TROPPO POTERE IN UN UNICO UFFICIO: TUTTI CONOSCEVANO IL PROBLEMA DELLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA E NESSUNO HA FATTO NIENTE – LA POLITICA CHE OGGI SI STRACCIA LE VESTI PER IL PRESUNTO DOSSIERAGGIO, NEGLI ANNI, HA IGNORATO GLI ALLARMI DELLE PROCURE ITALIANE DI FRONTE ALL’ACCENTRAMENTO DEI POTERI SULLA DNA, DIVENTATA TERMINALE DI TUTTE LE SEGNALAZIONI DI OPERAZIONI SOSPETTE PROVENIENTI DA BANCHE E OPERATORI FINANZIARI – ANCHE DI FRONTE ALLE FUGHE DI NOTIZIE: CHI AVEVA INTERESSE A SFRUTTARE QUESTA SITUAZIONE?
-Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«Sorrido perché tutto ciò che oggi sta accadendo era ampiamente previsto e prevedibile, seppur non in queste proporzioni. Ma nessuno ha mosso un dito. Sono gli stessi che oggi gridano allo scandalo. Non sarà che avevano interesse a sfruttare questa situazione?».
Al telefono c’è uno dei magistrati antimafia più noti. Dice che no, un’intervista non è opportuno farla […]. E tuttavia non può che dirsi sorpreso nel vedere l’alzata di scudi della politica dopo l’indagine di Perugia.
Perché è la stessa politica che ha snobbato gli allarmi lanciati negli anni scorsi dalle più importanti procure d’Italia proprio sui rischi di accentrare presso la Direzione nazionale antimafia una serie di prerogative, prima fra tutte quella di essere il terminale della marea di Segnalazioni di operazioni sospette (155 mila nel 2022) provenienti da banche e operatori finanziari, senza prima dotarsi di sistemi di controllo, protocolli di accesso ai database e, non ultimo, le competenze necessarie per gestire le informazioni più sensibili dei cittadini italiani.
Una centralizzazione che sin dal suo inizio, nel 2018, si è prestata a possibili storture, come sempre accade quando si concentra un potere troppo grande in un unico ufficio, denominato Gruppo Sos e dove fino a pochi mesi fa lavorava il finanziere sotto inchiesta Pasquale Striano.
Quell’ufficio […] avrebbe dovuto essere strettamente vigilato. E invece — per lo meno fino all’arrivo del procuratore Giovanni Melillo che lo ha riorganizzato […] — non è accaduto. Perché? Davvero non si potevano evitare gli 800 accessi abusivi in cinque anni di Striano sui segreti bancari dei potenti italiani?
Il punto di partenza […] è il 2017 quando il Parlamento approva il decreto legislativo numero 90, che, in accordo con una direttiva di Bruxelles, riscrive la normativa antiriciclaggio. Al comma 8 dell’articolo 1 viene tirata in ballo proprio la Direzione nazionale antimafia stabilendo che «riceva dalla Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, per il tramite del Nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza, i dati attinenti alle segnalazioni di operazioni sospette ». Le famose Sos, appunto. Che sono documenti cruciali per gli investigatori, perché certificano senza dubbi passaggi di denaro tracciabili.
[…] La regola prevede che l’Antimafia possa aver accesso soltanto alle Sos che corrispondono con i nomi contenuti nel Sidda, un’altra banca dati accessibile dall’ufficio del Gruppo Sos che contiene le indagini giudiziarie delle procure distrettuali. In realtà utilizzando un accesso della Guardia di Finanza — come spesso Striano faceva — si poteva avere il quadro di tutto in tempo reale.
Che le Sos siano da maneggiare con cura lo hanno detto chiaramente […] i tre principali procuratori italiani: Francesco Greco, che allora reggeva l’ufficio di Milano, Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma, Giovanni Melillo capo a Napoli. Davanti ai parlamentari non hanno nascosto la perplessità sul sistema che si andava costruendo e che portava il flusso delle segnalazioni alla Dna, struttura di primissimo livello ma che non lavora come un ufficio di intelligence finanziaria.
Quel grido di preoccupazione viene lasciato cadere. Pochi mesi dopo ci sono due scontri. Il primo con il ministro Alfonso Bonafede che conferma la centralizzazione delle Sos alla Dna, nonostante secondo alcuni magistrati la direttiva dell’Unione europea in realtà imponesse qualcosa di diverso. Il secondo tra la procura di Milano e la Dna quando Greco scopre che in via Giulia era stata preparata un’informativa sui movimenti finanziari della Lega.
Secondo lui esulava dalle competenze dell’Antimafia, anche perché su quella vicenda era in corso un’indagine dell’ufficio milanese. Le due polemiche non portano a nulla. Il modus operandi del Gruppo Sos resta lo stesso. Non lo cambia neanche Giovanni Russo, responsabile dell’ufficio, ossia il magistrato a cui il sostituto Antonio Laudati (indagato a Perugia) doveva rispondere e che ora è stato messo dal governo Meloni a capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria.
E niente si muove anche di fronte ad alcune clamorose fughe di notizie, in realtà non tutte attribuibili alle attività di Striano. In tanti alla Banca d’Italia ricordano la telefonata di fuoco di Rocco Casalino (che non c’è nell’elenco degli spiati di Striano) all’allora governatore Ignazio Visco: si lamentava che fosse uscita sui giornali una Sos sul suo fidanzato. E ne chiedeva conto a un attonito Visco.