SILICON TRUMP – DONALD TRUMP HA ROTTO IL TETTO DI CRISTALLO DI BIG TECH: I MILIARDARI DEI COLOSSI DEL WEB, UNA VOLTA SCHIERATI SENZA ESITAZIONI CON I DEMOCRATICI, O TIFAVANO APERTAMENTE PER LUI (COME ELON MUSK), O HANNO DECISO DI EVITARE DI PRENDERE POSIZIONE. COME JEFF BEZOS CHE, DOPO AVER FATTO INCAZZARE LA REDAZIONE DEL"WASHINGTON POST" PER NON AVER DATO L'APPOGGIO A KAMALA HARRIS, OGGI SI CONGRATULA CON IL TYCOON PER LO “STRAORDINARIO RITORNO”. MARK ZUCKERBERG AVEVA PROMESSO A TRUMP DI RESTARE NEUTRALE, E TIM COOK…
-1. USA2024, JEFF BEZOS SI CONGRATULA CON TRUMP: STRAORDINARIO RITORNO
(Askanews) - Jeff Bezos, il miliardario fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post, si e' congratulato con Trump per il suo "straordinario ritorno politico e la vittoria decisiva", attraverso un post sulla piattaforma social X.
"Nessuna nazione ha piu' opportunita'", ha scritto Bezos, aggiungendo: "Auguro a @realDonaldTrump tutto il successo nel guidare e unire l'America che tutti amiamo". Bezos ha attirato forti critiche nelle ultime settimane dopo che il suo giornale ha rifiutato di sostenere un candidato presidenziale.
L'imprenditore miliardario, che ha acquisito il giornale nel 2013, ha difeso la mossa come un tentativo di combattere la percezione di parzialita' dei media e ripristinare la fiducia tra i lettori.
2. SILICON POWER
Estratto dell’articolo di Riccardo Luna per “la Stampa”
Con la fragorosa eccezione di Elon Musk […] la Silicon Valley ha vissuto la sindrome di Ecce Bombo.
Ricordate il personaggio interpretato da Nanni Moretti che a proposito di una festa si chiede: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Nelle settimane scorse, molti amministratori delegati delle grandi aziende tecnologiche hanno vissuto un dilemma analogo: come fare a prendere le distanze da Kamala Harris senza dirlo e soprattutto come avvicinarsi a Donald Trump, che fino a qualche mese fa consideravano «un pericolo per la democrazia», senza che questo potesse sembrare una esplicita dichiarazione di voto? Gli antichi romani avevano un modo nobile di raccontare un atteggiamento di questo tipo: lo chiamavano captatio benevolentiae.
Mark Zuckerberg ne è stato forse il migliore interprete. La sua è stata una escalation.
A luglio ha pubblicamente lodato la reazione fiera di Trump quando il proiettile gli ha sfiorato l'orecchio (ha detto testualmente «badass, cazzuta»); non gli deve essere parso abbastanza perché da allora lo ha chiamato «più volte» per scusarsi di un errore che l'intelligenza artificiale di Meta faceva nel rispondere a domande sull'attentato. Più volte? Non ne bastava una?
[…] Secondo Trump gli ha promesso che questa volta non avrebbe sostenuto i democratici, cosa confermata dallo stesso Zuckerberg in una lettera ad un deputato: «Stavolta voglio essere neutrale». Ma come dicono i politologi americani, in molti casi «not picking a horse is picking a horse»; tradotto, non scegliere la Harris vuol dire favorire Trump.
Lo dicono in realtà a proposito del comportamento di Jeff Bezos, la cui scelta di bloccare un articolo con cui il Washington Post si schierava con la Harris nel nome di una presunta neutralità ha fatto scalpore (ed è costato al quotidiano di proprietà dello stesso Bezos oltre 200 mila abbonamenti). Ovviamente anche Bezos ha chiamato Trump; lo ha fatto dopo l'attentato e «non avrebbe potuto essere più affettuoso con me».
Un altro che ha telefonato a Trump è stato l'amministratore delegato di Google Sundar Pichai che quattro anni fa aveva definito Trump «l'antitesi della democrazia». Deve avere cambiato idea perchè quando ha visto sui social le immagini di quel momento di cinema in cui Trump ha fatto finta di servire hamburger e patatine in un McDonald's, Pichai, ha chiamato Trump per complimentarsi: «Non avevo mai visto niente di simile».
Nessuno dei tre si è esposto direttamente, è sempre Trump che ha rivelato conversazioni private che però loro si sono guardati bene dallo smentire. Sindrome Ecce Bombo: come mi si nota di più?
Trump li ha notati benissimo questi spostamenti peraltro sollecitati pubblicamente con avvertimenti tipo: il tempo sta per scadere, se non vi fate sentire prima del voto è inutile che chiamiate dopo (frase attribuita dal Washington Post ad un consigliere di Trump). Chi diceva: chi non sta con me, è contro di me?
Eppure sarebbe sbagliato dire che tutta la Silicon Valley abbia tifato per Trump: non lo ha fatto Reid Hoffman, tra i fondatori di PayPal, Linkedin, Open Ai, schieratissimo per la Harris dal primo giorno della sua candidatura.
Mentre due pesi massimi come Satya Nadella (Microsoft) e Jensen Huang (Nvidia) per quel che se ne sa sono rimasti fuori dalla contesa. E lo stesso ha fatto l'amministratore delegato di Open AI Sam Altman. Loro non hanno sentito il bisogno di mandare un segnale di benevolenza a Trump. E non perché siano contro o perché stiano con la Harris. Semplicemente non ne hanno sentito il bisogno.
Si sentono abbastanza forti da non richiedere la protezione del governo. Per gli altri è diverso: persino l'amministratore delegato di Apple, Tim Cook, di cui pure si indovinano molti valori vicini al partito democratico, ha chiamato Trump per protestare per le multe milionarie dell'Unione Europea ad Apple.
Ecco, è questo che ha spinto molti manager nelle braccia del candidato repubblicano: la difesa del loro business. Difesa dalle norme europee sempre più stringenti, dalla concorrenza della Cina sempre più insidiosa, e persino dalle minacce dei regolatori americani […]