O LA RESA O UNA MORTE TREMENDA, DI FAME - PUTIN HA ORDINATO CHE “NON ENTRI E NON ESCA NEMMENO UNA MOSCA” DA MARIUPOL, FACENDO VIVERE COSÌ 170 MILA PERSONE DI STENTI: NON POSSONO ANDARSENE, E PER LORO NON ARRIVANO CIBO NÉ MEDICINE DALL’UCRAINA. PRATICHE CHE I VERTICI DEL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU DESCRIVONO COME “TATTICHE MEDIEVALI DI ASSEDIO” - ZELESNKY ACCUSA I RUSSI DI FARE DI TUTTO “PER ROVINARE IL POTENZIALE AGRICOLO” DELL'UCRAINA PER “PROVOCARE UNA CRISI ALIMENTARE NEL PAESE E NEL MONDO”
-Francesca Mannocchi per “La Stampa”
«Dobbiamo preservare la vita e la salute dei nostri soldati e dei nostri ufficiali. Non c'è bisogno di addentrarci in quelle catacombe e strisciare sottoterra. Ma bloccare la zona industriale in modo che nemmeno una mosca possa entrare o uscire da lì», queste le parole con cui il 21 aprile il presidente russo Putin, ha comunicato al suo ministro della difesa Sergej Shoigu, il cambio di strategia sulla battaglia finale alle acciaierie Azovstal di Mariupol, dove secondo la vicepremier ucraina Iryna Vereshcuk ci sarebbero ancora mille civili e circa 500 soldati feriti. Congelato l'assalto finale, dicono le parole di Putin a Shoigu, chi è dentro ci resti fino alla fine.
O la resa o la morte. «Che non entri e non esca nemmeno una mosca» non è solo la nuova pagina della battaglia di Mariupol, nell'Azovstal, è anche la sintesi della modalità con cui il Presidente russo da due mesi sta fiaccando la popolazione civile in Ucraina: la strategia dell'assedio, la guerra che affama.
Lo grida Zelesnky dalle prime settimane del conflitto, accusando i russi di fare di tutto «per rovinare il potenziale agricolo» dell'Ucraina per «provocare una crisi alimentare nel paese e nel mondo».
Gli ha fatto eco il mese scorso il segretario di Stato statunitense Antony Blinken «è vergognoso - ha detto - il mondo continua a dire a Putin di far entrare cibo e medicine, lasciare evacuare i civili mentre lui fa morire di fame le città accerchiate e assediate».
Osservando a ritroso le otto settimane di guerra gli elementi per ritenere che assedi e fame siano tasselli di una precisa strategia ci sono tutti: le truppe russe hanno devastato terreni agricoli, distrutto attrezzature, minato i terreni fertili dove dovrebbero crescere i raccolti, danneggiato le rotte di rifornimento e bloccato i porti, hanno tagliato l'elettricità e distrutto le centrali elettriche.
Poi interrotto le forniture di acqua e di gas. I colpi di artiglieria russi hanno distrutto magazzini di cibo, depositi alimentari. A Chernihiv, il 16 marzo, è stata colpita una coda di persone che aspettavano la distribuzione del pane davanti a una bottega di generi alimentari. Sono morti dieci civili.
E ancora, nelle aeree assediate, i russi hanno ostacolato i corridoi umanitari in uscita, per evacuare i civili, e quelli in entrata per sfamarli e curarli. È per questo che 170 mila persone a Mariupol vivono di stenti: non escono, e per loro non entra cibo né medicine dall’Ucraina.
Pratiche che i vertici del Wfp descrivono come «tattiche medievali di assedio». Affamare i civili è un'arma antica come la guerra. Era così nelle guerre medievali, è così in guerre recenti. Basti pensare all'assedio della Ghouta, in Siria. Ai bambini scheletrici dello Yemen.
A quelli del Tigray.
È stata un'arma anche nella storia recente tra la Russia e l'Ucraina, quando all'inizio degli anni Trenta l'holodomor (letteralmente «infliggere la morte con la fame»), uccise quasi quattro milioni di persone. Fu la carestia intenzionale che provocò il regime sovietico di Stalin imponendo la collettivizzazione del 70% dei terreni agricoli ucraini, applicando politiche di requisizione del grano per sedare i movimenti autonomisti ucraini e annientare le aspirazioni nazionali.
Quando i contadini provarono a opporsi, a nascondere le derrate alimentari, a proteggere il bestiame e la terra, furono puniti con politiche di requisizione di terre e beni e fu loro vietato di fuggire dalla regione. Non entrava e non usciva una mosca.
Così tra il 1932 e il 1933 morirono milioni di persone (sui numeri non c'è certezza, alcuni studiosi ritengono 4 milioni, alcuni 7). Il 23 marzo scorso, il commissario all'Agricoltura dell'Unione Europea, Janusz Wojciechowski ha detto «Pensiamo che i russi vogliano creare la fame e utilizzare questo metodo come metodo di aggressione, come quello utilizzato negli anni Trenta dal regime sovietico contro il popolo ucraino».
L'Holodomor, appunto. La tragedia che ha segnato la memoria ucraina e che fa leggere gli eventi di queste settimane di guerra sotto un'altra luce. Il timore è che calcolati male gli esiti della sua «operazione militare speciale» e bloccata l'invasione russa dell'Ucraina sul campo di battaglia, Putin abbia rispolverato dal passato e dall'intervento recente nella guerra di Siria la spietata arma della fame.
Fallita la guerra lampo ora il Cremlino sembra giocare a lungo termine devastando l'economia ucraina che si basa sulle esportazioni agricole: 27 miliardi di dollari all'anno, il 10% del Pil, il 41% delle esportazioni complessive e minacciando il mondo che dipende dalle esportazioni di grano del Paese, dalla sua fertile terra nera, granaio d'Europa.
L'articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale recita: «si intende per "crimini di guerra": affamare intenzionalmente i civili, come metodo di guerra, privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, ed in particolare impedire volontariamente l'arrivo dei soccorsi previsti dalle Convenzioni di Ginevra».
Bloccare il cibo, assediare i civili, è un'arma di aggressione distruttiva al pari delle bombe. Per Putin è uno strumento di pressione esterno e interno. È un messaggio per la comunità internazionale che deve far fronte all'aumento dei prezzo di beni di prima necessità e alla crisi per le razioni di cibo nei Paesi in via di sviluppo.
È la ritorsione contro l'Ucraina che non si è piegata. Bloccare l'agricoltura significa danneggiare pesantemente l'economia del Paese sul breve e lungo periodo. Provocare la fame significa uccidere chi viene lasciato morire stenti ma anche fiaccare chi sopravvive.
Significa umiliare gli esseri umani per piegarne la resistenza, avvilire la capacità di ribellione e infine dominarli. Significa dire, a quegli esseri umani: valete meno di noi. Così tanto meno da poter morire di stenti. O accerchiati dalle nostre truppe o costretti sottoterra, nei rifugi, braccati come nell'Azovstal. Da cui non entra e non esce una mosca.