VENETO AL COLLASSO: REPARTI STRAPIENI E TANTI MORTI. ALCUNI INFERMIERI INDOSSANO IL PANNOLONE DURANTE IL TURNO PERCHÉ MANCA ANCHE IL TEMPO PER ANDARE IN BAGNO - IERI L'ENNESIMA GIORNATA NERA: 101 DECESSI E 2.076 NUOVI CASI. SONO 79.825 GLI ATTUALMENTE POSITIVI, PRIMATO NAZIONALE MANTENUTO DA UN MESE - DEI 700 POSTI LETTO ATTIVI NELLE TERAPIE INTENSIVE, IERI MATTINA 351 ERANO OCCUPATI DA PAZIENTI COVID - PER I SANITARI LA SITUAZIONE È FUORI CONTROLLO...

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Laura Berlinghieri per “la Stampa”

 

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 «I posti letto sono al limite: in area medica e in Rianimazione; per i pazienti Covid e non, con una netta predominanza dei primi». Lo sguardo di Mirko Schipilliti (Anaao), medico del Pronto soccorso del Sant' Antonio di Padova, è parziale. Ma il quadro che dipinge è sovrapponibile a buona parte delle strutture venete. Ieri, per la diffusione del contagio, nella regione è stata l' ennesima giornata nera: 101 decessi e 2.076 nuovi casi. E sono 79.825 gli attualmente positivi, primato nazionale mantenuto da un mese.

 

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Complice la stretta di Natale, la pressione negli ospedali sta lievemente diminuendo. «È il 14esimo giorno di calo», spiegava ieri il governatore Zaia. Dei 700 posti letto attivi nelle terapie intensive, ieri mattina 351 erano occupati da pazienti Covid. «Il picco è stato raggiunto tra il 31 dicembre e l' 1 gennaio, con 663 ricoveri. Da allora l' occupazione è calata continuamente» precisa il direttore della sanità regionale, Luciano Flor.

 

«La diminuzione è lenta, ma costante. Credo si stiano finalmente vedendo i frutti delle restrizioni», aggiunge il sindaco di Treviso, Mario Conte. «Continuiamo a fare tantissimi tamponi, ma le positività sono il calo e registriamo moltissimi asintomatici. È necessario continuare a stringere i denti, ma pretendiamo ristori per chi ha dovuto fermare le attività». L' augurio è che le oscillazioni nei contagi e nei ricoveri possano diventare un trend, ma per ora la situazione resta critica.

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L' ultimo report di Ministero della salute e Iss indica che il Veneto ha superato da settimane le soglie del 30% e 40% di occupazione dei posti letto in Rianimazione e in area medica, rispettivamente al 37% e al 45%. D' altra parte la regione è stabilmente nella «fase 5», la più grave, del piano ospedaliero. Fase che, se la pressione dovesse aumentare, potrebbe condurre all' attivazione di 6.000 posti letto di area medica e 1.000 di Terapia intensiva.

 

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Punto su cui non si placa la polemica. «Numeri gonfiati. Il Veneto ha dichiarato al Ministero della Salute di poter attivare 1.000 posti letto di Rianimazione solo per rimanere in zona gialla, ma manca il personale per 300 di questi», l' accusa di Pasquale Santoriello (Anaao), chirurgo ortopedico nell' ospedale di Montebelluna. Struttura del Trevigiano che, a metà dicembre, era stata controllata dagli ispettori del Ministero della Salute. Continua Santoriello: «Ieri notte, uno dei due medici di guardia nel reparto Covid era un ortopedico, a supporto dell' internista. C' è difficoltà con turni e riposi, considerando i tanti contagi tra il personale. Ortopedici e otorini aiutano i colleghi, ma alcuni non praticano l' arte medica da 30 anni, facendo solo chirurgia».

 

 

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Tra i sanitari contagiatisi sul lavoro c' è Andrea Zancanaro (Anaao), allergologo e internista all' Angelo di Mestre. «Sono positivo dal 22 dicembre, ricoverato tre giorni in Medicina» racconta. «Lavoro in area non Covid. Alcuni pazienti si sono positivizzati durante il ricovero - il virus ha un periodo di incubazione anche di 14 giorni, quindi il rischio non può essere "zero" - e da lì è divampato il focolaio, con il contagio di noi medici».

La situazione, per i sanitari, è difficile. «Bardata come un' astronauta, mi sono ritrovata a pensare al mio respiro. A volte mi devo fermare, perché non ho fiato», è la testimonianza di Eleonora Losito, infermiera a Villa Salus, a Mestre. Lo sforzo a cui sono sottoposti i sanitari è drammatico. Un mese fa i sindacati confederali padovani denunciavano che alcuni infermieri indossavano il pannolone durante il turno, mancando il tempo per andare in bagno. Il racconto prosegue con le parole di un medico della Medicina Covid dell' Angelo, a Mestre. «I posti di Rianimazione sono preziosi e scarseggiano, a maggior ragione ora. Per questo è difficile che il reparto sia riempito con 90enni. Significherebbe non avere disponibilità per il ricovero di un 30enne, dopo un incidente».

 

Negli ospedali veneti è un gioco di incastri. Eppure di tutto si tratta fuorché di un gioco. «Da novembre, in reparto, non c' è stato un giorno con un solo letto libero», spiega Andrea Vianello, responsabile della Sub-intensiva dell' Azienda ospedaliera di Padova. «Ieri mattina si è liberato un letto, è stato occupato in due ore. I pazienti sono molto gravi e la mortalità è del 10%. Abbiamo ricoverato persone dai 23 ai 94 anni. Si lavora in sinergia tra i reparti, cercando un equilibrio. Quando si è al limite, si cerca di trasferire più rapidamente il degente verso una più bassa intensità di cure, dando spazio al paziente che necessita di essere ricoverato».

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Il carico è importante anche nelle Malattie infettive di Venezia e Mestre, entrambe prossime al limite. «Il ricovero d' elezione per un positivo è qui» spiega Giovanni Leoni, chirurgo a Venezia e vicepresidente nazionale dell' Ordine dei medici. «Se non c' è posto, si dirotta il paziente altrove, spesso in Medicina».

 

Ma, nella pandemia, le altre patologie non hanno avuto pietà del quasi totale stravolgimento delle attività ordinarie operato negli ospedali veneti, per ricavare spazi, personale, macchinari con cui curare i pazienti positivi. Ad accendere la luce su questo aspetto è Ivano Dal Dosso (Anaao), chirurgo a San Bonifacio, nel Veronese.

«Qui e a Villafranca le Rianimazioni sono dedicate solo al Covid. Se dovesse arrivare un paziente con necessità di una Terapia intensiva "pulita", non la troverebbe e andrebbe trasferito in un centro hub. Il Covid è la priorità, ma non possiamo far finta che le altre patologie siano sparite».

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