Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera" - Estratti
attentato alla crocus city hall di mosca
La linea univoca dei vertici russi che fin dall’inizio hanno sempre parlato di una non dimostrata responsabilità ucraina per l’attacco al Crocus ha avuto l’effetto di spingere migliaia di russi ad arruolarsi «per vendicare i morti innocenti». Sedicimila volontari in più dal 22 marzo a oggi, secondo il ministero della Difesa.
Questo nonostante le smentite di Kiev e il fatto che da Washington era arrivato un preallarme sulla possibilità di un attentato. Non generica, come è stato detto finora e come hanno riconosciuto i capi dei servizi segreti interni (Fsb) ed esteri (Svr) della Russia. Ma molto specifica, almeno secondo una fonte che ha parlato con il Washington Post . Il 6 marzo, il giorno prima che l’ambasciata Usa a Mosca emettesse un avviso a non frequentare luoghi affollati, all’Fsb sarebbe arrivata l’indicazione che sotto tiro era proprio il teatro Crocus.
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Gli americani sono convinti che la controparte moscovita prese sul serio l’avvertimento, nonostante i pessimi rapporti tra i due Paesi. La Cia avrebbe segnalato anche il pericolo di una azione contro una sinagoga. Ed effettivamente, il giorno dopo l’Fsb annunciò di aver sventato un simile assalto arrestando uomini della fazione afghana dell’Isis, proprio quell’Isis-K che quindici giorni dopo si rese responsabile del terribile massacro al Crocus (144 morti, tra i quali sei bambini di cui uno deceduto ieri in ospedale). Questo farebbe pensare che la comunicazione americana venne presa seriamente. Tanto che in quei giorni il personale del Teatro alle porte di Mosca fu istruito su come reagire di fronte a un’emergenza terroristica.
Questo è stato raccontato da Islam Khalilov, la quindicenne maschera del teatro che quel venerdì guidò risoluto decine di persone verso l’uscita, salvando loro la vita.
L’informazione americana, però, parlava di un pericolo per le successive 24/48 ore. È quindi possibile che passati poi tanti giorni, i vertici dell’Fsb abbiano deciso che la notizia, almeno per la parte che riguardava il Crocus, non era attendibile. E hanno abbassato la guardia.
Ieri, comunque, una fonte anonima di un ministero ha seccamente detto alle principali agenzie d’informazione che la versione del Washington Post «non corrisponde alla realtà». Certamente non corrisponde alla linea dettata subito dopo la strage da Putin e poi seguita e ampliata dai suoi: i killer, per quanto tagiki e islamici, non sono stati mossi da motivi religiosi o politici, ma solo dai soldi arrivati dall’Ucraina, anche con l’uso di criptovalute. E visto che Kiev dipende in tutto e per tutto dagli Usa, è chiaro che dietro a ogni cosa ci siano i servizi segreti americani.
Lo hanno sostenuto il capo dell’Svr Naryshkin, quello dell’Fsb Bortnikov, il segretario del Consiglio di sicurezza Patrushev: «Importante stabilire lo sponsor e il beneficiario di questo crimine mostruoso. E tutte le tracce portano all’Ucraina». Anche se Bortnikov ha pure detto che, a seguito della nota degli Usa, erano state prese «le adeguate misure di sicurezza».
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