UNA VITA APPESA A UNA VOCE – UNA CARABINIERA HA SALVATO UNA MAMMA DI TRE FIGLI CHE VOLEVA SUICIDARSI LANCIANDOSI NEL VUOTO DAL PONTE TIBETANO DI PERAROLO, VICINO A BELLUNO: PER QUATTRO ORE HA PARLATO CON LA DONNA CHE AVEVA SUPERATO LE PROTEZIONI LATERALI E POGGIAVA I PIEDI SU UNO DEI TIRANTI PRONTA A FARLA FINITA – UNA LUNGA CHIACCHIERATA, MA SOLO IL TEMA DEI FIGLI L’HA CONVINTA A FARE UN PASSO INDIETRO...
-Cristina Contento per "la Stampa"
Ha parlato per oltre quattro ore con quella donna appesa al di là delle protezioni, in bilico su un traliccio del ponte tibetano di Perarolo. Solo quando le ha iniziato a ricordare dei tre figli e del dolore che avrebbe provocato loro con la sua morte, si è resa conto di aver fatto breccia in quella mente confusa che avrebbe portato la donna al salto nel vuoto. Un volo di ottanta metri fino al torrente Valmontina, che scorre in una delle aree wilderness più incontaminate.
Qui, una mamma trevigiana aveva deciso di farla finita: la carabiniera è riuscita a salvarla, convincendola a tornare dai suoi figli. Erano le 8 di ieri quando un escursionista ha segnalato al 112 la presenza di una persona con le gambe penzoloni sul ponte della Valmontina. Si pensava a qualcuno in difficoltà su quel canalone. La prima pattuglia ad arrivare è quella di carabinieri di Cortina: a bordo un graduato esperto e una giovane carabiniera. Lasciata la vettura di servizio, la pattuglia ha dovuto inerpicarsi a piedi lungo la strada forestale per raggiungere il ponte.
Ma una volta sul posto, lo scenario si è presentato in tutta la sua drammaticità: la donna non era un'escursionista in pericolo, ma una persona che voleva togliersi la vita. Aveva già scavalcato le protezioni laterali in metallo del ponte e poggiava i piedi su uno dei tiranti che impedisce il ribaltamento del ponte. Era affacciata sul vuoto. La carabiniera ha subito preso l'iniziativa e si è avvicinata alla disperata, cercando un contatto verbale con la potenziale suicida.
Intorno si muoveva quasi invisibile la macchina dei soccorsi: vigili del fuoco e sanitari pronti a intervenire. In poco tempo quella interazione insperata si è trasformata in un rapporto empatico, tanto da far sperare in una rapida soluzione della vicenda . Ma non è stato così. Ci sono volute più di quattro ore per convincere la donna a tornare sui propri passi e continuare a vivere. La donna, madre di tre figli, originaria del Trevigiano, per motivi personali che non sono ancora noti, era intenzionata a farla finita: nessuno si poteva avvicinare, né poteva parlarle. L'unica persona con la quale continuava ad avere un rapporto era la giovane carabiniera.
Quest' ultima ha retto fino alla fine. Si è anche seduta su quel ponte, un po' per evitarne le oscillazioni, un po' per accorciare ancora di più la distanza fisica dalla donna (qualche metro e le balaustre) e stabilire una maggiore familiarità. Le due hanno parlato di tutto, ma solo l'argomento figli produce lo scossone sperato, anche su consiglio del militare negoziatore, giunto sul posto. L'esperto del nucleo investigativo dei carabinieri di Belluno, specializzato nelle trattative di questo tipo, era pronto a intervenire, ma la donna voleva parlare solo con la carabiniera.
Il tema figli piano piano ha eroso le difese interne e aperto un varco nella confusione della signora: l'idea del loro bisogno di amore e dei sensi di colpa che un gesto estremo avrebbe ingenerato in loro, l'ha spinta a ripensarci. Ormai allo stremo, raccogliendo tutte le sue forze ha scavalcato il parapetto, tornando sul ponte. Qui l'abbraccio con quella giovane carabiniera che le ha fatto apprezzare la vita.