LA SAI L’ULTIMA? FELICE MANIERO DENUNCIA IL CARCERE DI VOGHERA: “E’ PERICOLOSO PER IL COVID” - L'EX BOSS DELLA MALA DEL BRENTA HA INVIATO UN ESPOSTO IN PROCURA PER RIFERIRE CHE “IL DIRETTORE HA VIETATO A TUTTI GLI AGENTI DELLA POLIZIA PENITENZIARIA DI INDOSSARE LE MASCHERINE, MINACCIANDO DI METTERE SOTTO PROCEDIMENTO DISCIPLINARE CHI LE AVESSE UTILIZZATE”
-LF. per “il Giornale”
C'è voluto Felice Maniero, già boss della malavita della Riviera del Brenta, gangster pentito e poi riarrestato, per sollevare il velo su uno dei temi più oscurati dell'emergenza Covid nel nostro paese: la situazione sanitaria nelle carceri, che le versioni ufficiali del ministro della Giustizia assicuravano sotto controllo, e che invece in numerose realtà penitenziarie ha fatto registrare contagi a raffica sia tra i detenuti che tra il personale. Ieri Maniero punta il dito, insieme ad altri quatto detenuti di peso, contro la gestione dell'epidemia all'interno del supercarcere di Voghera, uno delle strutture di alta sicurezza più importanti del nord Italia.
In pieno lockdown, il ministero aveva smentito l'esistenza di un focolaio a Voghera, e l'intervista al Giornale di un ex detenuto che parlava di almeno un morto era stata trattata alla strega di una fake news. Invece ieri Maniero scrive una lettera al quotidiano Il Mattino di Padova, il giornale della zona in cui la sua banda ha per anni imperversato e seminato sangue. Il boss, che oggi ha 66 anni, fa sapere di avere inviato un esposto in Procura per riferire che «il direttore ha vietato a tutti gli agenti della polizia penitenziaria di indossare le mascherine, minacciando di mettere sotto procedimento disciplinare chi le avesse utilizzate».
Secondo Maniero e i suoi «colleghi», a Voghera furono violati i decreti ministeriali, consentendo a personale esterno di entrare in contatto fisico con i detenuti. E conferma che un condannato per ndrangheta, Antonio Ribecco, morì di Covid nell'ospedale dove era stato ricoverato quando ormai era troppo tardi, dopo che la direzione aveva ignorato i sintomi del detenuto. La lettera viene firmata da Maniero sia col proprio nome originario sia che con quello di Luca Mori, l'identità assegnatagli dopo il pentimento.