.600 morti, quasi tutti nel 2020 a Wuhan).
Ora ai 3,5 milioni di residenti di Chaoyang sono stati prescritti tre tamponi in sei giorni: ieri si vedevano code lunghissime e ordinate nelle strade; si ripeteranno domani e venerdì. Ieri sera altri 11 dei 16 distretti di Pechino hanno annunciato test di massa questa settimana. Numerosi comprensori residenziali sono già in «gestione controllata», anticamera del lockdown.
Domenica, dopo l'annuncio della campagna di tamponi a tappeto (caposaldo della Tolleranza Zero insieme con i confinamenti coatti dei positivi, dei loro contatti stretti e occasionali), i supermercati di Chaoyang sono stati svuotati da gente che ha fatto scorte alimentari per paura di una lunga quarantena.
Pechino teme di essere la nuova Shanghai, dove le autorità non riescono a rifornire con regolarità milioni di famiglie chiuse in casa. Neanche la censura riesce a nascondere le proteste. Sono immagini da film distopico quelle di Shanghai: nelle zone dove si scoprono nuovi contagi (ieri 2.472) si innalzano reti anti-evasione. Ai «dabai» è stato ordinato di applicare la «yìng gèlì».
«Dabai» significa «grande bianco» ed è il soprannome dato agli operatori sanitari e ai vigilanti in tuta ermetica che gestiscono l'emergenza sul campo. «Yìng gèlì» si può tradurre in «isolamento rafforzato»: è realizzato con gabbie metalliche alte due metri davanti agli ingressi di case e palazzine popolari. Come monito, o forse per protesta, davanti ad alcuni condomini sono state appese tute bianche che sembrano spaventapasseri. Anche la Borsa di Shanghai ha paura: ieri ha perso il 5,1%, il giorno più nero dal 2020. I contagi accertati a Shanghai dall'1 marzo si avvicinano ormai a 500.000. I morti, secondo il conto ufficiale, sono 138.