UCCI UCCI, HANNO CONDANNATO CASTELLUCCI – L’EX AD DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA È STATO GIUDICATO COLPEVOLE DI OMICIDIO E DISASTRO COLPOSO, E CONDANNATO A 6 ANNI, PER LA STRAGE DEL BUS CHE NEL 2013 FINÌ IN UN DIRUPO AD ACQUALONGA, IN PROVINCIA DI AVELLINO, CAUSANDO 40 MORTI – RIBALTATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE DI PRIMO GRADO, ANCHE GRAZIE AI DOCUMENTI SALTATI FUORI NELL’INCHIESTA SUL PONTE DI GENOVA – OLTRE ALLA CONDANNA, CASTELLUCCI IERI HA RIMEDIATO UN’IMPUTAZIONE PURE NELL’INCHIESTA BIS SULLE AUTOSTRADE LIGURI
-Estratto dell’articolo di Fabio Amendolara per “La Verità”
Le accuse di omicidio e disastro colposi costano 6 anni di reclusione all’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (Aspi), Giovanni Castellucci, per la strage del bus che il 28 luglio 2013, sulla A16, travolse una barriera autostradale e finì in un dirupo ad Acqualonga, in provincia di Avellino.
I giudici della Corte d’appello di Napoli ieri hanno ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado. E anche il direttore generale dell’epoca, Riccardo Mollo, è stato ritenuto colpevole: 6 anni anche per lui. Stessa pena per i dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna.
Ridotta invece la pena per il dirigente di Aspi Nicola Spadavecchia e per il direttore di tronco Paolo Berti: 5 anni di reclusione a testa. Rideterminate a 3 anni di reclusione, invece, le pene per Gianluca De Franceschi (dirigente di Aspi), per Gianni Marrone (dipendente di Aspi) e per Bruno Gerardi (dipendente di Aspi).
Un peso devono averlo avuto i documenti saltati fuori dall’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi a Genova. Nel 2019, si è scoperto, Castellucci propose a Paolo Berti, suo numero tre, di entrare in Alitalia, società «della quale l’indagato puntava a diventare presidente con deleghe».
Doveva essere, secondo gli inquirenti, un premio per la sua fedeltà alla linea aziendale nel processo di Avellino sull’incidente del bus, ma anche uno stimolo per continuare a difendere il capo nel futuro processo per il crollo del Morandi.
«Si ricava chiaramente», annotarono gli inquirenti genovesi, «che Berti e Castellucci, coimputati con altri, erano stati difesi nel processo di Avellino, nel quale Aspi era responsabile civile, seguendo una linea difensiva evidentemente comune, che mirava a non far emergere che i vertici di Aspi fossero informati circa le concrete e singole vicende di cattiva manutenzione di ciascun tronco, difendendo in tal modo anche la società e le sue casse».
Per le toghe genovesi dalle intercettazioni sarebbe emerso in modo «chiaro» che «Castellucci si è avvantaggiato di tale linea difensiva, che del tutto verosimilmente ha contribuito a determinarne l’assoluzione in primo grado».
La sentenza di primo grado […] condannò solo otto dei 15 imputati, tra le proteste dei familiari delle 40 vittime (erano tutte provenienti da un pellegrinaggio). Il capo della Procura di Avellino, Rosario Cantelmo, affermò in aula che «la strage non ci sarebbe stata se Autostrade avesse provveduto alla manutenzione del viadotto». E fu accertato il degrado in cui versava la barriera […]. Il sostituto procuratore generale, Stefania Buda, in appello aveva chiesto 10 anni per Castellucci. […]
A Castellucci, in particolare, veniva contestata la «violazione delle norme che garantiscono la circolazione autostradale in condizioni di sicurezza, di avere omesso di provvedere alla riqualificazione dell’intero viadotto Acqualonga con la necessaria sostituzione delle barriere di sicurezza con quelle marcate Ce, in ragione della intervenuta non conformità normativa di quelle esistenti al momento del sinistro, non adeguate a una infrastruttura autostradale».
Il bus, che aveva percorso oltre 1 milione di chilometri, si è scoperto, circolava con un certificato di revisione falso. Sia in primo grado sia in appello, accusa e difesa si sono confrontate proprio su questi elementi: la manutenzione e la qualità delle barriere di sicurezza autostradali e lo stato di manutenzione e sicurezza del bus. Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere 90 giorni, ma già dalla lettura del dispositivo risulta evidente l’accoglimento delle richieste dell’accusa.
[…] «Non posso togliermi dalla testa che questa sia una giustizia condizionata dall’esigenza superiore di trovare un capro espiatorio in presenza di tante vittime alle cui famiglie va, ancora una volta, il mio sincero e profondo cordoglio», ha commentato poco dopo proprio Castellucci.
Per lui ieri deve essere stata una giornata nera, visto che, oltre alla condanna, ha rimediato un’imputazione pure nell’inchiesta bis sulle autostrade liguri: il 9 novembre comincerà l’udienza preliminare per i 47 imputati. L’indagine riguarda i presunti falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (avvenuto il 30 dicembre 2019) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel.