ROMA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – CARLA VISTARINI: “HO FATTO UNA PASSEGGIATA QUI INTORNO. POCHISSIMA GENTE IN GIRO, E TUTTI CHE, NELL’INCROCIARSI, SGUSCIANO VIA COME SE SI SENTISSERO COLPEVOLI DI QUALCOSA – QUESTA SITUAZIONE SURREALE CI STA SVELANDO COSE CHE NOI MAI AVREMMO POTUTO IMMAGINARE. VEDO UN SOLERTE AUSILIARIO DEL TRAFFICO CHE FACEVA LE MULTE, MI AVVICINO E GLI CHIEDO: “MA IN QUESTO DESERTO NON SAREBBE MEGLIO SOPRASSEDERE?” E LUI, ABBASTANZA FURIOSO, RISPONDE…
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Lettera di Carla Vistarini a Dagospia
Caro Dago,
stamattina ho fatto una passeggiata (finché si può...) qui intorno dalle mie parti. Ho provato ad affacciarmi a quattro farmacie per vedere (mi veniva da ridere ma ci ho provato) se avevano delle mascherine, e si sono messi a ridere loro, i farmacisti. Zero mascherine. Bene, avevo portato una sciarpa e me la sono messa davanti a bocca e naso, un po' alla John Wayne nei film di cowboy.
Piccolo escamotage, a qualcosa servirà. Pochissima gente in giro, e tutti che, nell'incrociarsi, sgusciano via come se si sentissero colpevoli di qualcosa. E' giusto sgusciare via, per paura del contagio, ma, se stiamo a due metri di distanza, almeno uno sguardo, non dico un sorriso, ma uno sguardo normale sarebbe bello scambiarselo. Niente, tutti a testa bassa. Poi ho visto qualcuno, quattro o cinque persone non di più, in fila fuori del piccolo supermarket del quartiere. Le porte erano chiuse e facevano entrare una persona solo quando un'altra usciva. Ho gettato un'occhiata all'interno: era vuoto, o quasi. E allora perché alimentare il panico imponendo una fila inutile a quattro gatti? Poco più in là altri quattro gatti fuori della banca e dentro il vuoto cosmico. Non si capisce proprio il senso di certe scelte.
Proseguo la mia camminata nel deserto dei tartari e, poco più, in là vedo un solerte ausiliario del traffico, ben protetto da una mascherina, che faceva le multe alle macchine parcheggiate. Ora io mi domando: non c'è un'anima in giro, non c'è traffico, le auto sono parcheggiate bene, non disturbano nessuno, forse non avranno rinnovato il ticket, magari l'hanno dimenticato, chiusi in casa come tutti. Perché accanirsi? Allora mi avvicino al tizio e gli chiedo "Ma in questo deserto e questa situazione non sarebbe meglio soprassedere?".
E lui, abbastanza furioso: "M'hanno fatto uscì de casa, e io jè faccio le multe". Capito? Il fatto è che questa situazione surreale, questo virus, ci sta svelando cose di noi stessi, che noi nati e vissuti senza aver mai visto (per fortuna) guerre, né carestie, né altri drammi collettivi del genere, mai avremmo potuto immaginare, se non nei libri di fantascienza o di psicanalisi. E spaventa un po' rendersi conto che immediatamente quasi tutti perdono di vista quelle regole interiori basate su logica, umanità e buon senso, che ci hanno consentito fino a oggi, molto più delle semplici leggi, di vivere in una parvenza di civiltà e democrazia.
Sono cose piccole, per fortuna, ancora, e spero restino tali senza degenerare in atmosfere da day after, ma sono campanelli d'allarme. Pian pianino me ne sono tornata verso casa, con la mia sciarpa alla John Wayne, che ho abbassato dal viso per sorridere a quei pochi che incontravo e dal cui sguardo smarrito di risposta ho capito che pensavano "aiuto, i marziani". Un paio però hanno risposto al sorriso. Meno male. Noi, marziani a Roma.