C’È SESSISMO ANCHE NEL GIUDICARE UN MAESTRO? - CONDANNATO IN TRIBUNALE, ASSOLTO CON LE SCUSE IN APPELLO, BOCCIATO IN CASSAZIONE E ORA RICONDANNATO ORA NELL’APPELLO-BIS, SULLA BASE SEMPRE DEGLI STESSI VIDEO: È L’ASSURDA VICENDA GIUDIZIARIA DI UN INSEGNANTE DI UNA SCUOLA MATERNA A MILANO - ACCUSATO DI AVER MALTRATTATO DEI BAMBINI, ERA STATO ASSOLTO PERCHÉ I SUOI COMPORTAMENTI ERANO “MOLTO MASCHILI E FRUTTO DELLA STANCHEZZA DEL LAVORARE IN UNA CLASSE CON BIMBI DI 5 ETNIE”: LA SENTENZA ERA STATA GIUDICATA SESSISTA...
-Luigi Ferrarella per www.corriere.it
Condannato in Tribunale, assolto con le scuse in Appello, bocciato in Cassazione, ricondannato ora nell’Appello-bis. Sulla base sempre degli stessi video.
È il maestro di scuola materna che, dopo essere stato condannato in Tribunale a due anni e otto mesi per maltrattamenti dei piccoli, non solo era poi stato assolto dalla Corte d’Appello, ma aveva persino assistito all’imprevedibile scena del pg d’accusa Cuno Tarfusser che in aula scandiva ad alta voce di «voler chiedere scusa a nome del sistema a un maestro al quale affiderei i miei figli», vittima di una «lettura smaccatamente colpevolista» dei video, che si sarebbe «fidata delle didascalie presenti sotto i filmati estrapolati dai carabinieri», e nutrita di una «iniziativa arbitraria» dei militari «per “sbattere il mostro in prima pagina”».
Solo che la Cassazione ha annullato questa assoluzione, tacciando la Corte d’Appello milanese di aver scritto una sentenza «sessista» e «contraria alle più basilari regole del comportamento civile» di un insegnante; e nel nuovo processo di secondo grado l’imputato è stato ora ricondannato per maltrattamenti, stavolta a 1 anno e 8 mesi.
L’aspetto singolare è che i video del maestro difeso dall’avvocato Zaira Cicoria, sui quali da anni si dividono i vari giudici, sono sempre gli stessi. Eppure per il pm dell’indagine Cristian Barilli, per il gip Maria Vicidomini che lo aveva arrestato nel 2018, e per la giudice Anna Calabi che in primo grado in abbreviato lo aveva condannato, quei video dimostravano i maltrattamenti su bimbi di tre anni; mentre per i tre giudici del collegio d’Appello che nel 2020 lo avevano assolto dopo 16 mesi di arresti domiciliari (Francesca Vitale, Maria Laura Fadda, Stefania Pigozzi), erano immagini nelle quali «non vi è traccia di colpi con le ciabatte, tantomeno di teste sbattute, schiaffi o colpi in testa», al punto che «ci si chiede da dove la sentenza di primo grado» di condanna avesse «tratto l’esistenza di atti vessatori».
Ricostruzione dei fatti che la VI sezione della Cassazione (presidente Renato Bricchetti, relatrice Stefania Riccio) crivella di critiche, additandola «priva di consequenzialità, intrisa di manifeste aporie logiche e di contraddizioni» tendenza a «sminuire la portata offensiva dei singoli gesti, parcellizzate i dati probatori, enfatizzare in maniera incongruente al contrario il racconto dei testi a discarico», oltre che giuridicamente errata nel «proporre una nozione di abitualità che non trova riscontro nella ermeneusi della fattispecie incriminatrice».
Ma soprattutto la Cassazione appare scandalizzata dal fatto che la Corte d’Appello avesse sposato la prospettazione difensiva per la quale «i filmati restituivano un comportamento brusco, molto maschile, frutto della necessità di una comunicazione fisica in luogo di quella verbale, da alcuni neppure comprensibile per via di problematiche varie, frutto di stanchezza e di tensione legata alla tenuta di una classe con almeno cinque etnie e con bambini di età compresa tra i due e i cinque anni».
Ma questa, per la Cassazione, oltre a essere «una smaccata prospettiva giustificazionista in chiave sessista, quasi che un simile stile educativo possa ritenersi antropologicamente “proprio” del genere maschile e in quanto tale tollerabile», è una affermazione «contraria alle più basilari regole del comportamento civile che un insegnante, in particolare, è tenuto più di ogni altro ad osservare.
Non esiste mai necessità "di una comunicazione fisica” (che nel caso si concretizzava in un intervento manesco violento) in luogo di quella verbale”, tanto più nell’accudimento di bambini piccoli, né comportamenti violenti possono essere giustificati da stanchezza e tensione legata alla tenuta di una classe con etnie varie».
Impostato su questi binari, il processo d’Appello-bis, davanti alla II sezione presieduta da Rosa Polizzi, ha avuto ora un capolinea giudiziario non sorprendente: condanna, soltanto con pena ridotta (un anno e otto mesi) rispetto a quella di primo grado (due anni e otto mesi), sospensione condizionale e revoca delle provvisionali alle parti civili.