LA VERSIONE DI MUGHINI - LEGGO, ORA SUL “FATTO” ORA SULLA NEWSLETTER DI “MICROMEGA”, UN ACCORATO ALLARME, CHE MARIO DRAGHI FINORA NON HA APERTO BOCCA SUL CASO UMANO RAPPRESENTATO DA UN LEGHISTA DI TERZA FILA CHE HA FATTO RUMORE CON LA BOCCA SOSTENENDO CHE UN CERTO PARCO A LATINA DOVEVA ESSERE INTESTATO NON PIÙ A FALCONE E BORSELLINO E BENSÌ AD ARNALDO MUSSOLINI, IL FRATELLO DEL DUCE - VORREI BEN VEDERE CHE SE NE OCCUPASSE IL NOSTRO CAPO DEL GOVERNO, MARIO DRAGHI, UNO CHE HA DA PENSARE AL NOSTRO DEBITO PUBBLICO E ALLA...
-Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, ci sono giornali e riviste che dalla mattina alla sera ci invitano a essere migliori di quello che siamo, a tenere alta la fronte del Bene, in particolare a dirci “antifascisti” ogni volta che respiriamo, e ci mancherebbe altro che dimenticassimo di farlo.
Leggo perciò, ora sulle pagine del “Fatto” ora sulla newsletter della rivista “Micromega”, un accorato allarme, che Mario Draghi finora non ha aperto bocca sul caso umano rappresentato da un leghista di terza fila che ha fatto rumore con la bocca sostenendo che un certo parco a Latina doveva essere intestato non più a Falcone e Borsellino e bensì ad Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce.
Allarme allarme allarme, sostengono in poche parole questi sacerdoti del Bene che vorrebbero denunciare che si sta affievolendo nel nostra Paese la sensibilità “antifascista”. E che di questo affievolirsi è complice persino il capo del nostro governo, il quale ahimè non addita il malfattore al pubblico disprezzo, che non lo riempie di contumelie, che non gli toglie il diritto alla sanità gratuita, che non va a bussare alla sua porta per poi prenderlo a ceffoni da quanto il signor Nessuno ha minacciato la Costituzione antifascista su cui si regge il nostro viver comune. Nientemeno.
Ne parla uno che in materia di fascismo e antifascismo non deve imparare niente da nessuno, Andai da Umberto Terracini nel suo ufficio al Senato, da uno che stava compiendo aveva 85 anni, di cui 17 passati nelle celle fasciste.
Avevo amorosamente frequentato l’azionista e socialista Vittorio Foa, uno che in quelle celle fasciste aveva passato 10 anni e che mi aveva raccontato la volta che nel carcere di Regina Coeli gli arrivò il boato del 10 giugno 1940, il giorno in cui da Palazzo Venezia Benito Mussolini aveva dichiarato guerra alla Francia e all’Inghilterra, le nostre nazioni cugine e più che questo.
Era il tempo del cozzo tra fascismo e antifascismo, un cozzo che è durato fino all’aprile del 1945. Fino a quel giorno in cui un uomo avvilito dalla brutale sconfitta politica e la sua compagna furono astretti contro un muro e ammazzati come cani a saldare un debito contratto nell’ottobre 1922, un secolo fa.
Un secolo fa, laddove oggi quella diade fascismo/antifascismo non ha la benché minima ragion d’essere. Nessuna ragion d’essere, e anche se c’è un cretino da quattro soldi che a proposito di un parco a Latina pronunzia a vanvera il cognome di un Mussolini.
Un cretino e basta, di cui vorrei ben vedere che se ne occupasse il nostro capo del governo, Mario Draghi, uno che ha da pensare al nostro debito pubblico che aumenta a botte di quasi dieci miliardi a volta, ad aziende operanti in Italia che minacciano di buttare sul lastrico centinaia di dipendenti a volta, alla possibile quarta ondata di un virus che ci ha attaccato un anno e mezzo fa, un virus a causa del quale sono morti più americani che non in tutte le loro guerre del Novecento.
Questi che denunciano “il silenzio” di Draghi sono degli antifascisti post factum, quando la partita è finita e l’arbitro ha inviato tutti negli spogliatoi? No, sono degli imbecilli che se ne fanno una sublime vanteria di tirare palle in faccia a un leghista che è solo un caso umano e di cui mi vergognerei se solo citassi il nome.