LA ’NDRANGHETA TREMA PER LE POSSIBILI RIVELAZIONI DEL RE ITALIANO DEI NARCOS – VITTORIO RASO, 43 ANNI, TORINESE, L’UOMO CHE CUSTODISCE I SEGRETI DELLE COSCHE E DEL TRAFFICO DI STUPEFACENTI IN EUROPA, HA FATTO SAPERE AI MAGISTRATI ANTIMAFIA DI TORINO CHE VUOLE COLLABORARE. E DI COSE DA DIRE, SE IL PENTIMENTO È AUTENTICO E CREDIBILE, NE HA PARECCHIE...
-Giuseppe Legato per “La Stampa”
Di cose da dire, se davvero questo principio di collaborazione sarà credibile, ne ha eccome. I segreti del narcotraffico internazionale, le rotte della droga nei porti di mezza Europa, i grandi contractor di stupefacenti, i cartelli che si consorziano per comprare maxi-carichi, le famiglie di élite della ‘ndrangheta che governano – in regime di quasi monopolio – il mercato più florido e redditizio del mondo.
Da alcuni giorni Vittorio Raso, 43 anni, torinese, considerato il re dei narcos tra più influenti in Italia e in Europa, ha manifestato ai magistrati antimafia di Torino la sua volontà di collaborare. Se si tratti di un pentimento autentico, di una collaborazione solida, lo vaglieranno i pm e ci vorrà tempo. Ma l’intenzione di cambiare vita e riferire fatti rilevanti è chiara.
La notizia è trapelata nelle ultime ore, quando cioè, martedì, in udienza, è stato comunicato dai giudici che il suo legale storico, di fiducia da almeno vent’anni, Enrico Calabrese, ha dismesso il mandato difensivo. Raso, che era recluso nel carcere di Voghera, è stato trasferito in fretta e furia in un altro penitenziario. Un legale diverso lo assiste.
Dalla procura di Torino non filtra uno spillo su questa storia che fa tremare le cosche e apre scenari impensabili, fino a ieri, nella lotta alla malavita calabrese. Perché Raso, in ipotesi d’accusa, è anche un affiliato di rango alla ‘ndrangheta, contestazione che ha sempre respinto con forza, ma che continua a comparire nei provvedimenti a suo carico.
«È il vangelo dei Crea» dicono in un’intercettazione. Cioè di due fratelli (Adolfo e Aldo Cosimo) che per 10 anni hanno governato le traiettorie criminali delle cosche in città prima di essere ridimensionati con le inchieste Minotauro e Big Bang. Ma vecchi atti che lo riguardano lo collocano vicino anche alle cosche di Volpiano e di Gioiosa Ionica, famiglie di élìte, giovani figli di boss coi quali tentò un’estorsione alla discoteca Life di corso Massimo D’Azeglio nel 2007, ma finì in manette e pagò con una condanna.
Nel tempo si era progressivamente strutturato diventando un riferimento assoluto nelle rotte della droga verso l’Italia. La Squadra Mobile gli è stata alle calcagna per anni, conducendo indagini articolate che hanno portato al processo “Pugno di Ferro” dal nome di una delle ditte intestate a prestanomi dei boss.
La prima maxi condanna – 17 anni e 8 mesi di carcere - diventa definitiva nel 2021, ma lui non si trova. Latitante in Spagna, si era dato alla bella vita. Ristoranti di lusso, orologi di pregio, ristoranti francesi. A novembre del 2020 viene arrestato dalla polizia iberica su input degli investigatori torinesi. Ma in attesa di verifica del Mae (mandato di arresto europeo) spiccato nei suoi confronti, i giudici spagnoli combinano - pare - una frittata: lo mettono ai domiciliari. Addio.
Quando arriva la conferma sul provvedimento Raso è già scomparso di nuovo, un fantasma ricercato in mezza Europa. Nel lasso di tempo che lo porterà di nuovo in manette (il 22 giugno scorso) non avrebbe interrotto il lavoro in cui è unanimamente riconosciuto: il broker. Ci vogliono altri 19 mesi per riprenderlo.
Viene fermato sull’Avenida dels Banys, località a cinquanta metri dalla spiaggia di Castelldefels, comune in provincia del capoluogo catalano dimora di vip e di numerosi giocatori del Barcellona calcio. Pare vivesse da quelle parti. A luglio la procura chiude una grossa inchiesta della polizia: gli arrestano fiancheggiatori e fedelissimi. L’11 agosto atterra all’aeroporto di Caselle. La Mobile lo aspetta ai piedi della scaletta, ma lui in quel momento ha già deciso.