UNA SCELTA DI SALUTE PUBBLICA: TOGLIAMO IL MICROFONO AI VIROLOGI – DA OGGI IN POI DOVRÀ ESSERE LA STRUTTURA SANITARIA AD AUTORIZZARE I MEDICI A PARLARE DELL’EMERGENZA PANDEMICA – E I MEDICI, CHE TANTO HANNO GODUTO DELLA LORO TELE-VISIBILITA', ORA INSORGONO - BASSETTI: “QUESTO È FASCISMO” – PREGLIASCO: “ATTACCO INCOMPRENSIBILE” – GALLI: “QUESTO È UN BAVAGLIO” – ALMENO PER UNA VOLTA SONO TUTTI D’ACCORDO…
-Valentina Santarpia per "www.corriere.it"
Dovrà essere la struttura sanitaria ad autorizzare medici ed esperti a parlare dell’emergenza sanitaria in corso: lo prevede un ordine del giorno di Giorgio Trizzino (Gruppo misto) al dl green pass, accolto dal governo, e che sta già sollevando un polverone. I virologi non ci stanno: «Non si può mettere un bavaglio a medici e professori che parlano sui media di come evolve una malattia infettiva perché fino a prova contraria siamo in uno Stato democratico. Limitare la libertà di parlare sarebbe gravissimo, scandaloso, questo è fascismo.
Sarebbe una norma che rasenta la stupidità, il ridicolo», dice Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova. «L’attacco ai professionisti sanitari che parlano con i media è incomprensibile e inconcludente», aggiunge il virologo Fabrizio Pregliasco. «Un’uscita peregrina», interviene anche Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano, aggiungendo:«Fa specie che un professionista abbia da subire una censura preventiva nell’esprimere un’opinione o su una spiegazione tecnica sul Covid. Questo è un bavaglio».
«Io, se invitato, vado in televisione o in radio a parlare di quello che conosco e se devo chiedere l’autorizzazione alla mia struttura lo faccio», aggiunge Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. «Pensare di mettere dei vincoli alla voce della scienza o di limitarla è preistoria».
L’ordine del giorno
Ma andiamo per ordine. Innanzitutto un ordine del giorno non è una prescrizione di legge, ma è un’indicazione che, se accolta, come in questo caso, impegna il governo a lavorare in quella direzione, eventualmente prendendo dei provvedimenti.
Il governo dunque si è impegnato ad intervenire, per quanto di competenza, «affinché l’esercente la professione sanitaria dipendente di una struttura pubblica o privata, siano esse convenzionate o accreditate, nonché i dipendenti e i collaboratori, gli organismi ed enti di diretta collaborazione con il Ministero della salute possano fornire informazioni relative alle disposizioni concernenti la gestione dell’emergenza sanitaria in corso, tramite qualunque mezzo di comunicazione, previa esplicita autorizzazione della propria struttura sanitaria, da fornire all’inizio della partecipazione pubblica sia essa televisiva, radiofonica, per mezzo stampa, o con qualunque altro sistema di comunicazione al fine di evitare di diffondere notizie o informazioni lesive per il Sistema Sanitario Nazionale e di conseguenza per la salute dei cittadini».
Qual è la ratio? Trizzino, medico siciliano ed ex 5 Stelle, la spiega: «Questo strombazzamento mediatico costruito spesso per la ricerca della ribalta e della notorietà è responsabile di un numero imprecisato di vittime. Credo che non si sia posta la necessaria attenzione al fenomeno e che adesso si debba porre un freno a questa vergogna».
I limiti
Ma un conto è limitare la spettacolarizzazione degli aspetti scientifici, spesso «trattati come news, notizie di cronaca», come ammette lo stesso Pregliasco, altro è censurare i medici: «L’infodemia è stata parallela alla pandemia perché in uno Stato democratico le informazioni non sono controllabili in termini di censura», spiega Pregliasco, che propone, «più che l’autorizzazione delle aziende sanitarie di appartenenza, la necessità di una Carta che contenga modalità e principi per la divulgazione di notizie scientifiche». Anche perché non sempre l’azienda sanitaria per cui si lavora ha il polso della situazione: Galli ricorda che solo pochi mesi fa, dopo aver dichiarato che l’ospedale in cui lavora era pieno di pazienti con variante Beta (l’inglese) venne prontamente smentito dalla sua struttura ospedaliera.
«Che a sua volta - sottolinea - fu smentita dai fatti due o tre giorni dopo, perché le corsie erano piene di malati di Beta». Adesso, quindi, cosa succederà? Tutti zitti in tv? «Personalmente, dico che sono un professore universitario e per dire cosa penso in tv non devo chiedere l’autorizzazione a nessuno se parlo della mia materia -dice Bassetti - quella di Trizzino è una proposta liberticida. Magari invece si faccia una proposta di legge per i politici che vanno a parlare in televisione di Covid e medicina senza saperne niente, si stabilisca che dovrebbero studiare prima di parlare. Non ci limiteranno, continueremo a spiegare questa malattia».
Anche il direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ritiene «giusto che ci sia una pluralità di voci sui media», perché «i cittadini sanno orientarsi, e che si ascoltino con correttezza anche le persone che la pensano diversamente da noi. La scienza però deve essere autonoma e indipendente per poter fare bene il proprio lavoro e farci uscire dall’emergenza», precisa Vaia. La presenza dei virologi in tv, con le loro opinioni a volte contrastanti, era già stata al centro dell’attenzione qualche mese fa. Galli ha anche preso un periodo di pausa dalla tv per evitare la confusione causata dal «troppo apparire».