GLI UNICI ITALIANI IN QATAR PER IL MONDIALE SONO I 560 MILITARI DELL'OPERAZIONE "ORICE" – L’ITALIA, INSIEME AD ALTRI PAESI, HA SPEDITO NELL'EMIRATO LE PROPRIE TRUPPE PER ASSICURARE CHE IL MONDIALE SI SVOLGA SENZA PROBLEMI – IL RACCONTO DEI MILITARI: “SE FOSSIMO CHIAMATI A INTERVENIRE, SAREMMO DI FRONTE A QUESTIONI SERIE. LA NOSTRA VITTORIA È SE NON SUCCEDE NULLA” – I SOLDATI POTREBBERO ENTRARE IN AZIONE IN CASO DI...

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Estratto dell’articolo di Matteo Pinci per “la Repubblica”

 

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Al centro della base c’è una tribunetta con riflettori da stadio accesi tutta la notte. Ma nemmeno un pallone da illuminare: lì è impegnata una squadra italiana che a calcio non gioca neppure per passare il tempo. Lasciandosi Doha alle spalle bisogna percorrere 30 chilometri nel deserto per arrivare alla base di Al Qaqaa, dove 380 militari delle forze armate lavorano da ottobre.

 

I soldati della missione “Orice”, contributo italiano da 10 milioni di euro per la sicurezza del Mondiale in Qatar concesso da Draghi. Il Mondiale qui però non sembra mai iniziato. Nella sala mensa al piano terra di una delle due palazzine basse che ospitano le unità servono riso, verdure al pomodoro, pollo o pesce, anelli fritti di cipolla e un dolce, tipo panna cotta.

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«A me si è bruciato il decoder, vedere le partite è difficilissimo», sorride un ragazzo in mimetica desertica, mentre spegne la sigaretta dopo pranzo. «Si vedono sul telefonino con la Vpn, ma ogni tanto salta». Lo spazio per organizzare un piccolo Mondiale in questa caserma nel nulla, che i qatarini hanno costruito apposta per noi, ci sarebbe: in palestra c’è un campetto polifunzionale, ma in missione giocare a calcio è sconsigliato: «Ci si potrebbe far male. E non possiamo permetterci infortuni».

 

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Perché qui non succede nulla, ma si vive come se tutto dovesse capitare da un momento all’altro. «In cuor suo, nessuno spera nell’azione: se fossimo chiamati a intervenire, saremmo di fronte a questioni serie». Chi è qui infatti ha competenze specifiche richieste dal Qatar per la propria sicurezza: una squadra può, tramite un cannone a onde elettromagnetiche, inibire il volo di droni che potrebbero trasportare materiali esplosivi. […]

 

La prima missione è stata scandagliare il canale di accesso al porto di Doha con Remus, una sorta di sonar che permette una ricostruzione 3D del fondale: ha trovato solo rocce e qualche copertone. E a nessuno dispiaceva. «La nostra vittoria è se non succede niente», se finisce zero a zero.

 

pattugliatore thaon di revel

Al porto di Mesaieed è attraccata da un paio di giorni anche la Thaon di Revel, pattugliatore di ultimissima generazione rilasciato a marzo: la cabina di pilotaggio – anzi, il cockpit – sembra di un aereo e infatti non ha precedenti navali. Monitora le acque internazionali, insieme a pattugliatori pachistani: la missione include anche americani, inglesi, francesi, turchi. «Ciò ha creato un forte legame tra i nostri Paesi – ci dice in buon italiano il capitano Fahad, della Difesa del Qatar – che durerà in future cooperazioni». Il Qatar è il secondo produttore di gas liquido al mondo: sa già come sdebitarsi.

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