VI SIETE ROTTI LE BALLE DEL “BODY POSITIVITY”? GUARDATE SE VI CONVINCE IL PARTITO DEL “BODY NEUTRALITY”, IL MOVIMENTO CHE INVITA A CONSIDERARE IL CORPO IN MANIERA FUNZIONALE E NEUTRALE, SENZA ESSERE CONSIDERATO BELLO O BRUTTO - UNA VERSIONE RIVISITATA DI SLOGAN COME ''IL CORPO È MIO E LO GESTISCO IO'' E ''NON C'È BISOGNO DI PROVARE DEI SENTIMENTI VERSO IL PROPRIO FISICO''. L’IPOCRISIA DELLA POSITIVITÀ A TUTTI I COSTI VERSO IL PROPRIO CORPO E' VISTA COME UN'ALTRA GABBIA DA ROMPERE…

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Caterina Soffici per “la Stampa”

 

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L'importante per loro è andare oltre. Oltre il bello e il brutto. Oltre il grasso e il magro. Oltre il troppo o il poco. Superare il concetto di corpo come luogo dell'accettazione o del rifiuto: non è necessario odiarlo o amarlo. Basta apprezzarlo per quello che è in grado di fare. Queste gambe? Mi servono per andare da un posto all'altro, quindi devono essere forti e sane. Non mi interessa se sono grasse, magre, corte o lunghe, belle o brutte. Funzionalità più che apparenza.

 

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Queste braccia? Mi servono per dare abbracci, perché sono un essere umano. Mi servono per tenere al collo un bambino. Per spostare un oggetto dal tavolo allo scaffale. In inglese si chiama "Body Neutrality" e il movimento che lo divulga invita a considerare il corpo in maniera neutrale. Uso la parola straniera - solo questa volta, prometto -, ma è impossibile evitarlo, visto che il movimento è nato nei paesi anglosassoni e con questo termine è conosciuto e si è sviluppato su Instagram e Tik Tok, dove gli ultimi video della sua paladina, Erynn Chambers, hanno totalizzato più di sei milioni di visualizzazioni. Andare oltre significa superare il lato estetico del proprio corpo.

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Rifiutare l'idea del corpo come una costrizione ad uso e consumo di altri, come accade con la fiumana di insulti sui social rivolti a corpi e volti "non convenzionalmente belli". Ma rifiutare anche la reazione uguale e contraria, ovvero la dichiarata intenzione di guardare al proprio corpo sempre in modo positivo, anche quando non ce n'è una oggettiva motivazione e quindi la costrizione ad accettarsi comunque.

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Questione complicata, in un mondo dove a dominare il dibattito pubblico sono le polemiche sulla bellezza o la bruttezza e dove molta parte della vita sociale avviene in un luogo virtuale, dove comanda l'immagine, fatta di selfie e di una realtà posticcia, fatta di sorrisi, felicità, tramonti e perfezione. Mai nessuno che posti una cosa neutrale. Se è online deve essere bella. O volutamente brutta.

 

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O provocatoriamente poco estetica, come la cellulite o le pance diversamente piatte ostentate durante l'estate dalle influencer (mi si nota di più con cellulite o senza?) come reazione alla dittatura dei corpi perfetti, modellati da ritocchi chirurgici fisici o solo virtuali, grazie ai programmi dei telefonini o di Photoshop. Le donne (sì, sono soprattutto donne e il perché è facilmente intuibile) del Movimento della Neutralità del Corpo si ispirano agli anni Sessanta e al movimento di liberazione femminile.

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Il loro credo è una versione rivisitata in chiave moderna di slogan come il corpo è mio e lo gestisco io. I messaggi sono di questo tenore. «Se ti guardi allo specchio forse non puoi dire sono bellissima, perché oggettivamente non lo sei e anche tu non ci credi. Però puoi dire: sono un bellissimo essere umano.

 

E questa è una verità indiscutibile». Il nuovo concetto della neutralità è che non c'è bisogno di provare dei sentimenti verso il proprio corpo. Quindi andare oltre alla positività verso il proprio corpo, vista come un'altra gabbia da rompere. Anche essere positivi a prescindere è una forma di schiavitù o una finzione.

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Per esempio, se hai una malattia o una disabilità, specie se progressiva, avere un atteggiamento positivo verso un corpo che ti sta tradendo è una farsa e anche un'offesa. Meglio una accettazione neutrale. Questo atteggiamento di neutralità corporale è anche consigliato da alcuni terapisti ai pazienti con problemi di immagine corporea. Siamo oltre l'Essere o avere di Erich Fromm, altro classico degli anni Sessanta, siamo all'Essere o apparire.

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Ovvero, non importa come appaio, ma cosa faccio, chi sono, cosa motiva le mie azioni. C'è poco da fare, obietterà qualcuno. La natura umana è fatta così: da sempre è attratta dall'orrido o dal bello. Per cui la donna barbuta era esposta nei tendoni dei circhi e oggetto di scherno. E la donna angelicata era dipinta e venerata.

 

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Ma con un piede ormai ben dentro il Terzo Millennio e in una società sempre più liquida e tecnologica, il tentativo di andare oltre gli stereotipi estetici classici è un esperimento interessante. O forse semplicemente abbiamo scoperto l'acqua calda, ovvero che siamo quel che siamo.

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