TIRARE FUORI ILARIA SALIS DAL CARCERE DELLA VERGOGNA DI BUDAPEST È UN PERCORSO A OSTACOLI – LA 39ENNE DETENUTA DA UN ANNO IN UNGHERIA SI SFOGA: “CONTINUO A STARE MALE E VORREI TORNARE A CASA” – IL SUO LEGALE FA SAPERE: “LE CONDIZIONI DI PULIZIA E IGIENE SONO MIGLIORATE E ORA PUÒ LEGGERE GLI ATTI DEL PROCESSO IN ITALIANO” – PER LA CUSTODIA “ATTENUATA” L'ITER E LUNGO E COMPLESSO, MA UNA NORMA EUROPEA PUÒ APRIRE LA STRADA PER I DOMICILIARI NEL NOSTRO PAESE – LA DESTRA UNGHERESE (OVVERO GLI AMICI DELLA MELONI): “VADA AI LAVORI FORZATI”

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1 – «IO STO MALE E VORREI TORNARE A CASA» LO SFOGO DI ILARIA

Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

ilaria salis

«Stanno lentamente venendo incontro alle mie esigenze, ma io continuo a stare male e vorrei tornare a casa», ha detto ieri mattina Ilaria Salis al suo avvocato ungherese, Gyorgy Magyar. Il legale è andato a trovarla nella prigione al centro di Budapest dov’è rinchiusa da quasi un anno, e riferisce le impressioni della sua assistita dopo le novità e i sussulti (anche mediatici) degli ultimi giorni: «Ilaria è stanca ma moralmente molto forte, e continua a resistere. Attualmente sta in una cella con altre sette detenute, ma le condizioni di pulizia e igiene sono migliorate. Le autorità ungheresi hanno compreso la situazione, rispondono alle sue richieste e alle sollecitazioni dell’Italia. Anche la visita in carcere che le ha fatto il procuratore capo va in questa direzione».

 

ILARIA SALIS

[…] «Ora le è stata assicurata assistenza per poter leggere tutti gli atti d’accusa in lingua italiana — spiega ancora l’avvocato Magyar — e anche la possibilità di visionare le riprese delle telecamere di sicurezza che costituiscono la principale prova a suo carico, finora negata». Ma accanto alla situazione carceraria della donna c’è la vicenda processuale della militante antifascista, imputata di lesioni potenzialmente letali aggravate dall’aver partecipato a un’associazione sovversiva per due aggressioni ad altrettanti neonazisti, su cui si sta concentrando il lavoro dei suoi legali.

 

A Budapest ma soprattutto in Italia. Perché è da lì che potrebbe venire la svolta per farla uscire di prigione, attraverso la concessione degli arresti domiciliari cautelari a casa sua. Con la garanzia, offerta dal governo di Roma, delle condizioni di sicurezza a mezzo di braccialetto elettronico, e la disponibilità a riportarla davanti ai giudici ungheresi per ogni eventuale esigenza.

 

ROBERTO SALIS - PADRE DI ILARIA SALIS

«Aspettiamo questa dichiarazione delle autorità italiane, poi faremo l’istanza al giudice di qui», dice Magyar. Consapevole che il sentiero resta lungo e stretto: «Dal momento della presentazione della richiesta ci vorrà almeno un mese prima della decisione del magistrato». Più semplice sarebbe ottenere la misura cautelare attenuata in Ungheria, ma il legale confida che le garanzie attese dall’Italia possano aiutare l’altra soluzione. […]

 

ILARIA SALIS

Un cittadino ungherese avrebbe maggiori possibilità, rispetto a uno straniero senza residenza né appoggi locali, di ottenere gli arresti domiciliari in attesa della sentenza. «Ma questa sarebbe una ingiusta discriminazione», sostiene l’avvocato citando una decisione-quadro del Consiglio dell’Unione europea adottata fin dal 2009. Lì è scritto che «in uno spazio comune europeo di giustizia senza frontiere interne è necessario adottare idonee misure affinché una persona sottoposta a procedimento penale non residente nello Stato del processo non riceva un trattamento diverso da quello riservato alla persona sottoposta a procedimento penale ivi residente».

 

Parole chiare ma non semplici da tradurre in pratica. Che potrebbero aprire la strada alla custodia cautelare «attenuata» in qualche residenza a Budapest, o al caldeggiato trasferimento in Italia (con l’assicurazione di applicare tutte le necessarie misure di sicurezza) prima dell’eventuale verdetto di colpevolezza. Per il trasferimento in Italia, infatti, è indispensabile la concessione di una misura «meno afflittiva» rispetto alla detenzione in carcere, non essendoci leggi che consentono di passare da una prigione di uno Stato a quella di un altro senza una sentenza di condanna.

 

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA E ILARIA SALIS - VIGNETTA BY VUKIC

A processo in corso sarebbe invece possibile, proprio in attuazione di quella decisione-quadro, spostarsi da un Paese all’altro per applicare un provvedimento restrittivo diverso, come appunto gli arresti domiciliari. Gli uffici tecnici del ministero della Giustizia italiano stanno mettendo a punto un documento da sottoporre al Guardasigilli Nordio per illustrare la praticabilità di questa soluzione.

 

Che tuttavia richiede diversi passaggi: istanza dei difensori; accoglimento da parte del giudice ungherese; trasmissione del provvedimento, tramite ministero, alla Corte d’appello di Milano (o un’altra competente) che dovrebbe poi applicare in Italia la decisione presa a Budapest.

 

Resta da capire se non sia necessario il passaggio intermedio dei domiciliari concessi inizialmente presso un indirizzo ungherese; un altro enigma non semplice da sciogliere. […]

 

2 – SALIS, ECCO IL PIANO PER RIPORTARLA IN ITALIA LA DESTRA UNGHERESE “VADA AI LAVORI FORZATI”

Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per “la Repubblica”

GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN

«Per quanto concerne la detenzione di persone sottoposte a procedimento penale, esiste il rischio di una disparità di trattamento tra coloro che risiedono e coloro che non risiedono nello Stato del processo: in uno spazio comune europeo di giustizia senza frontiere interne è necessario adottare misure idonee perché questo non accada».

 

Sono contenuti in queste poche righe in giuridichese stretto — l’articolo 5 della Decisione quadro 2009/829 del Consiglio europeo — il futuro e dunque la vita di Ilaria Salis, l’insegnante italiana antifascista arrestata un anno fa dopo scontri con alcuni neonazisti in Ungheria, dove rischia più di 20 anni di carcere. In quell’articolo c’è infatti la chiave tecnica per riportare Salis in Italia, per lo meno agli arresti domiciliari. Di questo discuteranno lunedì a Roma il padre e i legali di Ilaria Salis in un incontro fissato con i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio.

 

ILARIA SALIS

Come ha raccontato ieri Repubblica, infatti, al ministero della Giustizia sono da giorni al lavoro per scrivere un documento che «rassicuri il governo ungherese sulle modalità di esecuzione dei domiciliari in Italia ». Per tre volte, infatti, fino a questo momento le istanze presentate dai legali di Salis, Eugenio Losco e Mauro Straini, per ottenere i domiciliari in Ungheria, prodromici al trasferimento in Italia, sono stati respinti dai giudici di Budapest per via del “pericolo di fuga”. […]

 

I tecnici di via Arenula (dove è comunque in corso un dibattito acceso sul tema) ritengono che quell’articolo possa trovare applicazione, nonostante si registri un contrasto in giurisprudenza. Per convincere gli ungheresi prepareranno questo appunto in cui spiegheranno tutte le misure di sicurezza previste in Italia in caso dei domiciliari — dall’applicazione del braccialetto elettronico, al controllo della polizia giudiziaria — dando anche la disponibilità all’Ungheria di accompagnare Salis a tutte le udienze.

 

ROBERTO SALIS PADRE DI ILARIA SALIS

Insomma un impegno ufficiale che l’attivista italiana non si sottrarrà né alla misura cautelare né al processo. Fermo restando, però, che anche i nostri tecnici sono convinti che per ottenere i domiciliari in Italia si debba passare necessariamente da quelli in Ungheria, magari in una delle sedi dell’ambasciata italiana. Non sarà facile. E soprattutto non sarà breve.

 

Dal momento del deposito della richiesta da parte dei legali di Ilaria, dovrà passare almeno un mese per una risposta. Di più: la questione Salis sta prendendo sempre più una piega politica in Ungheria, e questo non è un bene. L’intervento a gamba tesa del portavoce di Orbán, Zoltan Kovacs, che ha pubblicato le fotografie dei nazisti picchiati e uno dei video nel quale la polizia ungherese ritiene di aver riconosciuto Ilaria, sono un fatto.

 

ilaria salis 1

Così come il mondo che gira attorno al premier ungherese spinge affinché il governo di Budapest non ceda alle richieste italiane. Per dire: questo è quello che ha scritto su Twitter Laszlo Toroczkai, leader del partito di estrema destra “Patria Nostra” (Mi Hazank), la terza forza politica in Ungheria secondo gli ultimi sondaggi. «Trovo sconcertante e ributtante il fatto che nella vicenda dell’antifa terrorista italiana, pure la premier Meloni abbia chiamato Viktor Orbán deplorando che è stata portata in tribunale ammanettata. Ma in che altro modo deve essere accompagnata un verme così? In posti normali, “questi” non vanno messi in una confortevole cella carceraria ma in campi di lavoro forzato per tutta la vita». Così parlano gli “amici ungheresi”.

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