"TIRATE GIU' QUEL MURO" - DECINE DI STUDENTI DELL'UNIVERSITÀ DI PECHINO SI SONO RADUNATI ALL'ATENEO PER PROTESTARE CONTRO IL LOCKDOWN E LA COSTRUZIONE DI UNA PARETE CHE AVREBBE ISOLATO GLI STUDENTI DAL RESTO DELLA COMUNITÀ - SUI SOCIAL CINESI I POST E I VIDEO DELLA PROTESTA SONO STATI CENSURATI - IL VICEPRESIDE DELL’UNIVERSITÀ HA PROVATO A CALMARE GLI STUDENTI MA ALLA FINE DEL SUO DISCORSO… - VIDEO
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Gianluca Modolo per www.repubblica.it
Tirate giù quel muro. Decine di studenti universitari della prestigiosa Università di Pechino, la Peking University, (Beijing Daxue, BeiDa) si sono radunati ieri notte davanti al dormitorio nel campus di Wanliuyuan dell’ateneo per protestare contro il lockdown e la costruzione di una parete che che avrebbe separato gli studenti dal resto della comunità - docenti e famiglie - che vive dentro il campus, isolandoli. Alla fine, la recinzione, l’hanno tirata giù da soli. Le misure contro il Covid hanno vietato l’ingresso e l’uscita agli universitari.
Davanti al cancello del campus
“Da qui non entra e non esce nessun studente”, ci dice un poliziotto davanti al cancello principale del campus. In lockdown anche i ragazzi che vivono e studiano in un’altra delle più famose università cinesi, la Tsinghua, non lontano dalla Peking. Anche lì, arrivati all’ingresso, stesso copione.
Le proteste sono iniziate ieri sera quando l’università ha tirato su una recinzione per dividere Wanliuyuan in due, con il risultato che le famiglie di una metà potevano ancora entrare e uscire liberamente, mentre gli studenti sarebbero stati isolati nell'altra metà. In questo modo, hanno detto, sarebbero stati tagliati fuori dal resto della vita sociale dentro il campus, senza possibilità di ordinare cibo da asporto o di andare a mangiare in mensa.
L’uomo che parla nei video è Chen Baojian, vicepreside dell’Università, arrivato per calmare gli studenti dicendo che voleva che "mettessero giù i loro cellulari" affinché non filmassero e "proteggessero l'Università di Pechino” (sottinteso, la reputazione dell’università).
La censura dei video
"Il problema che avete voi è anche il mio. L'università cerca di salvaguardare la vostra salute e il vostro diritto allo studio e alla ricerca, e questa è la promessa dell'università e anche la mia”, dice il docente nel video. “Il mio ufficio è qui e ogni studente può parlare con me. Per risolvere il problema, incontrerò e parlerò con gli studenti un'area dopo l'altra e un piano dopo l’altro". Mentre parla, però, ad un certo punto la recinzione viene buttata giù da alcuni ragazzi e partono gli applausi degli universitari. Sui social cinesi i post e i video della protesta sono stati presto censurati.
Da questa università iniziarono varie proteste nella storia cinese: come il movimento del 4 maggio del 1919 e i movimenti studenteschi del 1989 che portarono a Tiananmen. Tra tre settimane, il 4 giugno, ricorre l’anniversario di quella strage, che il Partito chiama “l’incidente”. Un post anonimo di uno dei ragazzi che ha partecipato alla protesta recita: ”Stasera ho assistito alla rinascita della tradizione di lotta tra gli studenti dell'Università di Pechino”.
La tensione con l'Occidente
Sale dunque la tensione a Pechino, tra proteste per le misure anti-Covid, le difficoltà economiche e anche la contrapposizione con l'Occidente. La Cina oggi ha chiesto la "fine delle interferenze negli affari interni" in risposta alla dichiarazione di sabato dei ministri degli Esteri del G7, in cui sono citate le tensioni su Taiwan, le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e nel Tibet, la stretta su Hong Kong, le controversie nei mari Cinese orientale e meridionale e l'avviso a Pechino di non assistere la Russia nell'invasione dell'Ucraina. "Quello che voglio sottolineare è che gli affari legati a Taiwan, Xinjiang, Tibet e Hong Kong sono puramente affari interni della Cina e non tollerano interferenze di forze esterne", ha detto un portavoce dell'ambasciata cinese a Londra.