SCORPACCIATA DI RICCI - I PREZZI HANNO SUPERATO QUELLO DI OSTRICHE E ARAGOSTE E IL MERCATO È DIVENTATO CLANDESTINO - SEMPRE PIÙ RARO TROVARE LA SPECIALITÀ DA PORTARE IN TAVOLA: LA PESCA INTENSIVA HA CAUSATO IL DESERTO NEI FONDALI - NONOSTANTE LA SITUAZIONE, LE NORME MINISTERIALI SONO ANCORA PERMISSIVE E PREVEDONO LO STOP ALLA PESCA SOLO TRA MAGGIO E GIUGNO - LE CAMPAGNE PER IL RIPOPOLAMENTO
-Nicola Pinna per “la Stampa”
I pescivendoli del grande mercato di San Benedetto stroncano subito ogni speranza: «Ricci? Quest' anno sarà impossibile trovarli. Qualche pescatore in realtà ce li propone, persino in nero, ma non vogliamo rischiare le multe.
E poi i prezzi sono diventati troppo alti e noi preferiamo rinunciare». In pescheria ne fanno soprattutto una questione economica ma il business incontrollato dei ricci di mare ha creato in questi anni un enorme problema ambientale. Lo dicono gli studi: la specie rischia l' estinzione in poco tempo. Eppure, il richiamo dello spaghetto o dei crostini sembra davvero molto più forte.
Le richieste non mancano, i prezzi hanno superato quello di ostriche e aragoste e il mercato è diventato clandestino.
Pesca di frodo, vendita abusiva e nessuna registrazione degli esemplari finiti in rete. A Sant' Elia, storico borgo di pescatori, la polpa rossa si vende ogni giorno sotto banco, quasi come se fosse una scorta di droga. Bisogna trovare lo spacciatore giusto, ma è necessario attendere la giornata ideale, senza vento, perché il maestrale è il primo nemico di chi si deve tuffare e arrivare a parecchi metri di profondità.
La vendita avviene in un vecchio garage, saltando il passaggio dei centri di trasformazione. Sul prezzo non c' è margine di trattativa: «Una bottiglietta da mezzo litro di polpa - dice uno dei cinque ragazzi appena rientrati dalla battuta di pesca mattutina - la vendiamo a 80 euro. Lo scorso anno erano 70: il rincaro è stato minimo, se si considera che questo lavoro è diventato impossibile».
Le regole per la pesca sono più rigide, ma il problema più grave si nota solo andando in profondità. Il fondale, dicono gli studiosi, è diventato una tabula rasa. Nelle coste della Sardegna il problema sembra diventato molto grave, ma il rischio di estinzione degli echinodermi interessa Puglia, Campania e la parte del Lazio in cui si pratica la raccolta professionale.
Nonostante la situazione, le norme ministeriali sono ancora abbastanza permissive e prevedono lo stop alla pesca solo tra maggio e giugno, nei due mesi che coincidono con la riproduzione. Le Regioni hanno poi la possibilità di estendere il periodo di blocco ma non tutte hanno preso decisioni eco-compatibili.
In Sardegna negli ultimi 10 anni sono stati raccolti più di 25 milioni di esemplari e gli effetti del grande assalto sembrano più gravi che altrove. Per questo la Regione ha stabilito regole più severe, ma per ambientalisti e studiosi c' è bisogno di una moratoria di almeno 3 anni. Per ora è stata bandita la raccolta per i pescatori sportivi ma nel frattempo nell' isola si ripete la guerra tra i pescatori che possono andare in profondità solo in apnea e quelli che hanno il permesso di usare le bombole e di recuperare più velocemente un numero maggiore di esemplari.
Accusata di aver addirittura anticipato la data d' inizio della stagione, l' assessora regionale all' Agricoltura, Gabriella Murgia, punta a un piano di riequilibrio dei fondali: «Il nostro obiettivo è un piano di ripopolamento, c' è bisogno di una programmazione. Bloccare la pesca per pochi mesi non consentirebbe di risolvere il problema ambientale».
Nella costa tirrenica della Campania, non lontano da Benevento, l' ultimo sequestro è di pochi giorni fa: più di un quintale di ricci raccolti senza licenza e tre abusivi arrivati dalla Puglia sono stati denunciati dai carabinieri. Per un piatto di ricci c' è chi è disposto a spendere decine di euro e vista la carenza di materia prima si è sviluppato il mercato dell' importazione. Soprattutto da Spagna e Portogallo, dove non esiste limite alla raccolta. I controlli della Guardia costiera sono quotidiani e anche in Sicilia, nella zona di Augusta e a Favignana, i pescatori di frodo sono finiti nella rete della capitaneria.
La tentazione della tavola, comunque, sembra più forte dell' allarme lanciato dagli studiosi. Sanzioni e denunce non bastano e allora da qualche settimana è iniziata una campagna social. Appello rivolto ai ristoratori e ai loro clienti: un invito al consumo consapevole che ha convinto molti chef a far sparire l' oro spinoso del Mediterraneo dal loro menù.