RICORDATE IL VIGILE DI SANREMO RIPRESO NEL 2015 MENTRE TRIMBRAVA IL CARTELLINO IN MUTANDE? ALBERTO MURAGLIA ERA STATO ARRESTATO E LICENZIATO. ASSOLTO NEL 2020 DALL’ACCUSA DI TRUFFA AI DANNI DELLO STATO, ORA, IN APPELLO, È STATO REINTEGRATO AL LAVORO. E DOVRÀ RICEVERE 250MILA EURO DI STIPENDI ARRETRATI – “ALTRO CHE FURBETTO DEL CARTELLINO, STAVO ENTRANDO IN SERVIZIO. IL MIO ALLOGGIO DISTAVA 15 METRI DALL’UFFICIO” – “86 GIORNI AGLI ARRESTI DOMICILIARI, DA INNOCENTE, E OTTO ANNI A DIFENDERMI IN TRIBUNALE NON LI AUGURO NEANCHE AL PEGGIORE NEMICO”
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Estratto dell’articolo di Alessio Ribaudo per il “Corriere della Sera”
«Mi creda 86 giorni agli arresti domiciliari, da innocente, e otto anni a difendermi nelle aule dei tribunali non li auguro neanche al peggiore dei miei nemici». Alberto Muraglia era diventato nel 2015, suo malgrado, «il vigile in mutande» ma ora può urlare tutta la sua onestà al Corriere: «È finito un incubo e, finalmente, tornerò a indossare la mia amata divisa perché ho dimostrato che sono stato un impiegato modello, altro che furbetto del cartellino».
Tutta colpa di un suo fermo immagine — in slip e maglietta davanti alla macchina timbratrice del Comune di Sanremo — diventato virale dopo il blitz «Stachanov» della Guardia di Finanza che portò a 43 misure cautelari e 196 dipendenti indagati.
Per il 61enne le accuse erano infamanti: truffa ai danni dello Stato e indebita timbratura del cartellino.
A gennaio 2016 fu uno dei 32 licenziati dall’ente pubblico ligure. «È stato scioccante, ho smesso di guardare la tv perché vedevo la mia foto in slip a reti unificate — ricorda Muraglia — e nel giro di poco la mia vita è cambiata: mi sono trovato senza lavoro e casa perché vivevo in un alloggio del Municipio in quanto distaccato al mercato annonario».
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Intanto la Giustizia, con i suoi tempi, faceva il suo corso. «Maledetto sia quel frame — impreca — fui accusato di esser tornato a letto dopo aver timbrato. Io invece stavo entrando in servizio. Il mio alloggio distava 15 metri dall’ufficio e, alle 5 di domenica, andavo in borghese a controllare se c’erano auto da rimuovere per via del mercato. Se sì, chiamavo il carro-attrezzi e risalivo per indossare la divisa. Per non perdere tempo, quella volta ho timbrato in intimo. L’ho dimostrato esibendo i verbali e dei colleghi hanno testimoniato in mio favore».
Il suo avvocato, Luigi Zoboli, spiega: «Penalmente è stato assolto sino pure in appello nel 2022; il licenziamento è stato impugnato ma, in primo grado, la tesi difensiva non è stata accolta mentre la sezione Lavoro della Corte d’Appello di Genova ora l’ha reintegrato con la restituzione degli stipendi arretrati da cui detrarre quanto ha guadagnato con il laboratorio». Cent più, cent meno, una stima parla di 250mila euro. «Altro che furbetto — conclude — a processo ho dimostrato che non mi erano state conteggiate 120 ore di straordinario» […]