TOGLIETEMI TUTTO, MA NON IL MIO SPIN DOCTOR – CHI SONO I RASPUTIN MODERNI CAPACI DI REGGERE LE FILA DEI POTENTI DELLA TERRA CHE, SENZA I LORO STRATEGHI, SI SENTIREBBERO PERDUTI – IN PRINCIPIO CI FU ROGER AILES, UNO DEI PIÙ GRANDI CAMPAIGN MANAGER DEGLI USA, CHE HA VINTO DECINE DI ELEZIONI CON NIXON, REAGAN, BUSH PADRE E TRUMP - DA PIERRE SALINGER, SEGRETARIO DI JFK, ALLO SPREGIUDICATO STEVE BANNON, ARTEFICE DELLA VITTORIA DEL PUZZONE – MA OCCHIO PERCHÉ A MOLTI È FINITA MALE: PERCHÉ CHI DI TRUCCHI FERISCE…
-Enrico Franceschini per "Il Venerdì"
Un attimo prima del dibattito televisivo, il consigliere consegna un bigliettino al candidato, dicendogli a voce abbastanza alta da farsi sentire dall' antagonista: «Se te la vedi brutta, usa questo». Sul biglietto non c' è scritto niente. Ma il candidato avversario crede che contenga informazioni dell' ultima ora in grado di danneggiarlo, si innervosisce ancora prima di cominciare e nel dibattito fa una pessima figura.
Un trucco che potrebbe essere uscito dal cappello di Dominic Cummings, il controverso stratega politico di Boris Johnson accusato a maggio di violazione del lockdown durante la pandemia.
Se il premier conservatore non lo ha ancora licenziato è perché senza di lui si sente perduto: famoso per avere inventato slogan vincenti di tre parole come «Take back control» (riprendiamoci il controllo, del Regno Unito) per il referendum sulla Brexit, o «Get Brexit done» (portiamo la Brexit a compimento) per la campagna elettorale di dicembre, non per nulla Cummings è detto "il Rasputin di Downing Street", citando il monaco manipolatore che reggeva le fila del potere nella Russia dello zar Nicola II.
Con la battuta pronta Il mestiere di spin doctor, come si chiama oggi (spin, nel tennis, è il colpo a effetto che fa roteare la pallina rendendo ancora più difficile la risposta), nasce però assai prima di Cummings.
Molti ne collocano l' inizio a un dibattito della campagna presidenziale americana fra John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon nel 1960. Avendolo ascoltato alla radio, Russell Baker, grande columnist del New York Times, era sicuro che avesse prevalso Nixon, ma quando arrivò in redazione scoprì che tutti i colleghi, dopo averlo guardato in tivù, erano convinti del contrario: l' esuberanza giovanile del democratico aveva avuto la meglio sul repubblicano, che con un' ombra di barba sulle guance sembrava un galeotto.
Otto anni dopo, di nuovo sotto i riflettori per una campagna presidenziale, Nixon si sfogò con il produttore dello show: «Detesto dover ricorrere alla televisione per essere eletto». Senza troppi riguardi, il produttore gli rispose: «Se la pensa così continuerà a perdere, perché la tivù ha cambiato per sempre il modo di fare politica». Si chiamava Roger Ailes: Nixon parlò con lui tutta la notte, lo assunse come consulente e con i suoi suggerimenti (tra cui quello del bigliettino bianco) conquistò la Casa Bianca.
Prima di diventare presidente della Fox, il network tv di Rupert Murdoch, incarico da cui è stato costretto a dimettersi nel 2016 per accuse di abusi sessuali (non è finito in tribunale perché è morto l' anno seguente), Ailes è stato uno dei più grandi campaign manager degli Stati Uniti. Ha vinto decine di elezioni: con Nixon, e poi con Reagan, Bush padre e Trump.
Alcune sue battute sono diventate proverbiali. «Ci sono solo due cose che gli elettori non vogliono sentirsi dire: un giorno dovrete morire e bisogna aumentare le tasse». Oppure: «Come i becchini, noi non restiamo mai disoccupati, a questo mondo c' è sempre qualcuno che muore e qualcuno che vuole essere eletto».
Fu lui a consigliare al 74enne Reagan, nel dibattito contro il più giovane Walter Mondale nel 1984, di liquidare i dubbi sulla sua vecchiaia con una spiritosaggine di Hollywood: «Non accetterò di fare dell' età una questione in questa campagna elettorale». Pausa. «Mi rifiuto di sfruttare per fini politici la giovinezza e l' inesperienza del mio avversario».
Il Pantheon dei consulenti elettorali comprende molti americani: Pierre Salinger, segretario di Jfk, che una volta lo spedì a Mosca al suo posto a parlare con Nikita Kruscev, e il capo del Cremlino ne rimase così affascinato che non voleva più lasciarlo andare; James Carville, autore di uno dei più riusciti slogan di Bill Clinton, «It' s the economy, stupid»; Karl Rove, l' anima nera di Bush figlio e uno degli architetti della guerra in Iraq; David Axelrod, regista dell' elezione di Barack Obama all' insegna del change, la voglia del cambiamento rispetto all' establishment rappresentato da Hillary Clinton; Steve Bannon, artefice della vittoria di Trump e spregiudicato maestro di social media e big data.
Chi di trucchi ferisce... Col tempo la professione ha attraversato l' Atlantico: già negli anni 60 il premier laburista britannico Harold Wilson cercava di emulare il kitchen cabinet dei consiglieri kennediani, ma l' espressione spin doctor fu coniata per Alastair Campbell, il direttore delle comunicazioni di Tony Blair, abilissimo a manipolare i media fino a diventarne vittima, quando gonfiò il dossier dei servizi segreti britannici sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein come giustificazione per entrare in guerra.
Poi sono venute altre dimissioni: di Andy Coulson, consigliere di David Cameron, travolto dal Tabloidgate, lo scandalo delle intercettazioni illecite; e di Nick Timothy, anche lui soprannominato Rasputin (del monaco russo aveva pure la barba), responsabile della deludente campagna elettorale di Theresa May.
A proposito: Roger Ailes sosteneva che Abraham Lincoln iniziò ad avere successo quando un consigliere ebbe il coraggio di dirgli quanto fosse brutto, persuadendolo a farsi crescere la barba, per coprire il mento sporgente e avere più un' aria da statista. Esistevano già gli spin doctor.