''PRESSIONI ANCHE DAVANTI AL PAPA'' - COSA C'È DIETRO L'ARRESTO DEL BROKER MOLISANO PIERLUIGI TORZI, IL PRIMO CITTADINO ITALIANO (NON DIPENDENTE DEL VATICANO) A FINIRE NELLE CELLE DELLA SANTA SEDE - L’ESTORSIONE E L’AFFAIRE DELLA BANCA POPOLARE DI BARI, MINCIONE CHE ''SCARICA'' IL FINANZIERE SULLA SCELTA DI PENA PARRA. IL RUOLO DELLA SVIZZERA

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Maria Antonietta Calabrò per www.huffingtonpost.it

 

Ha passato il primo giorno dentro una delle camere di sicurezza della Gendarmeria vaticana il broker molisano Pierluigi Torzi arrestato la sera di venerdì 5 giugno, dopo che si era recato in Vaticano per essere interrogato dal Promotore di giustizia Milano e dal sostituto Diddi. Era arrivato dall’estero con le sue carte, ed è finito dietro le sbarre, dopo otto ore di interrogatorio, mettendo a segno il primato del primo cittadino italiano (che non sia dipendente Vaticano) a finire ristretto Oltretevere.

 

GIANLUIGI TORZI

La sua versione evidentemente non ha convinto gli inquirenti vaticani (i suoi avvocati parlano di un malinteso e di piena collaborazione) che nelle settimane scorse hanno ricevuto un imponente materiale probatorio a seguito di regolare rogatoria in Svizzera. Il primo invio, con corriere diplomatico, è avvenuto il 30 aprile.Nel frattempo sono stati posti sotto sequestro in Svizzera - sempre su richiesta vaticana - svariati conti correnti per diverse decine di milioni di franchi svizzeri presso il Credit Suisse. La banca - ha dichiarato un portavoce - ha pienamente collaborato. 

 

L’accusa più pesante nei confronti di Torzi riguarda il reato di estorsione (per cui rischia fino a 12 anni di carcere) e poi peculato , truffa aggravata e autoriciclaggio. Estorsione perché Torzi avrebbe minacciato il Vaticano di non restituire il controllo della proprietà del famoso palazzo di Londra di Sloane Avenue comprato in tempi diversi (e del valore complessivo di 300 milioni di euro) se non dietro il pagamento di trenta milioni di euro, ridotti poi a quindici, effettivamente pagati dalla Segreteria di Stato, momento in cui si è consumata per gli inquirenti vaticani l’estorsione.

 

Addirittura secondo quanto ricostruito dall’ufficio del Promotore di Giustizia, in base alle testimonianze raccolte, Torzi non si sarebbe fatto scrupolo ad avanzare le sue richieste persino davanti al pontefice, incontrato brevemente il 26 dicembre 2018, a margine di una riunione sul caso del palazzo avvenuta a Casa Santa Marta, salvo poi disattendere gli impegni presi.

RAFFAELE MINCIONE

E qui la complessa storia vaticana dell’acquisizione (dal finanziere Raffaele Mincione, iniziata nel 2012, fermatasi e poi parzialmente perfezionata nel 2014, fino ad essere completata negli ultimi mesi del 2018, “grazie” all’intervento di Torzi) del palazzo di Sloane Avenue 60 si incrocia con l’ultimo scandalo bancario italiano e i destini della Banca Popolare di Bari.

 

IL BOND DELLA POPOLARE DI BARI

Gli inquirenti hanno acquisito le dichiarazioni di Manuele Intendente, ex avvocato dello studio Ernst & Young, interlocutore di Torzi per condurre la trattativa con la Santa Sede. Intendente avrebbe specificato a verbale come nel corso di una riunione in Vaticano alla presenza, tra gli altri, di monsignor Alberto Perlasca, (responsabile Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato) Torzi avrebbe chiesto se gli si potesse concedere formalmente un incarico di gestione dell’immobile, visto che fino a quel momento aveva operato a titolo gratuito. Aspettativa che però, secondo le indagini condotte dal Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi, rimase delusa, ingenerando una vera e propria escalation di richieste di denaro che poi porterà a quella che per la procura vaticana è a tutti gli effetti un’estorsione da 15 milioni di euro, pagati tra l’aprile e il maggio 2019” per evitare gravi danni patrimoniali alla Santa Sede, visto il valore dell’immobile

MONSIGNOR EDGAR PENA PARRA

 

Il punto di svolta sarebbe arrivato nel corso di una riunione all’Hotel Bulgari di Milano: Tirabassi, responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato, ed Enrico Crasso, gestore delle finanze della Segreteria, avrebbero spiegato a Torzi di aver intenzione di proporre la cessione al Fondo Centurion delle quote di Gutt Sa, la società che gestisce l’immobile di Londra, di cui l’imprenditore aveva ceduto al Vaticano 30mila azioni senza diritto di voto (mantenendo però per sé le 1000 con diritto di voto senza che il Vaticano lo sapesse) .In quel momento, sempre secondo quanto riferito da Michele Intendente agli investigatori, Torzi, avrebbe maturato l’idea dell’estorsione, ossia di condizionare la restituzione delle quote con diritto di voto al versamento di un’ingente somma di denaro.

 

Secondo la procura vaticana tuttavia, le ragioni del cambio di posizione di Torzi starebbero nell’impegno preso dall’imprenditore con il manager della Banca Popolare di Bari Vincenzo De Bustis di sottoscrivere un bond di 30 milioni di euro. Per gli inquirenti sarebbe quindi la mancata disponibilità del Vaticano a sottoscrivere il bond a scatenare la reazione di Torzi e la sua determinazione a non restituire le azioni della Gutt Sa se non a fronte di una cifra cospicua.

 

stabile di sloane avenue londra

Insomma per rilevare l’immobile di Londra, anziché procedere in modo lineare all’acquisto della “60 Sa Limited”, la società con sede in Jersey che lo deteneva attraverso una catena di ulteriori società, nella seconda parte del 2018 ,la Segreteria di Stato rappresentata da Fabrizio Tirabassi ed Enrico Crasso (quest’ultimo delegato ad operare sui conti della Segreteria di Stato con la sua società “Sogenel Capital Holdig”) decideva - per ragioni ancora da chiarire - di triangolare l’acquisto attraverso la “Gutt Sa” facente capo a Torzi. Venne dunque sottoscritto un contratto quadro (framework agreement) con il quale si provvede all’acquisto da parte di “Gutt Sa” dell’intera catena societaria proprietaria dell’immobile londinese.

 

stabile di sloane avenue londra

Il 22 novembre (2018) viene sottoscritto un secondo contratto (share purchase agreement) con il quale la Segreteria di Stato acquistò da Torzi 30mila azioni della “Gutt Sa” al valore simbolico di un euro. Vengono effettuati i pagamenti previsti per la parte residua dell’immobile ancora in mano al finanziere Raffaele Mincione ( si è parlato di un bonifico 44 milioni di sterline via Credit Suisse). Ma quello stesso 22 novembre, senza che la Segreteria di Stato ne sapesse nulla, Torzi modificò il capitale della societa’ “Gutt Sa” introducendo accanto alle 30mila azioni senza diritto di voto, le 1000 azioni con diritto di voto, che non facevano parte dell’impegno di cessione. In questo modo il broker continuava ad avere il pieno controllo sull’immobile.

 

Crasso, Tiraboschi, con monsignor Mauro Carlino (segretario per anni del sostituto della Segreteria di Stato, Angelo Becciu, che ha ormai lasciato il Vaticano e adesso è un sacerdote del clero di Lecce) sono indagati insieme a monsignor Perlasca, la cui abitazione è stata perquisita in febbraio. Alcuni conti sotto sequestro in Svizzera sono intestati o gestiti dagli indagati. A cominciare da quelli di Perlasca.

 

VINCENZO DE BUSTIS

PORTE GIREVOLI

Il fatto nuovo è che ci sarebbe un nesso tra le due vicende finanziarie che hanno tenuto banco negli ultimi mesi del 2019 in Italia e Vaticano. I due finanzieri italiani (padre e figlio) Enrico e Gianluigi Torzi sono stati infatti anche al centro del tentativo estremo di “salvare” la popolare di Bari proprio negli stessi mesi in cui Enrico “sistemava“ per il Vaticano la vicenda del palazzo di Londra.

 

La procura di Bari, su segnalazione della Banca d’Italia, sta ora indagando su un’operazione risalente al periodo tra il dicembre 2018 e il marzo 2019, che per l’allora amministratore delegato De Bustis avrebbe potuto rappresentare quasi un asso nella manica, cioè l’operazione che gli avrebbe permesso, disse, di mettere in sicurezza i ratio patrimoniali: un’emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro per rafforzare il capitale, che una società maltese, la Muse Ventures Ltd, di Gianluigi Torzi, figlio di Enrico, aveva fatto sapere di voler sottoscrivere interamente. 

 

LA LETTERA DI ENRICO CRASSO A ANGELO BECCIU

La Muse di Torzi si rivelò però una semplice società di consulenza, nata a ottobre del 2017 e con un capitale sociale di appena 1.200 euro. Un po’ poco per sottoscrivere un’intera obbligazione da 30 milioni e infatti Bnp Paribas, la banca incaricata di curare l’operazione, e la stessa struttura antiriciclaggio della Popolare avanzarono forti perplessità sul sottoscrittore maltese. Il fondo maltese Muse, amministrato da Gianluigi Torzi, insieme al padre Enrico, è - sostenne allora l’organismo antiriciclaggio della Popolare - nella lista “nera “del sistema bancario e al centro di alcune inchieste giudiziarie.

 

Nonostante questo è a Torzi che si rivolse nell’autunno del 2018 il sostituto per la segreteria di Stato Pena Parra. In quelle stesse settimane del 2018, Larino (patria di Torzi) diventa intanto l’ombelico degli interessi baresi, tanto che Isabella Ginefra, sostituto procuratore a Bari e moglie la Gianvito Giannelli (famiglia Jacobini) ultimo presidente della Popolare prima del recente commissariamento, nel settembre 2018 viene nominata dal CSM Procuratore della Repubblica della città: una della poche donne Procuratore capo. Ma questa nomina viene poi giudicata irregolare e annullata il 1 agosto 2019 dal TAR del Lazio.

 

angelo becciu papa francesco

Per comprendere quanto gli interessi baresi fossero pervasivi a Roma, basti pensare che la Popolare di Bari era riuscita a scalzare Banca Intesa come titolare dello sportello interno proprio a Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura.( E questo casocaso è riesploso pochi giorni fa a seguito delle intercettazioni del caso Palamara). Va anche aggiunto che fu lo stesso sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Edgar Pena  segnalò - siamo al marzo 2019 - Torzi all’AIF vaticana (allora ancora presieduta da Rene Bruelhart) che iniziò accertamenti coinvolgendo le Financial Intellingence Unit di 5 paesi (Italia, UK, Lussemburgo, Malta, Svizzera).  Fu in seguito a queste indagini che monsignor Perlasca dovette lasciare la Segreteria di Stato nell’estate 2019.

 

MINCIONE “ACCUSA” PENA PARRA E PARLA DI UNA DELEGA COMPLETA FIRMATA A TORZI

Ieri intanto ha parlato di nuovo del caso il finanziere italo-londinese Mincione .Mincione non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria dalle autorità vaticane e anche da quelle quelle svizzere. Così risulta dall’Ufficio di giustizia elvetico, dal momento che nessuna richiesta da parte del Vaticano è stata fatta nei suoi confronti. “Il palazzo l’ho venduto a Edgar Pena Parra (cardinale venezuelano, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato della Santa Sede dal 2018, quando è subentrato a Giovanni Angelo Becciu, ndr), allo sceriffo messo da altre persone per fare questa cosa. Non l’ho venduto a Torzi. Torzi è stato incaricato dal Vaticano di comprare il palazzo per loro: è differente la storia. Questa storia mi fa impazzire dalla rabbia, ogni volta. Bisogna stare attenti a quello che si scrive”, ha dichiarato all’AdnKronos. 

 

Secondo Mincione, è l’attuale sostituto della segreteria di Stato, Parra, lo “sceriffo scelto dal papa” (così lo definisce) a comprare l’edificio e a “scegliere” Torzi come tramite. E ancora: “Il papa ha scelto Pena Parra, che ha scelto Torzi. Perché la delega gliela dà lui e la dà ad avvocati che gli chiedono la firma autenticata del segretario di Stato”.