CON I TALEBANI TORNERÀ ANCHE AL QAEDA? - TRA I MILIZIANI E LA FORMAZIONE TERRORISTA C’È UN ACCORDO DI FATTO: I PRIMI CONTROLLANO I TRAFFICI NELLE AREE INTERNE TRIBALI, MENTRE AL QAEDA FA DA COLLANTE CON IL PAKISTAN - UNA ROTTURA VERA NON C’È MAI STATA, A DISPETTO DI QUELLO CHE DICE BIDEN (“ABBIAMO SCONFITTO IL TERRORISMO “). L’UNICA COSA POSITIVA È CHE LE CELLULE DEL MOVIMENTO FONDATO DA BIN LADEN POSSONO ESSERE UN ARGINE PER LE INFILTRAZIONI DELL’ISIS. È (ANCHE) PER QUESTO CHE RUSSIA E CINA HANNO AVVIATO UN DIALOGO CON IL “NUOVO” EMIRATO DI KABUL…
-Francesco Semprini per “La Stampa”
Per comprendere la mappatura delle realtà terroristiche che gravitano all'interno o attorno all'Afghanistan, occorre analizzare le aree di confine col Pakistan, dove si sviluppano i flussi dei commerci leciti e illeciti e si concentrano gli interessi economici di quella specifica parte della regione.
La cerniera dell'AfPak, detta anche «cintura pashtun» dal nome dell'etnia locale, rappresenta la zona di convergenza tra i taleban afghani e i corrispettivi pakistani del Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp). In quell'area si inserisce Al Qaeda che non è più solo alleata ma è «strutturata e territorializzata» sul controllo dei traffici.
«Si tratta di un sistema sinergico tra la parte stanziale, controllata dai taleban, e la capacità transfrontaliera dei qaedisti», spiega il professor Arije Antinori esperto europeo di terrorismo. In sostanza i taleban controllano i traffici nelle aree interne tribali al di qua e al di là del confine, mentre sulle frontiere è al Qaeda che fa da collante.
È costituita soprattutto di elementi pachistani il che assicura vicinanza e continuità, e non rischia di creare attriti con le formazioni taleban dell'una e dell'altra parte. In questo senso è lecito pensare che non vi sia mai stata una rottura vera e propria tra i taleban afghani e Al Qaeda, mentre nel Ttp c'è sempre stata una componente rappresentativa della rete fondata da Osama bin Laden. Del resto, lo stesso leader del movimento, Haibatullah Akhundzada, non ha mai rinnegato l'endorsement di Ayman Al-Zawahiri, e il clan Haqqani, fortemente rappresentato a Kabul, ha da sempre avuto legami con "La Base".
In questo senso anche il governo del Pakistan, sebbene conduca operazioni sul confine contro Ttp e Al Qaeda, mantiene un canale aperto, attraverso i servizi segreti (Isi), coi taleban in funzione anti Isis. Specie per operare in quelle aree dove si trovano gli eredi di Abu Bakr al Baghdadi e dove è difficile arrivare alle forze regolari di Islamabad.
A cui per altro preoccupano di più le attività delle costole della rete fondata da bin Laden, ovvero Al Qaeda nel subcontinente indiano (Aqis) e Jamaat ul Ansar al-Sharia nate soprattutto in funzione di contrasto all'India e operative in altre aree.
Le cellule di al Qaeda in AfPak invece possono risultare utili come argine all'infiltrazione dello Stato islamico della provincia del Khorasan (Isis-K). La compagine è composta dai sette ai diecimila miliziani che si sono formati in quella zona in seguito alla «jihaspora», la diaspora seguita al crollo del Califfato.
Sono combattenti preparati e cercano costantemente di inserirsi tra Pakistan e Afghanistan per rubare manovalanza e porzioni di territorio ai taleban, a partire dalle aree della provincia di Nangarhar nell'Est del Paese. E alcuni sono pronti ad attivarsi anche a Kabul come si deduce dall'allarme lanciato dagli 007 Usa. «In un caos come quello della capitale, azioni destabilizzanti non sono da escludere. Il problema è che nel caso sarebbe una falla di cui è responsabile il vecchio governo e gli Usa, perché si tratterebbe di infiltrazioni di medio-lungo termine - afferma Antinori -. In questo momento Isis-K non è in grado di proiettarsi in una città a controllo taleban.
Tra i combattenti delle madrasse e gli eredi di Baghdadi vi è forte rivalità». C'è inoltre da dire che Khorasan come matrice fondamentale ha quella cecena e quella uighuri e questo la rende ancora più pericolosa agli occhi di Russia e Cina che, a questo punto, non possono fare a meno dei taleban per garantire la sicurezza dei loro confini.
È per questo che Mosca e Pechino non hanno esitato ad avviare subito un dialogo con il nuovo Emirato islamico: «L'obiettivo è fare in modo che, soprattutto in questa fase in cui sono andati via gli occidentali, il Khorasan da magnete dell'Isis non ne diventi una struttura», spiega Antinori. Da parte di Russia e Cina (e non è escluso che anche l'Iran faccia lo stesso) è essenziale legittimare l'unico interlocutore in grado di garantire la sicurezza, il che non vuol dire la sicurezza dei cittadini ma la sicurezza dei commerci e contro le infiltrazioni terroristiche più temibili. Uno schema su cui le cancellerie occidentali starebbero già ragionando. -