SON DI PRATO, NON VOGLIO ESSE’ CONTAGIATO – NELLA CITTÀ TOSCANA COLONIZZATA DAI CINESI SIAMO ALLA BEFFA FINALE: NELLA CHINATOWN NON VOGLIONO PIÙ MANDARE I FIGLI A SCUOLA PER PAURA CHE SIANO INFETTATI DAGLI ITALIANI – VOGLIONO AUTOISOLARSI IN UNA SORTA DI “BOLLA” E RICORRERE ALL’EDUCAZIONE PARENTALE SFRUTTANDO I MOLTISSIMI INSEGNANTI DELLE SCUOLE POMERIDIANE DI CINESE. NELLA COMUNITÀ CHE A MARZO SI MISE IN QUARANTENA PREVENTIVA CI SONO 25 POSITIVI E…
-Alessandro Giorgiutti per “Libero Quotidiano”
A inizio febbraio, una ventina di giorni prima della scoperta del "paziente 1" a Codogno, i governatori leghisti del Nord avevano chiesto al governo di isolare per 14 giorni in via precauzionale gli studenti di ritorno dalla Cina. La richiesta fu respinta, i governatori accusati di razzismo. Pochi giorni dopo il presidente della Repubblica visitava a sorpresa la scuola di un quartiere romano «con altissima presenza della comunità cinese», come precisava il profilo Twitter dello stesso Quirinale.
Otto mesi dopo a Prato si vive una situazione simile, ma a parti rovesciate. Questa volta è la comunità cinese della città, la seconda d'Italia per numero di persone dopo quella milanese, a tenersi lontana dalle scuole, considerate troppo pericolose, e a carezzare l'idea di classi separate nelle quali autoisolarsi in una sorta di "bolla" sul modello di quella adottata dal basket professionistico americano per portare a termine il campionato.
Secondo il Corriere Fiorentino, i cinesi starebbero pensando di ricorrere in massa all'educazione parentale, valendosi della possibilità, offerta a tutti, di ritirare i propri figli dalle scuole e provvedere da sé, o ricorrendo a persone di fiducia, alla loro istruzione. Nel caso in questione, le famiglie si affiderebbero agli insegnanti delle varie scuole pomeridiane di cinese della città. A fine anno scolastico, tutti gli studenti dovrebbero sostenere un esame pubblico.
«Si pensa di riconvertire strutture ferme come quelle delle associazioni cinesi per creare una scuola protetta», ha spiegato il consigliere comunale Marco Wong. Le autorità vorrebbero però impedire una fuga di massa dalle scuole pubbliche, e non escludono di ricorrere alla mediazione del Consolato della Repubblica popolare. Il fatto è che tra la comunità cinese di Prato sta montando la paura dei contagi.
Il numero degli studenti che non si presenta a lezione si avvicina ormai a un terzo del totale. «Non ci sono ancora numeri ufficiali, ma molti dirigenti scolastici ci segnalano che esiste un elemento di assenze per così dire sospette, non motivate o giustificate in maniera impropria», ha spiegato l'assessore comunale all'immigrazione Simone Mangani.
Negli ultimi giorni tra i cinesi c'è stata la corsa al tampone, anche ricorrendo a strutture private. I positivi al coronavirus sono 25, uno dei quali in gravi condizioni. È una novità, perché nella prima ondata dell'epidemia la comunità era stata risparmiata. Generalmente i cinesi hanno una condotta molto più prudente del resto della popolazione.
Di qui il timore dei contatti nelle aule scolastiche, dove mantenere il distanziamento è difficile. Sin da marzo ci si è interrogati sui pochi casi di contagi tra i residenti cinesi nel nostro Paese. Francesco Wu, imprenditore e punto di riferimento della comunità cinese di Milano, spiegò al Corriere della Sera come il rispetto delle regole di igiene fosse una questione d'onore: «Io perdo la faccia e la stima se contagio qualcuno perché non ho rispettato le regole sociali che mi avevano imposto». riproduzione riservata.