SEMPRE IN CULO AI LAVORATORI – LE AZIENDE STANNO AGGIRANDO IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI, CON LA CESSAZIONE DI RAMI D’AZIENDA E DICHIARANDO IL FALLIMENTO. IN ALCUNI CASI INVECE VENGONO FATTE PRESSIONI FORTISSIME PER LE DIMISSIONI INDIVIDUALI – LO STOP AI LICENZIAMENTI TANTO PER CAMBIARE SARÀ UNA FREGATURA PER I GIOVANI. BANKITALIA: "PUÒ ACCRESCERE LE DISUGUAGLIANZE, E LIMITARE LE NUOVE ASSUNZIONI"
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Claudia Luise per “la Stampa”
Non si può licenziare, eppure accade. Sempre più spesso, a volte negando ai lavoratori anche la possibilità di accedere prima a periodi di cassa integrazione per Covid. Semplicemente: senza più ordini, si dichiara il fallimento. Pininfarina Engineering, Goldoni, la cooperativa Vega, Betafence, Treofan e una miriade di società piccole.
Tra gli altri casi che si stanno seguendo con attenzione c'è la Sematic di Osio Sotto che ha annunciato la delocalizzazione del 70% delle attività, preludio ai licenziamenti di 211 lavoratori. Il copione è questo: si procede con cessazioni di rami d'azienda e firmando accordi che indicano come non ci siano possibilità di rimettere in piedi la produzione.
Un modus operandi finito sotto la lente dei sindacati che stanno collezionando una serie di casi simili, con migliaia di famiglie che si vedono all'improvviso senza prospettive. «Abbiamo la sensazione che la giusta norma del blocco dei licenziamenti, come spesso capita in questo Paese, si stia aggirando», spiega il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia.
«Una modalità - aggiunge - è proprio la formula della cessazione del ramo d'azienda. Ma soprattutto accade che nelle piccole e medie imprese, dove il sindacato è poco presente e non ha la stessa capacità di risposta che ha nelle grande aziende, ai lavoratori viene intimato di stare a casa con permessi non retribuiti».
Quindi non si può parlare di licenziamento ma di fatto non si percepisce lo stipendio. «In alcuni casi addirittura vengono fatte fortissime pressioni per le dimissioni individuali. È evidente che nelle pieghe della norma si annidano molte situazioni di lavoratori che non sono coperti da tutele», afferma ancora Benaglia.
Anche Bankitalia suona l'allarme. «I provvedimenti finora adottati hanno contribuito a contenere le perdite occupazionali. Queste esigenze restano prioritarie», scrive in una memoria sul decreto Ristori. «Nel medio periodo - osserva, però, via Nazionale - va considerato che le restrizioni alla riorganizzazione aziendale possono contribuire ad accrescere le disuguaglianze, inducendo ad aggiustare il numero di occupati attraverso la limitazione del numero di assunzioni o il mancato rinnovo di contratti temporanei».
Una situazione che si traduce in meno possibilità per i giovani. I sindacati sono preoccupati anche per il terziario. «Il dato sull'occupazione non è stabile, stiamo vivendo all'interno di una bolla dove le imprese non stanno segnalando alle Camere di commercio la cessazione, a fronte però della probabilità molto elevata che nel primo e secondo trimestre 2021 chiuderanno la propria attività.
Questo complica l'analisi del dato relativo all'occupazione ma si ritiene che il 21% delle imprese del terziario, finito il blocco dei licenziamenti, ridurranno i dipendenti a tempo indeterminato», spiega Pierluigi Ascani, illustrando i dati dell'Osservatorio congiunturale Format Research. Una situazione segnalata anche da Unioncamere che si attende il picco delle chiusure delle imprese del settore del commercio nei primi mesi del prossimo anno.