"IL TRENO VIAGGIAVA A VELOCITÀ CONSENTITA E IL SEMAFORO ERA VERDE" – L’IPOTESI PIÙ PROBABILE SULL'INCIDENTE CHE HA CAUSATO LA MORTE DEI CINQUE OPERAI, TRAVOLTI DA UN TRENO A BRANDIZZO, È CHE CI SIA STATO UN ERRORE DI COMUNICAZIONE TRA LA SALA CIRCOLAZIONE DI RFI E LA SQUADRA. I LAVORI SAREBBERO POTUTI INIZIARE SOLO DOPO IL VIA LIBERA DEL CENTRO DI CONTROLLO, MA NON RISULTA CHE CI SIA STATA UNA COMUNICAZIONE AL RESPONSABILE DEL CANTIERE - LA TESTIMONIANZA DEL SOPRAVVISSUTO: "CE LI SIAMO TROVATI DAVANTI ALL'IMPROVVISO"
-Fuori programma di Mattarella che giunge a sorpresa a Brandizzo e depone corona di fiori davanti la stazione dove nella notte sono morti 5 operai travolti da un treno mentre lavorano sui binari pic.twitter.com/lPDD3F3iOg
— Local Team (@localteamit) August 31, 2023
1-RFI E IL NULLA OSTA ALL’INIZIO LAVORI
Estratto dell'articolo di Massimiliano Nerozzi per il "Corriere della Sera"
È stata una tragedia, non una fatalità, l’incidente avvenuto un centinaio di metri prima della stazione di Brandizzo, costato la vita a cinque operai. Sull’inchiesta della Procura di Ivrea — al momento contro ignoti — s’allunga infatti il (robusto) sospetto di un errore umano, di comunicazione, come fa capire già di buon mattino la considerazione di un investigatore: «Evidentemente, in quel momento, non c’era un’interruzione della linea che avrebbe dovuto esserci; o, al contrario, la squadra non avrebbe dovuto mettersi al lavoro». Come fossimo di fronte a un drammatico, incredibile e letale malinteso.
La risposta potrà arrivare soprattutto dall’esame della documentazione già sequestrata — tra Rfi e la ditta dell’appalto — oltre al contenuto delle prime testimonianze, tra cui quelle dei due macchinisti: ai quali, con il presente quadro indiziario, non paiono potersi muovere contestazioni. Nell’attesa, l’ufficio diretto dal procuratore capo Gabriella Viglione, rientrata dalle ferie, ipotizza il disastro ferroviario e l’omicidio plurimo colposi. [...]
L’impressione è che uno dei punti chiave dell’indagine sia la comunicazione tra la sala circolazione di Rfi e il funzionario della stessa che fa da «scorta ditta», ovvero affianca — obbligatoriamente — le squadre di operai esterni durante i lavori sui binari. Ed è lui, una volta ricevuta la decisione dal dirigente di movimento, a consegnare un modulo scritto — una sorta di «nulla osta» — al responsabile di cantiere e dell’impresa. Detto brutalmente: potete iniziare, perché la circolazione è stata interrotta; o non potete farlo, perché i treni stanno viaggiando.
Il caso specifico rende però questo contesto crudele e kafkiano, visto che lo stesso «scorta ditta» di Rfi è presente sui binari: rischiando in prima persona, in caso di comunicazione clamorosamente errata.
Va da sé, a un giorno dal disastro, gli stessi investigatori non possono che ragionare per ipotesi: e dai primi accertamenti effettuati dalla Polfer, sembra che il transito della motrice e degli 11 vagoni passeggeri vuoti — si trattava di un trasporto logistico — fosse previsto e autorizzato. Per dirla in altro modo: non risulta che il dirigente di movimento avesse comunicato l’interruzione della linea, sulla tratta interessata dai lavori. Che erano poi di manutenzione ordinaria: ovvero, la sostituzione di sette-otto metri di rotaie.
E anche questo particolare potrebbe fornire elementi all’inchiesta, su modalità e tempi dell’intervento: se il cantiere fosse stato avviato da tanto, il treno sarebbe deragliato. E correndo ai cento chilometri all’ora — in un tratto dove pure avrebbe potuto viaggiare fino ai 160 — il convoglio avrebbe anche potuto finire sulle vicine case, modello Viareggio (ma senza bombole infiammabili). [...]
2-IL SOPRAVVISSUTO: AUTORIZZATI A LAVORARE I MACCHINISTI: "IL SEMAFORO ERA VERDE
Estratto dell'articolo di Giuseppe Legato per "La Stampa"
[...] È chiaro che i macchinisti non sapessero nulla della presenza di queste persone sui binari: «Viaggiavano a velocità consentita e con semaforo verde». Da qui il racconto di uno dei due (si chiamano Michele Pugliese e Francesco Gioffrè): «Ce li siamo trovati davanti all'improvviso». Secondo: questo non vuol dire che il lavoro di manutenzione delle rotaie non fosse programmato perché ciò è impensabile.
Certo, sul posto c'era un dipendente di Rfi (tecnicamente definito "scorta ditta") che gestisce un coordinamento di informazioni e compila una copiosa modulistica. È l'uomo del monte: se gli operai, incautamente, avevano iniziato a lavorare qualche minuto prima lui avrebbe dovuto fermarli. E la domanda, ancora senza risposta, è se abbia ricevuto (da altri) un'informazione non corretta (o l'abbia male interpretata) sulla non avvenuta interruzione di linea.
Certo è che «quando passa un treno o quando non passa lo può garantire solo il padrone di casa» fanno capire a Palazzo di giustizia. E in questo ragionamento c'è il cuore degli accertamenti in corso. Si aggiunga il racconto riportato da alcuni colleghi di lavoro a loro (pare) offerto dall'unico sopravvissuto della ditta Sigifer secondo il quale l'accesso al cantiere sarebbe stato autorizzato. Rfi si difende, legittimamente, a spada tratta: «Quei lavori – specifica in una nota l'azienda - sarebbero dovuti iniziare soltanto dopo il passaggio di quel treno».
C'è di più: nel binario accanto a quello della tragedia era in corso un altro cantiere di Rfi con circolazione regolarmente interrotta, condizione non avvenuta sulle rotaie nelle quali lavoravano i poveri operai. Il sistema di sicurezza ha funzionato a intermittenza? E che questa immane tragedia potesse – se possibile – assumere dimensioni ancora più ampie lo racconta il contratto di lavoro tra Rfi e Sigifer che quella notte prevedeva la sostituzione di uno spezzone di rotaia di 7-8 metri.
Traduzione: se il convoglio di vagoni vuoti fosse transitato a un'ora più tarda non solo avrebbe ucciso gli operai ma sarebbe diventato un proiettile potenzialmente devastante attentando cosi alla vita dei macchinisti e – non si può escludere a priori – a quella degli abitanti delle case vicine: centinaia di alloggi distribuiti su più palazzoni.
Ancora un giallo sugli orari di transito si annoda tra le righe delle possibili ricostruzioni. La procura sta verificando la versione secondo la quale il treno sarebbe passato in ritardo di 10-20 minuti rispetto all'orario atteso.
Il che potrebbe impattare sulla ricostruzione dei fatti non fosse altro perché, magari impropriamente, a quell'ora si era dato per "transitato" come ultimo mezzo prima dell'interruzione della linea per i lavori. [...]