NELLE URINE DELLA 17ENNE UZBEKA CHE HA DENUNCIATO UNO STUPRO DI GRUPPO DA PARTE DI 3 SCHERMIDORI LO SCORSO AGOSTO A CHIANCIANO TERME SONO STATE TROVATE TRACCE DI EROINA – I CELLULARI SEQUESTRATI E IL MESSAGGIO DI UNO DEI TRE GIOVANI COINVOLTI: “TUTTO BENE?” – PER LA PROCURA NON C’ERANO I REQUISITI PER PROCEDERE, DI PARERE OPPOSTO L’AVVOCATO DELLA RAGAZZA - LA MAMMA DELL'ATLETA UZBEKA: “SERVIVANO PIÙ INDAGINI”. I PM: “FALSO…"
-Simone Innocenti per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Sono sconvolta. In questo momento penso solo a mia figlia, che ha avuto e ha bisogno di me dopo quello che gli è successo. Sono dispiaciuta per la nota della Procura di Siena: come mamma e come genitore mi sarei aspettata di più», dice la madre della schermitrice dell’Uzbekistan che, lo scorso agosto, quando aveva 17 anni, ha denunciato tre atleti, tra cui un minorenne, accusandoli di violenza sessuale di gruppo nella stanza di un hotel di Chianciano Terme (Siena) dove le squadre erano in ritiro. «La signora sta tornando da sua figlia», spiega l’avvocato Luciano Guidarelli, legale della ragazza.
Dopo aver letto le dichiarazioni dello stesso Guidarelli, ieri mattina il procuratore capo Andrea Boni ha inviato un comunicato stampa per «respingere qualsiasi accusa di inerzia». «Chiederò che questa indagine sia avocata dalla Procura generale di Firenze.
In oltre sette mesi, questo caso non è stato trattato come codice rosso, la mia assistita non è mai stata ascoltata a Siena e non sappiamo nulla», aveva detto l’avvocato capitolino.
Ma cosa emerge invece dalle tre pagine firmate dal procuratore Andrea Boni? Durante l’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Serena Menicucci, la vittima è stata sentita dalla Mobile di Roma «in osservanza del codice rosso», il 9 agosto: ci sono anche uno psicologo e una interprete, l’incontro viene filmato.
Tutto è iniziato quattro giorni prima quando i carabinieri della stazione di Chianciano Terme avvisano la magistratura del presunto caso di stupro. La sera stessa la Procura fa sequestrare i due telefoni cellulari ai due schermidori azzurri — un milanese di 18 anni e un foggiano di 20, finiti sul registro degli indagati con un minorenne — mentre la polizia acquisisce le telecamere di sicurezza dell’hotel e del pub dove, a detta della vittima, si era recata poco prima dello stupro e dove avrebbe bevuto «una birra». La polizia acquisisce i referti medici nei due ospedali romani dove si è presentata la ragazza: nelle urine viene trovata traccia di droga, eroina.
Il giorno dopo l’audizione — vale a dire il 10 agosto — la Procura ordina alla polizia capitolina di sequestrare il cellulare alla ragazza. C’è un messaggio di uno dei tre giovani coinvolti: «Tutto bene?».
E l’inchiesta prosegue: il 14 agosto c’è la delega ai carabinieri di Siena per ricostruire una vicenda «che sin dall’inizio presentava indubbi profili di complessità»: l’informativa viene depositata il 20 febbraio. Il 14 settembre, invece la squadra mobile romana ascolta il personale medico che aveva assistito la ragazza nella Capitale. E il primo dicembre la Procura di Siena nomina un consulente tecnico per analizzare i cellulari sequestrati: il professionista non avrebbe, tra l’altro, trovato immagini della notte in quella stanza.
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Nel corso delle indagini la Procura «ha valutato di non procedere con richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti degli indagati non ravvisandone i presupposti», chiosa il procuratore capo Andrea Boni.
La Federscherma e la Procura federale, che più volte hanno chiamato la Procura, lo hanno fatto a vuoto solo perché «è stata rappresentata più volte l’impossibilità di comunicazioni formali in pendenza di indagini preliminari», conclude il procuratore Boni. «Mi rende molto perplesso che la Procura non abbia ritenuto necessaria l’applicazione delle misure cautelari nei confronti degli indagati come più volte ho richiesto», dice tuttavia l’avvocato Guidarelli, legale della vittima.
«Gli indagati si dichiarano innocenti, non avendo essi mai usato violenza nei confronti di nessuno», dice l’avvocato Enrico De Martino, legale dei due indagati.