''IL RE REGNA, NON GOVERNA'' - BECCHI: L’ESECUTIVO SI È RIDOTTO ALL’UNICA FUNZIONE DI GESTIRE UN’EMERGENZA DOPO L’ALTRA. IL GOVERNO NON DEVE “MANTENERE L’ORDINE”, MA GESTIRE IL DISORDINE - SALVINI SOFFRE IL PROTAGONISMO DI CONTE. HA SENSO ANDARE A MONDRAGONE PER FARE ANCORA UNA VOLTA LA VITTIMA DEI CENTRI SOCIALI? ERA PERCEPITO COME “ATIPICO”, POPOLARE. STA DIVENTANDO COME GLI ALTRI? VUOLE DARE UNA “SPALLATA” AL GOVERNO, MA PER FARE COSA? “PORTI CHIUSI”? E POI?
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Paolo Becchi per ''Libero Quotidiano''
“Il re regna, ma non governa”. Se questo azzeccato motto bene esprimeva la fine del potere regio, sostituito progressivamente da quello legislativo, prima, ed esecutivo, poi, sino a giungere allo “Stato amministrativo” tipico del XX secolo, tutto ciò non sembra più valere ai giorni nostri. Oggi vale invece il motto: “il governo non governa, ma gestisce”.
L’esecutivo si è, infatti, ridotto all’unica funzione di gestire, e non più governare, un’emergenza dopo l’altra, un continuo flusso emergenziale, una crisi, di qualsiasi natura essa sia, dopo l’altra. Il fenomeno, certamente, ha radici profonde. E non riguarda per certo solo il nostro Paese. Da un punto di vista giuridico questo comporta la crisi della “legge” e quindi del potere legislativo, le emergenze infatti si gestiscono con atti amministrativi del potere esecutivo. Da un punto di vista politico questo ovviamente indebolisce la democrazia rappresentativa. Il compito del parlamento si riduce infatti a ratificare decisioni prese altrove.
Il centro dell’attività politica è il governo, ma per fare cosa? Per realizzare un determinato progetto politico? Una “visione”, un “cambiamento”, una “idea di Paese” o quello che un tempo semplicemente si chiamava un “programma” politico? Il programma “liberale”, il programma “socialdemocratico”, il programma “comunista” ecc. ecc.? Niente di tutto questo. L’unica funzione del governo oggi è quella di garantire la sicurezza pubblica. Per ragioni di sicurezza si possono sospendere libertà, diritti, le garanzie date dalle leggi, la sicurezza viene prima di ogni cosa e diventa la tecnica del governo.
Ma perché ci sia bisogno di sicurezza è necessario che ci sia insicurezza. Insomma, il governo non deve, per dirla in modo tradizionale, “mantenere l’ordine”, ma gestire il disordine, non deve prevenire le emergenze, una alluvione, una carestia, una epidemia, un attentato terroristico, ma deve essere in grado di gestire questi fenomeni. E il suo successo o insuccesso dipende esclusivamente da questo, dalla gestione delle emergenze. Il “laissez faire, laisses passer” è stato interpretato come un modello economico liberista, ma è anche un modello perfetto per il nuovo governo neoliberale delle emergenze: lasciamo pure che accadano, ci penserà il governo.
Beninteso, gestire una emergenza, dal punto di vista del governo, non significa necessariamente riportare la situazione in condizione di normalità nel più breve tempo possibile. Tutt’altro. L’emergenza può anche essere utilizzata per modificare la normalità. Bisogna sapere approfittare delle emergenze. Non sto in fondo dicendo niente di nuovo per chi ha un minimo di conoscenze filosofiche. Sui dispositivi di controllo del potere e del “biopotere” c’è già tutto, o quasi, in Michel Foucault e nei suoi successivi interpreti.
Quello che è successo in Italia negli ultimi anni spiega però in modo efficace la tesi che in questo lungo preambolo ho cercato, un po’ astrattamente, di sostenere. Gli ultimi due governi pur formati da maggioranze diverse hanno speso se stessi nella necessità di “gestire”, di far fronte a “crisi”, emergenze che essi non hanno certo causato, ma in relazione alle quali hanno trovato la giustificazione del proprio ruolo e del proprio operato.
Ciò vale già per il primo Governo Conte, un esecutivo che non ha “governato” in nulla o quasi - “Quota Cento” e “reddito di cittadinanza”, sono certo entrambi dei risultati, ma su entrambe le riforme i giudizi sono piuttosto controversi - , e che ha invece costruito il proprio consenso sul tema dell’ emergenza-migranti. La fortuna di Matteo Salvini non è dovuta al programma della Lega, che per la verità è rimasto largamente indefinito - federalismo? autonomismo? nazionalismo? sovranismo? euroscetticismo? euro sì o no? - ma soltanto ad una “parola d’ordine” decisa, magari anche divisiva, ma chiara per tutti: “porti chiusi”.
Come questa emergenza, a causa dell’emergenza sanitaria, è passata in secondo piano Salvini ha iniziato a perdere consensi. Beninteso, gli sbarchi continuano, ma l’emergenza per il governo non c’è più, esisteva evidentemente per Salvini e sino a che lui era al governo, tanto e vero che ora il governo vuole rivedere i suoi “decreti sicurezza”.
Lo stesso ragionamento vale in maniera ancora più evidente, per il Conte bis, e l’emergenza sanitaria nella quale stiamo ancora vivendo. Se all’ascesa di Conte nel gradimento degli italiani, ha fatto seguito il declino di Salvini, questo non è altro per il fatto che l’emergenza del momento è cambiata: dal pericolo della “immigrazione clandestina” si è passati a quello rappresentato dalla “pandemia”. La pandemia è il sogno del tiranno.
La sicurezza, trasformatasi in bio-sicurezza, nella sorveglianza dei nostri corpi, può così finalmente dominare su tutto. Pochi singoli hanno avuto il coraggio di fare reale opposizione in parlamento al governo per scelte, prolungate nel tempo, fortemente lesive delle libertà individuali. Ma si tratta di spiriti ribelli. L’unica cosa che conta per tutti è la bio-sicurezza. Mangia sano, “bio”, e porta la mascherina e i guanti, sottomettiti, e noi pensiamo a salvarti la pelle.
Salvini è rimasto spiazzato e disorientato da un tale decisionismo “biologico”, ondivago nelle prese di posizione e per questo alla fine meno credibile: quello che oggi si percepisce tra la gente non è un sentiment positivo nei suoi confronti, anzi per dirla tutta la gente pensa che con lui sarebbe potuto andare anche peggio. Se Conte, di contro, continua ad avere successo è perché non ha (ancora) un partito, non viene pertanto percepito come un politico di professione, ma come un uomo che sa gestire l’emergenza: approfittando della nostra insicurezza si è presentato come l’uomo capace di garantire sicurezza. E il gioco sinora è riuscito. Può solo sperare che l’emergenza continui. Con l’aiuto di tutti i mezzi di informazione Conte è riuscito a far passare questo messaggio: “dareste il paese in mano a uno come Salvini”?
E i sondaggi - per quel che valgono - parlano chiaro. Salvini può certo ancora rifarsi, ma l’unico modo che ha a disposizione è puntare sulla nuova emergenza e sperare che Conte non riesca appunto “a gestirla”. Penso, ovviamente, all’emergenza economica e sociale che in autunno esploderà. Questa sarà la vera “seconda ondata”. Ma Salvini dovrebbe prepararsi ad affrontarla da Capitano di una nave che rischia di affondare. Da solo però non può farcela e dovrebbe anche cambiare qualcosa. Lo stile comunicativo pre-covid non funziona più, è inadeguato.
Dovrebbe evitare di disorientare i suoi sostenitori, non può, per fare un esempio, dopo aver bombardato per mesi contro il Mes dare con un tweet l’impressione che basterebbe togliere qualcosina e allora ci si potrebbe anche pensare. Qualcuno degli “addetti ai lavori” potrà certo ritenere un “tarato mentale” chi vede in questo una apertura (e nel merito ha sicuramente ragione), ma per l’opinione pubblica il messaggio che è passato è diverso.
Ancora: ha senso andare a Mondragone per fare ancora una volta la vittima dei centri sociali? In ogni caso si tratta tutt’al più di tatticismi politici. Ma, ecco, il Capitano era percepito come un politico “atipico”, popolare, per cui le cose erano o bianche o nere. Per questo Salvini era amato dal popolo. Sta diventando anche lui un politico come gli altri? Vuole dare una “spallata” al governo, ma per fare che cosa? “Porti chiusi”? E poi? Flat tax? E poi? Queste alcune delle domande che in molti cominciano a farsi.
Come che sia, “governerà” chi saprà gestire questa o una nuova emergenza e se non ci riuscirà cadrà. I governi non governano più, si limitano ad approfittare di stati emergenziali continui per legittimarsi, e se non ci sono bisogna, per sopravvivere, inventarseli. Un po’ come sta succedendo ora che il virus ormai è sotto controllo, ma dobbiamo prepararci ad una sicura “seconda ondata” autunnale che provocherà milioni di morti. E intanto abbiamo già ipotecato l’inizio del prossimo anno scolastico e universitario. Il governo la chiama “rivoluzione digitale”. Io dico che in questo modo, grazie all’emergenza, stiamo semplicemente dando il colpo di grazia all’istruzione pubblica. Ma cosa conta l’istruzione rispetto alla sicurezza?
Il 2 giugno no, solo manifestazione simbolica, il 4 luglio in piazza, sì, ma rispettando rigorosamente tutti i limiti imposti dalla bio-sicurezza. L'opposizione scende in piazza con numeri contingentati, con distanziamento sociale, mascherina e misurazione della temperatura. Non sono previsti i guanti e l’obbligo di aver scaricato l’app Immuni. È del tutto evidente il tentativo di imbrigliare Salvini. In questo modo il governo vincerà ancora una volta. Nessun piccolo gesto di ribellione e di liberazione, restiamo non più a casa, ma sottomessi alla legge e all’ordine. Anche se non c’è più nessuna legge e nessun ordine. C’è ormai soltanto il disordine e la gestione per decreto dell’emergenza.