TRANSATLANTICO ADDIO! CECCARELLI: COM'È POVERA LA CAMERA SENZA IL SALONE DELLE TRAME – IL PROFUMO DELL'ELEGANTISSIMO COLOMBO, LE NUVOLE DEL SIGARO DI RICCARDO LOMBARDI, LE FETENTI CELTIC DI PANNELLA, GLI SBUFFI E I FREMITI DI CRAXI, CHE LÌ DENTRO SAPEVA DI PERDERE TEMPO, E POI LE BARZELLETTE DI BERLUSCONI E A UN CERTO PUNTO PERFINO CICCIOLINA... UNA DELLE SCENE PIÙ STRUGGENTI: UN ANZIANO CRONISTA D' AGENZIA CHE SI FACEVA ISPEZIONARE IL CUOIO CAPELLUTO DA UN PARLAMENTARE DELLA SINISTRA DC..."
-Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Esarebbe perfino bello poter scrivere: oh, addio Transatlantico, e con il debito sottofondo di ottoni, oh addio retropalco della politica, sala d' attesa delle decisioni collettive, tempio di voci e maldicenze, porto di mare di mille traffici, addio, addio...
Ma non è il caso. Cessino pertanto tromboni, trombette e pifferi dell' elegia, perché la decisione è molto di più che un modo per togliersi momentaneamente dalle scatole i giornalisti, e forse anche qualcosa di molto peggio. È l' epidemia che riconfigura le istituzioni parlamentari, è la gestione politica del virus che si sceglie nuovi spazi, tempi e soggetti da escludere; in altre parole è il lockdown della democrazia rappresentativa.
Spinti da ragioni di necessità, di immunità e un po' anche di fifa (anche se non superano la decina i deputati infetti), gli onorevoli Questori, insieme ai capigruppo, hanno infatti deciso di allargare l' aula estendendola alle tribune (della stampa e del pubblico) e al cosiddetto, con linguaggio massonico, Salone dei Passi Perduti - nome che mai come ora suona sciaguratamente appropriato. Nel grande atrio liberty floreale, progettato alla fine dell' 800 dall' architetto Basile sullo stile delle grandi navi passeggeri impiegate nelle rotte intercontinentali, verranno prestissimo approntate delle non meglio identificabili, ma già battezzate "postazioni" atte a garantire le distanze di sicurezza.
E qui di nuovo potrebbe sciogliersi la nostalgia per i bei tempi che furono, quando il Parlamento era centrale; e varcata con la dovuta emozione una fatale vetrata, sulla fastosa ribalta di legni scuri pregiati e divani color rosso pompeiano, si parava dal vivo lo spettacolo dei Grandi Personaggi dei Partiti, annessi e connessi. Luogo per sua natura intermittente, il Transatlantico: le nobili battaglie, le perfide ingiurie, le indimenticabili scenate, gli schiaffi, i pettegolezzi, le risate, gli impicci, le visite di Stato, gli sputi, i sonni e la sporcizia durante l' ostruzionismo.
E i giornalisti, naturalmente, da domani cacciati. Un po' testimoni, ieri, un po' ruffiani, un po' padroni, un po' predoni, un po' turisti, un po' piazzisti. Alcuni stazionavano sui divani a fare flanella; altri (pochi) coi loro bloc notes a «fare multe» (Andreotti dixit); altri, vecchissimi, dormivano o bisticciavano, alla lunga confondendosi con i politici. Una delle scene più struggenti, sbircicata nella penombra deserta: un anziano cronista d' agenzia che si faceva ispezionare il cuoio capelluto da un parlamentare della sinistra dc...
E si potrebbe continuare a lungo, inseguendo la scia di profumo che lasciava dietro di sé l' elegantissimo Colombo, le nuvole del sigaro di Riccardo Lombardi o le fetenti Celtic di Pannella; il carisma scapigliato di Berlinguer, gli scatti di La Malfa, lo struscio su e giù, a braccetto ma con occhi saettanti, di De Mita e di Mancini; e gli sbuffi e i fremiti di Craxi, che lì dentro sapeva di perdere tempo, e poi le barzellette di Berlusconi e a un certo punto perfino Cicciolina... Ma basta.
Basta perché in verità, dopo l' arrivo dei telefonini e di internet, il Transatlantico aveva perso molto del suo peso e anche della sua poesia, non più luogo di appuntamenti, tanto meno cassa di risonanza.
Quanto ai giornalisti, è pur vero che all' inizio della storia repubblicana non erano ammessi a calpestare quei marmi. Piano piano, semmai, vi erano penetrati, taluni allargandosi a «raccogliere cicche» (secondo Bettino) e a frugare nei cestini, (pure interessanti, per quanto e in concorrenza con svariati spioni). Presenza stabile, ma incerta, vedi i periodici propositi di mettere al bando l' informazione, via dal Transatlantico, sciò, sciò.
Ma ecco. Sulla spinta della più indiscutibile "necessità" sanitaria si afferma un irresistibile rivolgimento culturale e politico che rimodella i ruoli, gli spazi, i pieni, i vuoti, l' architettura, tutto. Le epidemie sono da sempre un grande laboratorio di riconfigurazione degli equilibri e del potere.
Il modo in cui le si affronta mette in scena un' idea, tutta politica, delle istituzioni; e in questo caso rivela, forse senza saperlo, comunque senza ammetterlo, la disperata fantasia di salvezza di una classe parlamentare che si sente - e fa bene a sentirsi - non solo inutile, ma pure oggettivamente e terribilmente screditata.
Anche senza tirare in ballo la lezione di Foucault e della più evoluta filosofia, dalle loro ipersicure, tecnologiche e perciò sorvegliatissime "postazioni" i 630 di Montecitorio avranno forse modo di riflettere su una scelta che appare fin troppo simile all' isolamento disciplinare imposto, senza consultarli, a milioni di loro elettori. Lo stato di emergenza ha portato gli onorevoli al sacrificio, il loro e dell' informazione dal vivo, a beneficio non si capisce ancora bene di che cosa. Del tutto comprensibile il bisogno di sentirsi protetti dal covid-19, molto meno la muta accettazione rispetto al nuovo che li travolge e gli passa sopra - e nemmeno si potrà parlarne tra una vasca e l' altra lungo i Passi questa volta davvero perduti.