1 SU 12 CE LA FA - GUALTIERI AVEVA PROMESSO IL SALDO DEI DEBITI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VERSO LE IMPRESE. 12 MILIARDI DI CUI NE È STATO LIQUIDATO SOLO UNO. SI TRATTA DI LIQUIDITÀ CRUCIALE PER EVITARE I FALLIMENTI, MA LA BUROCRAZIA BLOCCA TUTTO

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Claudio Antonelli per ''La Verità''

 

C' è un motivo per il quale il governo va in Parlamento a chiedere di poter sforare il deficit. Perché quei soldi sono degli italiani e l' Aula prima deve dare il parere autorizzativo. Dopo aver approvato le linee di spesa dovrebbe anche controllare (con la conversione del decreto) che tutto fili liscio.

Solo che non è sempre così.

 

Il 2 giugno scorso il ministro dell' Economia, Roberto Gualtieri, annunciò il pagamento di 12 miliardi di arretrati della Pa. Tutti destinati al saldo della fatture di aziende fornitrici. A occuparsi delle linee di credito per la pubblica amministrazione sarebbe stata Cdp.

In due mesi e mezzo solo uno dei 12 miliardi è stato versato, gli altri sono ancora bloccati dalle sabbie mobili della burocrazia. Il decreto Rilancio aveva messo infatti a disposizione delle Aziende sanitarie locali, delle Regioni e degli enti locali i fondi per liquidare i debiti commerciali maturati prima della fine del 2019.

 

Alla data del 7 luglio, termine entro il quale le articolazioni periferiche della Pa dovevano presentare la richiesta di denaro alla Cdp, «sarebbe stato richiesto solo un miliardo», denuncia la Cgia di Mestre. La conferma del flop emerge dal testo del decreto Agosto: con l' articolo 55 il governo riapre i termini per la presentazione della domanda a Cassa depositi e prestiti.

 

Pertanto, Asl, Regioni ed enti locali potranno chiedere l' anticipo di liquidità per pagare i creditori tra il 21 settembre e il 9 ottobre prossimi. «Dalla segnalazione riportata dalla Corte dei Conti», spiega il segretario della Cgia, Renato Mason, «si starebbe consolidando una tendenza in atto da alcuni anni che vede le amministrazioni pubbliche saldare con puntualità le fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di dimensione meno elevate. Una modalità operativa che, ovviamente, penalizzerebbe le piccole imprese che - generalmente - lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli riservati alle attività produttive di dimensione superiore. Senza liquidità numerose piccole e medie imprese non hanno futuro e, paradossalmente, rischiano di chiudere per troppi crediti inesigibili», conclude Mason.

 

Per di più si tratta di un trend che coinvolge anche i ministeri: nel secondo trimestre di quest' anno 8 su 13 hanno pagato in ritardo i propri fornitori. Gli altri 5 non hanno ancora aggiornato l' indice di tempestività dei pagamenti che misura i giorni di ritardo o di anticipo in cui vengono saldati i fornitori rispetto alle scadenze previste dal contratto.

La situazione più difficile è in capo alle attività economiche che hanno lavorato per il ministero dell' Interno: tra aprile e giugno sono state liquidate mediamente con 62 giorni di ritardo.

 

Non è certo una novità. Nel 2014 Matteo Renzi dal salotto di Bruno Vespa si era impegnato a raggiungere a piedi il santuario di Monte Senario se non fosse riuscito a saldare tutti i debiti della Pa. Il santuario è lì al suo posto, i pagamenti furono sbloccati ma solo in parte. Adesso però le cose sono peggiorate dopo il Covid-19. Non è ammissibile che il governo vanti pagamenti che non avvengono e al tempo stesso lasci che le imprese si indebitino per pagare le tasse. Le mirabolanti promesse di Giuseppe Conte, quei 400 miliardi di liquidità alle imprese, sono in realtà meno di 70. Soprattutto non sono capitale, sono debito. Vero, garantito dallo Stato e a tassi praticamente nulli. Ma dovranno essere restituiti. Invece questi 11 miliardi non saldati avrebbero permesso alle Pmi di alleggerire i loro debiti e di essere più efficienti sul mercato.

 

Va anche riconosciuto che il decreto bollinato l' altra sera e destinato ad andare in Gazzetta nelle prossime ore consente alle imprese di tenere in cassa più soldi. Circa 3,7 miliardi di euro di versamenti fiscali sono stati diluiti in 20 rate, e questo è un gesto distensivo nei confronti di chi produce. È però la sola nota positiva. Il resto - tutte le altre elargizioni - è destinato a coprire la cassa integrazione, gli altri ammortizzatori sociali e tutti i bonus a pioggia. Sui quali è il caso di essere critici. Non tanto per la questione dei cinque parlamentari che ne hanno fatto richiesta nonostante prendano 12.000 euro di stipendio, ma per il fatto che sono troppo parcellizzati e non riusciranno mai a sostenere i consumi.

Serviranno infatti interventi mirati per rilanciare i settori, non solo per sostenere chi ha già chiuso i battenti.