VITA A-GRAMA PER MEDIASET – IL TRIBUNALE CIVILE DI MILANO HA RIGETTATO LA RICHIESTA DANNI FORMULATA DA RTI E MEDIASET CONTRO FAROUK “FRANK” AGRAMA - LE SOCIETÀ DEL BANANA CHIEDEVANO ALMENO 113 MILIONI PER LA QUESTIONE DELLA COMPRAVENDITA DEI DIRITTI TV 1999-2015 ATTRAVERSO L’INTERMEDIAZIONE DEL PRODUTTORE EGIZIANO-AMERICANO, COSTATA A SILVIO LA CONDANNA PER FRODE FISCALE - SECONDO I GIUDICI AGRAMA ERA UN VERO INTERMEDIARIO E…
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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Doccia fredda da 113 milioni di euro per Rti e Mediaset nel Tribunale civile di Milano. Nelle sentenze penali del 2012 sulla compravendita 1999-2005 di diritti tv Mediaset attraverso le intermediazioni del produttore egiziano-americano Farouk «Frank» Agrama, costata tra l' altro la condanna definitiva a Silvio Berlusconi per frode fiscale, un unico aspetto positivo pareva esserci per Mediaset: poter ottenere, in una successiva causa civile contro Agrama, i danni di quella «appropriazione indebita» (pur prescritta) che le motivazioni della sentenza penale addebitavano appunto ad Agrama.
Ma ieri il Tribunale civile di Milano, ritenendo di esercitare «il potere/dovere di rivalutare criticamente (alla luce anche del contraddittorio) i fatti già accertati in modo incontrovertibile in sede penale», rigetta la richiesta di danni formulata per almeno 103 milioni da Reti Televisive Italiane (il polo tv di Berlusconi) e per almeno 10 milioni da Mediaset, perché matura una convinzione opposta: Agrama era un vero intermediario, i contratti erano effettivi, e dunque «l' interposizione fittizia contestata nei capi di imputazione non sussiste!».
Addio soldi che Mediaset pensava di recuperare nella causa curata dagli avvocati Fabio Lepri e Salvatore Pino. E musica celestiale invece per Agrama, che con l' avvocato Roberto Pisano pregusta l' avvicinarsi dell' ora in cui in Svizzera potrà di nuovo disporre dei 148 milioni in sequestro dal 2005.
Il complesso dei processi penali istruiti dal pm Fabio De Pasquale aveva ritenuto provata la fittizietà, nelle catene d' acquisto dei diritti tv, dell' intervento delle società di Agrama in Usa e a Hong Kong, privo di qualsiasi ragione economica e tale da far sì che il costo sostenuto in più (rispetto al costo di acquisto originario dal produttore) fosse indebita maggiorazione lucrata da Agrama ai danni di Mediaset.
Al contrario, per il presidente della X sezione civile Damiano Spera (giudice della causa civile sull' appropriazione indebita di Agrama, senza riverberi sulla frode fiscale per cui furono condannati Agrama a 3 anni e Berlusconi a 4), Agrama aveva «una complessa organizzazione aziendale idonea a commercializzare i prodotti tv»; il «ricarico» del 50% era, almeno in via astratta, ragionevole in rapporto al rischio di invenduto sul mediatore; e «non solo non è provata una indebita maggiorazione di prezzo, ma dopo l' era di Agrama» Mediaset ha «dovuto subire condizioni negoziali peggiori delle precedenti».
Perciò, «dalla maggiorazione dei prezzi» rispetto a quelli praticati da majors come Paramount, «non può inferirsi automaticamente un meccanismo di appropriazione di risorse» di Mediaset, «ma, più semplicemente, un esempio di determinazione del prezzo nel libero mercato dei prodotti tv».
Convinzione che il giudice aggancia alla giurisprudenza di Cassazione per la quale non c' è appropriazione indebita laddove la condotta distrattiva (in questo caso di Agrama, ndr ) sia «comunque risultata idonea a soddisfare, anche se indirettamente, l' interesse della società (in questo caso Mediaset, ndr ), e non invece un interesse esclusivamente personale del disponente in contrasto con quello proprio della società».
Anche il giudice civile, come quelli penali, constata che Agrama fece avere 16 milioni a sei manager di Rti e Mediatrade a titolo di «consulenze». Ma per il giudice civile «manca la prova di una specifica pattuizione (ex ante) sul quantum in relazione a ciascun contratto», e quei pagamenti sarebbero invece stati «effettuati da Agrama con molta discrezionalità, per compensare i funzionari per le segnalazioni ricevute nonché anche per incentivare quelle future».