RIFUGIARSI NELLA DISTRUZIONE - IL RUANDESE CHE HA DATO FUOCO ALLA CATTEDRALE DI NANTES CONFESSA, PER MODO DI DIRE, VISTO CHE ERA STATO BECCATO DALLE TELECAMERE E SUBITO ARRESTATO - EMMANUEL A., 39 ANNI, DA 8 IN FRANCIA, AVEVA MESSO TRE INNESCHI NELLA CHIESA DOVE FACEVA IL VOLONTARIO. IL TUTTO PERCHÉ NON AVEVA OTTENUTO IL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO. ORA RISCHIA FINO A…

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Tullio Giannotti per l'ANSA

 

nantes

Emmanuel non ce la faceva più. Da mesi chiedeva invano il rinnovo del permesso di soggiorno, ormai avrebbe dovuto lasciare la Francia e tornare in Rwanda. "Era impaurito, era qualcosa più grande di lui, adesso si sente sollevato": l'avvocato dell'uomo che ha confessato di aver appiccato il fuoco alla cattedrale di Nantes provocando gravissimi danni lo scorso 18 luglio non vuole parlare della condizione di clandestino del suo cliente. "Meglio non alimentare l'estrema destra", taglia corto.

 

Ad incastrare Emmanuel A. , 39 anni, da 8 in Francia, volontario della diocesi che godeva della piena fiducia del rettore della cattedrale, sono state le immagini della videosorveglianza. Lo si vede, al contrario di quanto riferito ai magistrati, uscire dalla cattedrale non la sera prima dopo averla chiusa - questo era l'incarico che gli era stato affidato - ma la mattina dopo, addirittura 10 minuti dopo la prima telefonata ai pompieri da parte di una persona che aveva visto le fiamme nella cattedrale.

 

Tre inneschi erano stati scoperti fin da subito. Era da quei tre punti, molto distanti fra loro, uno proprio accanto al contatore dell'elettricità, che si erano sviluppate le fiamme che avevano distrutto il prezioso "grande organo" del XVII secolo. Subito la pista dell'incendio doloso era stata quella privilegiata dagli inquirenti, che avevano interrogato Emmanuel in stato di fermo. Lui aveva negato in modo netto ma il procuratore di Nantes, Pierre Sennès, aveva lasciato trapelare la convinzione degli inquirenti che il ruandese fosse coinvolto direttamente nel disastro.

 

cattedrale nantes

A convincerli della causa scatenante è stata una email che Emmanuel aveva inviato a tutta la diocesi la mattina prima dell'incendio, venerdì 17. Il volontario, apprezzato e benvoluto da tutta la parrocchia, esprimeva nel messaggio la sua esasperazione per il rifiuto della prefettura di rinnovare il suo visto di soggiorno. Era ormai stato raggiunto dal temuto OQTF, l''"obbligo di lasciare il territorio francese", il più temuto dei provvedimenti da parte dei sans papiers. La sera di domenica 19, Emmanuel tornò libero nell'alloggio sociale in cui abitava, la polizia non aveva in mano elementi sufficienti per trattenerlo.

 

Le analisi degli esperti sono proseguite sui tre inneschi dell'incendio sono andate avanti tutta la settimana, giovedì i primi risultati sono arrivati dalla scientifica: nessun corto circuito, tracce di liquido infiammabile ritrovate sul posto, nessuna traccia di effrazione dall'esterno. L'incendio accidentale veniva escluso, Emmanuel tornava il sospetto numero uno. Appena convocato dal giudice per il nuovo stato di fermo, sabato sera, non ha resistito ed ha confessato tutto.

 

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Le immagini giunte in possesso degli inquirenti, in cui lo si vede uscire 10 minuti dopo la chiamata ai pompieri, non lasciavano più spazio a dubbi. In altri spezzoni dei filmati della videosorveglianza lo si vede, in stato evidentemente alterato, fare avanti e indietro dalla cattedrale alla sua abitazione, probabilmente lacerato dai dubbi e dal desiderio di attirare l'attenzione sul suo caso. Subito arrestato, ora rischia 10 anni di carcere.