"SONO L'UNICO NON JIHADISTA IN CELLA CON I TERRORISTI ISLAMICI" - CESARE BATTISTI FRIGNA DAL CARCERE DI ROSSANO, IN CALABRIA, DOVE STA SCONTANDO L'ERGASTOLO: "QUI NESSUNA ATTIVITÀ RIEDUCATIVA O DI REINSERIMENTO SOCIALE. C'È SOLO UN FINE PUNITIVO, È UNA TOMBA" - L'EX PAC AVEVA GIÀ DETTO DI SENTIRSI IN PERICOLO IN MEZZO AI TAGLIAGOLE, MA DA QUANDO È IN GALERA IL 66ENNE HA COLLEZIONATO PUNIZIONI PER I SUOI COMPORTAMENTI AGGRESSIVI...
-Mauro Zanon per "Libero quotidiano"
«Sono l'unico detenuto senza alcun rapporto con il jihadismo che si ritrova in un reparto di alta sicurezza riservato agli accusati di "terrorismo islamico", situazione insostenibile che mi priva di qualsiasi attività, compresa l'ora d'aria, fuori dalla cella - se così si può chiamare questa gabbia minuscola in cui non entra mai un raggio di sole». Inizia così il testo che Cesare Battisti, ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (Pac) condannato all'ergastolo per quattro omicidi e attualmente recluso nel carcere penitenziario di Rossano (Calabria), ha dettato al telefono a una delle sue figlie (ne ha due, Valentine e Charlène, che vivono entrambe a Parigi), e che il settimanale L'Obs ha pubblicato lunedì sul suo sito.
«Il reparto di alta sicurezza Isis-As2 è una flagrante violazione delle norme nazionali e europee che vigilano sulla dignità dei detenuti: qui non esiste alcuna attività rieducativa o di reinserimento sociale; la struttura stessa è concepita con un fine esclusivamente punitivo, vera e propria tomba dove nemmeno un prete osa entrare», scrive il pluriomicida Battisti, arrestato nel 2019 dopo trentasette anni di latitanza e sberleffi allo Stato italiano e alle famiglie delle vittime, prima in Francia, idolatrato e protetto dalla gauche intellettuale, poi sulle spiagge brasiliane («Non ho nessuna voglia di andarmene dal Brasile, ormai sogno perfino in portoghese. Adoro Rio, le spiagge, le belle ragazze», diceva nel 2011, coccolato dalla sinistra verdeoro di Lula da Silva e Dilma Rousseff).
L'appello
La protesta, che Battisti chiama "appello alla giustizia", arriva a distanza di cinque mesi dalla lettera inviata al Garante nazionale dei detenuti, nella quale diceva di sentirsi in pericolo tra i tagliagole islamisti, ricordando di aver già ricevuto delle intimidazioni da parte dei terroristi di Al Qaeda nel 2004, per essersi espresso «contro il velo islamico e l'atroce discriminazione delle donne», e da parte dello Stato islamico nel 2015, «per avere pubblicamente criticato l'operato dell'Isis in Siria».
Oggi, l'ex terrorista dei Pac si dice «allo stremo delle forze psichiche e fisiche, con patologie croniche», annunciando un nuovo sciopero della fame. «Non mi resta altro da fare che dichiarare lo sciopero della fame e della terapia, affinché venga applicata la decisione della Corte d'Assise d'Appello di Milano (Battisti fa riferimento alla sentenza del maggio 2019, quando i giudici milanesi, pur confermando l'ergastolo, spiegarono che a lui non era "applicabile il regime ostativo", ndr) e mi sia permesso di andare in una prigione dove posso intraprendere il legittimo percorso di reinserimento sociale previsto dalla legge», dice Battisti.
Quest'ultimo non ha mai smesso di recitare la parte della vittima, del povero agnellino maltrattato da uno Stato violento. Ma in carcere non ha fatto altro che collezionare punizioni per il suo comportamento aggressivo. Secondo quanto appreso lo scorso autunno da La Verità, ventiquattro ore dopo il suo trasferimento dal carcere di Oristano (Sardegna) a quello di Rossano, il sessantaseienne si è scagliato verbalmente contro un ispettore della polizia penitenziaria, fatto che gli è valso quindici giorni di esclusione dalle attività comuni.
Minacce
Il 25 settembre si è rifiutato di lasciare i locali adibiti a quarantena anti-coronavirus per i detenuti, obbligando i poliziotti a portarlo via con la forza e ottenendo per questo altri quindici giorni di punizione. Il giorno dopo, evidentemente non pago delle sue continue ribellioni, ha chiesto e ottenuto di fare una telefonata al «fratello». Ma i poliziotti hanno scoperto che in realtà stava parlando con una donna: altri sette giorni di punizione.
«Anche se dovessero ridurmi al silenzio», ha affermato l'ex terrorista, come riportato da La Verità, «i compagni e gli amici qui e altrove sapranno adoperarsi come hanno sempre fatto». E intanto, a Parigi, le celebri Éditions du Seuil si dicono già pronte a pubblicare il suo prossimo libro, che ha scritto in carcere durante il suo isolamento.