IL VIAGGIO DI RITORNO DEL VIRUS – CITTADINI CHE TORNANO DAI VIAGGI DALL’ESTERNO CONTAGIATI E COMPORTAMENTI IRRESPONSABILI: IN ITALIA NUOVI PICCOLI FOCOLAI SI STANNO ACCENDENDO DAL TRENTINO ALLA SICILIA METTENDO A DURA PROVA LE ASL CHE SI OCCUPANO DI SORVEGLIANZA E INTERVENTO – LO PALCO: “IL PROBLEMA DELL’IMPORTAZIONE C’È. IL TRACCIAMENTO HA FUNZIONATO” – LA MAPPA DEI NUOVI FOCOLAI
Margherita De Bac per il “Corriere della Sera”
Casi importati o di ritorno. Infezioni veicolate in Italia da persone che si sono recate all’estero, nei Paesi dove la pandemia è nel pieno. È la nuova modalità di diffusione del Sars-CoV-2, già osservata nelle aree colpite prima di noi (la Cina) e che adesso caratterizza la fase due del Covid-19. Focolai di piccola e contenuta ampiezza che punteggiano la penisola mettendo a dura prova le capacità reattive dei dipartimenti di prevenzione delle Asl, incaricate della sorveglianza e del rapido intervento per circoscrivere le zone interessate.
Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, ma anche Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Sicilia. Sembra che il virus voglia dare un messaggio a chi crede che tutto sia sopito. Ehi, sono ancora qua, non mollo la presa e alla prima occasione rispunto fuori.
L’«occasione» in queste settimane sono i cittadini che tornano dall’estero contagiati. Per la maggior parte extra Schengen (cingalesi, pakistani, ex Jugoslavia) ma anche nostri connazionali in viaggio di lavoro.
L’epidemiologo Pierluigi Lopalco, capo della task force pugliese per il coronavirus, non nasconde la preoccupazione: «Il problema dell’importazione di casi contratti all’estero c’è. Se il sistema è efficiente ed è capace di identificare almeno il 70% dei focolai, il rischio di una nuova emergenza è però moderato. Il tracciamento è l’unica azione efficace. Finora ha funzionato».
Il fenomeno era atteso, ma fa paura perché qualcosa può sfuggire. Dopo tutto quello che è successo, i 34mila morti e le terapie intensive stracolme di pazienti, gli operatori sanitari a qualsiasi livello non dormono tranquilli. Nel Vicentino un manager in trasferta in Serbia, pur avendo chiari sintomi di malattia, dopo aver partecipato a un’affollata festa e a un funerale ha passato il virus ad altri 4, con oltre cento persone finite in isolamento.
Non è stato da meno in quanto a mancanza di rispetto un kosovaro di ritorno dal suo Paese che a Predazzo, in Trentino, ha eluso l’isolamento, ha fatto una festa per poi scoprirsi infetto: 8 contagiati.
La Toscana alza la guardia. Tra Firenze, Arezzo e le località costiere sono stati identificate piccole comunità di immigrati, in prevalenza peruviani e cingalesi, che si sono passati fra loro il virus all’interno di abitazioni sovraffollate. In Emilia-Romagna 117 positivi e 2 ricoverati in una ditta di spedizioni.
Uno strumento di difesa c’è ed è in mano ai servizi di prevenzione delle Asl che si muovono per «intervistare» i sospetti e rintracciare i contatti. Nell’ultimo rapporto sulla situazione epidemica il ministero ha fatto una chiamata alle armi: «È necessario mantenere elevata la resilienza sul territorio, continuare a rafforzare la consapevolezza e l’aderenza della popolazione, realizzare ricerca attiva e accertamento diagnostico, isolamento dei casi confermati, quarantena dei contatti stretti. Azioni fondamentali per controllare la trasmissione, identificare e fronteggiare recrudescenze epidemiche».
Le Regioni sono sul «chi va là». La Campania ha appena spento il focolaio di Mondragone, 73 positivi, 5 palazzine con 700 abitanti in prevalenza braccianti bulgari in quarantena (martedì 7 il liberi tutti). Il Piemonte incassa 13 contagi in Val d’Ossola, riconducibili a personale frontaliero.
Il Friuli Venezia Giulia ha appena avuto una brutta sorpresa: a Trieste, 8 positività collegate a un ufficio di pratiche import-export che lavora con i Paesi della ex Jugoslavia. Episodio significativo dopo diversi giorni a zero contagi. E poi il Lazio, Fiumicino, dove un inserviente del Bangladesh ha contagiato colleghi e proprietari di un ristorante.