''FORMIGONI POTREBBE DIRE DOVE SONO I SOLDI'' (MA NON GLI CONVIENE) - SECONDO I MAGISTRATI CHE LO HANNO SCARCERATO DOPO 5 MESI (INVECE DI 5 ANNI E 10 MESI), L'EX GOVERNATORE POTREBBE COLLABORARE PER FAR RECUPERARE ALLA REGIONE UNA PARTE DI QUANTO È STATO ''SCIPPATO'' GRAZIE AL SISTEMA MESSO IN PIEDI DAI SUOI AMICI DACCÒ E SIMONE. ANCHE PERCHÉ DEI FONDI ALL'ESTERO SI SONO PERSE LE TRACCE, VISTO CHE VARI PARADISI FISCALI HANNO RIGETTATO LE ROGATORIE
-Antonella Mascali per ''il Fatto Quotidiano''
Altro che "collaborazione impossibile" stabilita dai giudici di Sorveglianza di Milano, che per questo gli hanno concesso i domiciliari. Roberto Formigoni, secondo la Procura di Milano, "certamente potrebbe contribuire" a fare giustizia, se lo volesse. Invece, è tornato a casa dopo 5 mesi di carcere, pur essendo stato condannato a 5 anni e 10 mesi per una corruzione colossale (casi San Raffaele- Maugeri), ai danni dei contribuenti: 61 milioni complessivi di cui 6 milioni tutti per lui.
Secondo la spazzacorrotti, anche i condannati definitivi per corruzione che hanno superato i 70 anni, come Formigoni, e non collaborano, possono restare in carcere. Il tribunale di Sorveglianza, però, ha concesso i domiciliari perché tutto è stato già riscontrato, la Procura non ha dato certezze sull' utilità della collaborazione, Formigoni ha riconosciuto "il disvalore" dei suoi comportamenti.
Ma la storia cambia completamente se si legge il parere negativo del procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio. Secondo la pm Formigoni, che mai ha collaborato, ancora oggi potrebbe farlo se è vero, come ha sostenuto con i giudici, che ha compreso in carcere i suoi errori, anche se la parola corruzione dalla sua bocca non è mai uscita.
Laura Pedio, ai giudici che chiedono "se un' eventuale collaborazione fornita ora possa essere considerata utile", risponde: "Quest' Ufficio ritiene di non poter affatto escludere l' utilità". In particolare, "Formigoni certamente potrebbe e può oggi collaborare proficuamente per consentire l' esecuzione delle cospicue confische per equivalente attraverso il recupero di denaro e beni" di cui l' autorità giudiziaria non è entrata in possesso "perché in paesi che non hanno collaborato (Panama, Seychelles, Bahamas, Malta), ovvero di beni tuttora nella sua disponibilità (come i quadri che gli sono stati confiscati) e rendere così possibile per lo Stato il recupero di parte dell' ingente danno patrimoniale".
Il procuratore aggiunto prosegue specificando che l' ex governatore ed ex senatore, se volesse, potrebbe contribuire ad "accertare eventuali altri fatti di corruzione, ovvero di riciclaggio o autoriciclaggio. Questo, del resto, è nelle sue possibilità, in quanto, come evidenziato dal Tribunale nella vicenda del San Raffaele, la figura di Daccò (il faccendiere Pierangelo Daccò, che ha patteggiato, ndr) emerge chiaramente come quella di un mero collettore di tangenti in nome e per conto di Roberto Formigoni".
E sul punto Pedio cita uno stralcio della sentenza in cui si sottolinea che "in base agli accordi con i vertici del San Raffaele (Mario Cal e Don Verzè) Daccò agiva quale collettore di tangenti per Formigoni in cambio dell' ottenimento di provvedimenti in materia sanitaria favorevoli alla Fondazione".
Pedio ricorda pure che "non vi sono elementi certi che consentano a quest' Ufficio di ritenere, ma neppure di escludere, che l' organizzazione criminale cui il condannato era legato o diramazioni della stessa siano, allo stato, ancora operanti. Il dato di cui questo Ufficio dispone è che: Pierangelo Daccò e Antonio Simone (l' ex assessore Dc che ha patteggiato, ndr), principali sodali di Formigoni sono liberi; Daccò ha ripreso a frequentare il Sud America; Giancarlo Grenci, fiduciario svizzero, ha patteggiato la pena ed è anch' egli libero; che vi è la prova in atti che esistono provviste illecite all' estero su conti correnti dei quali nulla si è potuto accertare in quanto in paesi che non hanno collaborato (Panama, Seychelles, Bahamas, Malta).
Formigoni ha rivestito un ruolo decisivo e centrale nello svolgimento della vicenda corruttiva", come hanno anche stabilito i giudici d' appello.
"È Formigoni-prosegue Pedio - ad accreditare (ed imporre) presso gli uffici tecnici della Direzione Generale Sanità Daccò.
È ancora soltanto Formigoni a poter garantire il raggiungimento degli obiettivi criminali del sodalizio criminoso attraverso l' adesione ai patti corruttivi e l' esercizio illecito delle sue funzioni". Per il procuratore aggiunto Formigoni è "l' assoluto protagonista" perché "senza il suo contributo il programma criminoso del sodalizio non avrebbe potuto trovare realizzazione".
Tanto è vero che non gli sono state concesse le attenuanti generiche e in Appello gli è stato dato "il massimo della pena (7 anni e 6 mesi, ndr)". Pedio, contraria ai domiciliari, fa pure un importante riferimento all' oggi: "Roberto Formigoni ben potrebbe collaborare anche nel processo che lo vede imputato a Cremona, insieme ad altri, per corruzione, trattandosi di fatti strettamente connessi a quelli oggetto del presente parere".
Si riferisce al processo in corso davanti ai giudici di Cremona che è, nella sostanza, la fotocopia di quello di Milano, diventato famoso nell' immaginario collettivo peri viaggi del "Celeste" sullo yacht di Daccò, rivelati, insieme ad altri episodi, dal Fatto nel 2012.
A Cremona, Formigoni è imputato perché si sarebbe fatto corrompere, attraverso l' ex consigliere di Forzaitalia Massimo Guarischi, per favorire la Hermex Italia, che voleva piazzare un' apparecchiatura diagnostica, acquistata poi dall' Ospedale Maggiore cremonese.
Formigoni avrebbe ricevuto da Guarischi, già condannato a 5 anni, "complessivi 447.000 euro" tra cui "7.000 euro per festeggiare il Capodanno del 2012 in Sudafrica"; "11.900 euro e 17.910 euro per due vacanze in barca in Croazia". E ancora viaggi in Oman, in Sardegna, noleggio di aerei privati per andare in Valtellina (costo 6.000 euro) e a Saint Moritz ( costo, 8.030 euro") senza contare i "pranzi e le cene in ristoranti". Il resto in contanti: avrebbe avuto 389 mila euro.