LA SCUOLA RIAPRE O NO? ANCORA NON È DETTO: SE I CONTAGI CONTINUANO AD AUMENTARE È MOLTO PROBABILE CHE SI CONTINUERÀ CON LA DIDATTICA A DISTANZA, MA A DECIDERE SARÀ IL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO DEL 29 AGOSTO (FATE CON CALMA) – I PRESIDI CHE SONO STATI TUTTA L’ESTATE A MISURARE GLI SPAZI SONO INFURIATI CON LA AZZOLINA: NON CI SONO NORME CHIARE SU DISTANZE E MASCHERINE E RISCHIANO IL PROCESSO SE QUALCUNO SI AMMALA
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1 – SCUOLA, RIAPERTURA IN FORSE DIECI GIORNI PER DECIDERE L'IDEA DEI TAMPONI RAPIDI
Lorena Loiacono per “il Messaggero”
L'aumento dei contagi si deve necessariamente fermare, altrimenti è altissimo il rischio che la scuola non possa riaprire. Il 14 settembre, la data fissata dalla ministra all'istruzione Lucia Azzolina per l'inizio delle lezioni, resta valida ma deve fare i conti con quel che sta accadendo in Italia in queste ore e nei prossimi giorni quando arriveranno gli esiti dei test fatti nel dopo Ferragosto.
I viaggi all'estero e una movida senza precauzioni stanno mettendo a rischio anche le lezioni scolastiche in presenza. A decidere definitivamente sulla riapertura delle scuole sarà il Comitato tecnico scientifico nella riunione fissata per fine agosto, probabilmente il 29, quando si farà il punto sulla situazione dei contagi regione per regione.
L'idea, per ora, è quella di analizzare i rischi territoriali e, eventualmente, di procedere con lo slittamento della ripresa della scuola nelle singole regioni maggiormente a rischio. Un'operazione che non andrebbe quindi a bloccare nuovamente l'intero settore scolastico, anche perché il ministero dell'Istruzione sta puntando alla ripresa in presenza, per tutti.
Tornare in classe resta infatti fondamentale per le famiglie e per gli studenti, che sono fuori dalle aule da sei mesi ormai. Ma se i contagi dovessero salire ulteriormente sarà comunque impossibile rientrare, tanto che il ministero ha già diramato le linee guida per la didattica digitale integrata nel caso in cui non si possa tornare in presenza per motivi legati alla pandemia.
IL RISCHIO
Sul rischio che la data del 14 settembre possa slittare, per motivi emergenziali, incombe anche l'election day fissato per il 20 e 21 settembre, per le elezioni amministrative e regionali e per il referendum, per cui il 18 settembre si fermerà la didattica appena iniziata e arriveranno negli istituti, appena sanificati, milioni di persone esterne, vale a dire gli elettori. Quindi servirà un'ulteriore intervento di pulizia ad hoc.
Soldi e tempo tolti alla scuola. E' stata quindi proposta da più voci la possibilità di rientrare direttamente dopo il voto, quindi a ridosso di ottobre, e qualora lo slittamento tornasse utile anche per monitorare i contagi a livello territoriale, diventerebbe un'opzione più che concreta. L'obiettivo ovviamente è garantire la sicurezza in classe.
E allora, nel caso in cui uno studente o un docente dovesse risultare positivo, cosa accadrebbe? Innanzitutto il ministero della Salute sta studiando, insieme alle Regioni e alle Asl, la possibilità di effettuare test molecolari immediati proprio come quelli degli ultimi giorni negli aeroporti, su chi torna da Paesi considerati a rischio per l'alto numero di positivi.Si interverrebbe velocemente sul caso sospetto e poi a catena sui contatti in classe, per rassicurare le famiglie il prima possibile.
E la scuola, nel frattempo, resterebbe chiusa: «Se in una classe qualcuno risultasse positivo - ha spiegato il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri - potrebbe scattare una chiusura temporanea, ma poi la scuola riaprirebbe subito».
Oggi si discuterà anche di come usare le mascherine e il distanziamento in classe, nella riunione del Comitato tecnico scientifico che metterà a punto le regole: la distanza statica di un metro resta valida ma, qualora le scuole non riuscissero a trovare lo spazio necessario, gli studenti dovrebbero indossare la mascherina anche in classe. Si tratta di una misura provvisoria, in attesa che gli enti locali riescano a trovare nuove aule, ma comunque da scongiurare anche perché non sarà semplice convincere gli alunni a tenere la mascherina sul volto per 5 ore al giorno, se non addirittura per 8 ore nel caso del tempo pieno.
Non solo, oggi il ministero dell'istruzione incontrerà i sindacati per discutere dei tempi e dei criteri di distribuzione dei banchi singoli, richiesti dalle scuole: sarà necessario infatti dare la priorità alle regioni più in difficoltà con gli arredi indispensabili per il distanziamento.
2 – LA PREOCCUPAZIONE DEI PRESIDI PER L'ASSIMILAZIONE DEL CONTAGIO ALL'INFORTUNIO SUL LAVORO
Francesco Grignetti per “la Stampa”
I presidi sono sulle spine, vedono avanzare i mille problemi della riapertura della scuola, e chiedono una sorta di «scudo penale» per evitare i rischi della legge antinfortunistica. È una richiesta ricorrente, quella di uno «scudo penale» anti-Covid. Se ne parlò ad aprile per i dirigenti delle Asl.
Poi a maggio per i datori di lavoro quando si trattava di riaprire fabbriche e uffici. Ora lo chiedono i dirigenti scolastici. Ma di fatto è un problema superato. Ed è quanto il governo sta spiegando in queste ore. Ci ha pensato il Decreto liquidità, poi convertito con la legge 40, all'articolo 29, a chiarire che se un dirigente o un datore di lavoro rispettano tutti i protocolli sanitari e prendono le necessarie precauzioni, non è poi possibile imputargli un contagio perché, come hanno precisato l'Istituto superiore di sanità e l'Inail, il contagio da virus è multifattoriale.
Non è addebitabile, cioè, a una causa univoca. Ora, per la scuola il protocollo esiste: è stato siglato il 6 agosto tra tutte le maggiori sigle sindacali, compresa l'associazione nazionale presidi e l'Unione dirigenti (i cui leader Antonello Giannelli e Marcello Pacifico ora chiedono lo «scudo») e il ministero. Le prime istruzioni dell'Inail sono in arrivo: è del 28 luglio un vademecum su «Gestione delle operazioni di pulizia, disinfezione e sanificazione nelle strutture scolastiche».
Altri protocolli sono in gestazione. Ieri c'è stata una seduta dell'Istituto superiore di sanità; oggi toccherà al Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile. «Il Decreto liquidità - spiega Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, oggi membro del cda di Inail - ha fissato in modo chiaro ed inequivocabile i confini della responsabilità del datore di lavoro a fronte del rischio di contagio da Covid- 19: se la prevenzione c'è stata, non c'è colpa del dirigente».
Tutto discende da un altro decreto, il Cura Italia, che stabilì come un contagio da Covid-19 sia da considerarsi infortunio sul lavoro. Per quella via, lo Stato attraverso l'Inail si fa carico delle prestazioni conseguenti. Nella scuola, il preside è il responsabile civile e penale delle misure di prevenzione; il personale è tutelato e gli studenti sono equiparati ai lavoratori. Proprio questa anomalia, però, spaventa i presidi. Sostiene l'associazione: «Non sia proprio considerato reato un sinistro determinato dalla impossibilità materiale di tenere sotto controllo tutte le cause che lo hanno prodotto».
Ciò al fine di evitare una prevedibile «caccia alle streghe» al primo caso di contagio. Ed è quanto riconosce anche Damiano: «È evidente che una fabbrica è diversa da una scuola. Laddove si ha a che fare con dipendenti adulti, tenuti a fare la loro parte nella prevenzione, qui le prescrizioni dovranno essere seguite da bambini e adolescenti».
La scuola non è iniziata, intanto, ma la tensione è già alle stelle. Una fake news ha intasato ieri le chat di tanti genitori: un falso decalogo annunciava che, in caso di febbre, il minore sarebbe stato sottratto alla famiglia e affidato a fantomatiche strutture sanitarie. Il protocollo ufficiale stabilisce l'opposto. Ma tant' è. Molte famiglie ci hanno creduto. E i poveri presidi sentono l'elettricità negativa nell'aria.