TOCCO E RITOCCO: CON IL COVID SONO AUMENTATI IN MANIERA INASPETTATA I RITOCCHINI - IL CHIRURGO PLASTICO PAOLO SANTANCHE’, EX MARITO DI DANIELONA, LANCIA L’ALLARME: “NON FATEVI FREGARE DAI FINTI CHIRURGHI ESTETICI. TANTI SPACCIANO MASTER PER TITOLI DI SPECIALIZZAZIONE. CI SONO NOTI CHIRURGHI DEI VIP CHE I PAZIENTI LI FANNO OPERARE DA ALTRI. A VOLTE NON SONO NEMMENO CHIRURGHI, QUINDI SENZA ALCUNA ESPERIENZA DI SALA OPERATORIA..." (FUORI I NOMI!)

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Tiziana Lapelosa per “Libero quotidiano”

chirurgia estetica

 

Risistemare nasi, occhi e menti, ridare ai seni una tonicità da ventenne, a cosce e sederi la giusta proporzione. Ma non tutti hanno la licenza per farlo. Non basta avere uno studio con incorniciata la pergamena della laurea in Medicina e un master in Chirurgia estetica. «Non è un titolo di specializzazione», puntualizza Paolo Santanchè, specialista in Chirurgia plastica.

 

Perché il master non basta?

«Non sono titoli di specializzazione. Anche se rilasciati da un rettore, sono informativi e non formativi. Il corso lo può seguire chiunque e non è detto che chi lo segua abbia la preparazione ad operare. In Italia non esiste specialista in chirurgia plastica che segua un master».

 

E perché, allora, esistono?

«In Italia non è obbligatoria la specializzazione se non per anestesisti e radioterapisti. Per il resto basta l' abilitazione. Il livello in più lo si acquisisce in ospedale dove non si può fare l' assistente se non ci si specializza con corsi teorici e pratici. Per dire, nessuno va da un ginecologo se sa che quel medico non è specializzato in ginecologia».

 

paolo santanché

Eppure ci sono tanti chirurghi estetici...

«Perché è una libera professione. Quando negli Anni '90 c' è stato il boom, molte delle persone che non sono riuscite ad entrare in un ospedale hanno virato sulla chirurgia esibendo "master". Ci sono noti chirurghi dei vip che pazienti li fanno operare da altri. A volte non sono nemmeno chirurghi, quindi senza alcuna esperienza di sala operatoria».

 

La legge cosa dice?

«Il Miur ha affermato che i master non sono titoli equiparabili alla specializzazione. Chi ha fatto un master non può dire di essere un chirurgo estetico. Per dirlo bisogna avere la specializzazione».

 

Che sarebbe?

«Chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva».

 

paolo daniela santanchè

Come ci si difende?

«Chi fa questo lavoro è sempre socio di qualche società. C' è la Sicpre (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, ndr), la più antica, e la Aicpe (Associazione italiana di chirurgia plastica estetica, ndr) alla quale si iscrivono chirurghi che sono per lo più dediti alla chirurgia estetica.

 

Senza dimenticare il sito della FnomCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, ndr). Se uno è medico e che tipo di specializzazione ha, lì si può vedere. Se non si è iscritti qui né ad una delle due società specializzate, c' è da preoccuparsi».

 

Poi che bisogna fare?

«Mai fidarsi di quelli che dicono subito sì, che assecondano il paziente senza approfondire. Di sicuro è uno che vuole operare prima che l' interessato cambi idea».

 

paolo santanchè

In genere chi vuole rifarsi seno o naso ha già le idee chiare...

«Ma il chirurgo ha il dovere di verificare se ciò che si aspetta il paziente può corrispondere a quello che si otterrà. Bisogna capire perché si fa quell' intervento e vedersi almeno due volte per essere sicuri che medico e paziente si siano capiti. Chi non lo fa ragiona in termini commerciali e non professionali. Inoltre...»

 

Inoltre?

«C' è la questione consenso».

Cioè?

«Sappiamo che è obbligatorio. Ma al paziente non va fatto firmare cinque minuti prima dell' operazione, quando è confuso».

 

E quando?

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«Va consegnato alla seconda visita. Altrimenti l' operazione è illecita. Nero su bianco bisogna attestare che il paziente è a conoscenza delle possibili alternative. Bisogna dargli il tempo di pensare e arrivare consapevole all' appuntamento. Io ho iniziato a farlo nel 1993 e una sola volta è capitato che non abbia fatto un intervento».

 

Ma vero che con il Covid i ritocchi sono aumentati?

«Sì, in maniera inaspettata. Ci siamo chiesti perché...».

 

E che risposta vi siete dati?

«Dopo due mesi di chiusura, senza parrucchiere, con lo specchio che ha messo in evidenza i difetti, in molti hanno voluto fare qualcosa per se stessi».

 

Richieste?

«Filler, botulino, interventi di periodicità interrotti dal Covid».

 

E basta?

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«No... Complice il telelavoro e la possibilità di fare la convalescenza a casa, in tanti ne stanno approfittando per rifarsi nasi, seni, liposuzioni, palpebre. Lividi e gonfiori non si vedono e ci si assenta dal lavoro soltanto un giorno».

 

Chi volesse approfittarne?

«Verifichi che il medico abbia i titoli validi, diffidi da chi fa una sola visita, prendere visione del consenso qualche giorno prima dell' intervento».

 

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Ma anche che chi opera sia in qualche modo anche un artista...

«C' è una componente psicologica perché bisogna entrare nella mente delle persone e capire cosa si aspettano, una componente artistica perché deve progettare un risultato che sia oggettivamente valido, e la capacità tecnica di realizzare il tutto. Se soltanto uno di questi elementi manca, non ci può essere un risultato».

 

E la sicurezza?

«Ora come ora si è molto più sicuri in una sala operatoria di una clinica estetica, dove non ci sono malati, che non in metro».

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