S'INFIAMMA LO SCONTRO TRA REGIONI E STATO: IN ALTO ADIGE APPAIONO FUOCHI ''LOS VON ROM'' (VIA DA ROMA): ''L'AUSTRIA HA CHIUSO 10 GIORNI DOPO DI NOI E HA RIAPERTO PRIMA. NON È POSSIBILE. IL VIRUS HA MESSO IN QUARANTENA LA NOSTRA AUTONOMIA'' - BOCCIA FA RICORSO AL TAR CONTRO L'ORDINANZA DELLA SANTELLI CHE APRE BAR E RISTORANTI CALABRESI, LA SARDEGNA RIAPRE LE CHIESE ALL'INSAPUTA DEI VESCOVI
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1 - BOCCIA CONTRO LA CALABRIA IMPUGNATA L'ORDINANZA ORA RISCHIA LA SARDEGNA
Emanuele Lauria per “la Repubblica”
Bocciata la Calabria, messa in mora la Sardegna. Il governo non fa sconti ai presidenti di Regione di centrodestra che dettano proprie regole senza attendere le linee guida per la fase 2. Dopo la diffida, è arrivata l' impugnativa per l' ordinanza con cui la governatrice calabrese Jole Santelli ha deciso l' immediata riapertura di bar e ristoranti nel suo territorio.
«Santelli sa che il luogo del confronto - dice il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia - è il tavolo permanente con le Regioni. E mi dispiace che lei non abbia nemmeno partecipato alle ultime due videoconferenze. L' ho anche chiamata. Il suo atto è illegittimo». Boccia sottolinea che non è tempo di iniziative autonome: «Solo dopo il 18 maggio, o nella settimana successiva, ci saranno differenze territoriali e ogni Regione potrà fare alcune cose in funzione della sicurezza che ha costruito ».
Oggi gli atti saranno inviati al Tar, che potrebbe decidere sulla sospensiva del provvedimento della Regione Calabria già nei prossimi giorni. Fino a ieri sera Boccia ha atteso che Santelli ritirasse l' ordinanza, ma la governatrice ha confermato che non farà passi indietro: «Sono convinta di quello che ho firmato. E sono sicura che entro una settimana altri faranno esattamente la stessa cosa che ho fatto io. Anche all' inizio della fase 1 - dice Santelli - il governo impugnò gli atti che in diverse regioni prevedevano la chiusura delle scuole, poi mi sembra che abbia adottato la medesima misura. Bisogna tener conto che ci sono aree del Paese che, oltre ad avere un basso numero di contagi, hanno anche una condizione di svantaggio economico. Se io non consento ai proprietari di questi locali di ripartire ora, non riaprono più».
La governatrice attacca: «Fossi in Boccia, sarei più preoccupato del fatto che il suo governo ha previsto il rientro di 3 mila persone in Calabria, fatto decisamente più pericoloso di due tavolini all' aperto». Ma il ministro contesta le norme scritte da Santelli proprio in nome della sicurezza dei calabresi. Irrobustendo le accuse: «Abbiamo spedito in Calabria 84mila tamponi - dice Boccia - ma ne hanno fatti solo 37mila. Se ci sono zero contagi e pochi tamponi, la cosa è sospetta ». Alla fine di un lungo batti e ribatti, Santelli si difende: «In Calabria si è fatto un test ogni 55 abitanti, mentre le altre regioni del centrosud sono su una media di uno ogni 60».
Prosegue il braccio di ferro fra l' esecutivo e i governatori del centrodestra, che la scorsa settimana avevano scritto una lettera a Conte reclamando più poteri. Boccia fa sapere che la maggior parte delle ordinanze regionali «sono coerenti con il Dpcm» ma dice pure che ci sono alcuni atti che vanno rivisti. E cita il caso della Sardegna «che dà ai sindaci gli strumenti per verificare se le funzioni religiose possono essere esercitate: non funziona cosi». «Non c' è nessuna delega ai sindaci in questa materia», replica l' amministrazione guidata dal salviniano Christian Solinas.
In realtà la forzatura è ancora più evidente, perché la Regione Sardegna, con la sua ordinanza, prevede direttamente la possibilità - non contemplata nel resto del Paese - che nell' Isola si facciano le messe, affidando ai vescovi le linee guida per la sicurezza. Cosa che, peraltro, ha irritato la Conferenza episcopale sarda, che ha fatto sapere di non essere stata consultata prima delle nuove norme.
L' ordinanza è allo studio dei tecnici del ministero ma la linea di Boccia è quella tenuta per la Calabria: si chiede una modifica di questa disposizione, altrimenti scatterà una diffida e l' impugnativa.
Ma un terzo fronte di scontro si sta aprendo in queste ore: Solinas, in Sardegna, ha derogato alla disposizioni del governo anche sulla riapertura dei negozi, fissata per l' 11 maggio, in anticipo di una settimana rispetto a quanto stabilito nel Dpcm di Conte. Mettendo già su carta, in pratica, quella che è la volontà di altri colleghi del centrodestra.
Massimiliano Fedriga, governatore leghista del Friuli, lo chiede in modo perentorio a Boccia: «Dobbiamo impegnarci per dare le linee guida al commercio questa settimana per permetterci l' 11 maggio di aprire: noi siamo più che disponibili a lavorare su tutto però - scandisce Fedriga - questi sono i tempi».
2 - NELL'ALTO ADIGE CHE SI RIBELLA "FACCIAMO COME L'AUSTRIA"
Davide Lessi per “la Stampa”
«Hai visto i fuochi ieri notte?». La lunga barba non riesce a nascondere il sorriso di Jürgen Wirth. È orgoglioso del blitz avvenuto tra sabato e domenica: sulle montagne altoatesine sono comparse delle scritte incendiare a illuminare il buio: «Los Von Rom». «Via da Roma». Una provocazione. Replicata anche alla luce del sole sugli striscioni appesi tra i vigneti della strada del vino di Caldaro, il paese di Jürgen.
E lui, dal porticato del giardino di casa, la spiega così.
«Perché via da Roma? Non è possibile che l' Austria abbia chiuso tutto dieci giorni dopo l' Italia e abbia riaperto dieci giorni prima. Il virus ha messo in quarantena la nostra autonomia, non possiamo permetterlo».
Quando dice "noi" parla dei circa seimila altoatesini iscritti all' associazione Südtiroler Schützenbund, di cui lui è presidente. Persone convinte che il doppio passaporto (italiano e austriaco) dovrebbe essere già realtà.
Un assembramento estremistra, si direbbe. Se non fosse che oggi, a sessant' anni dalla stagione del terrorismo secessionista, tutto il Südtirol sembra essere in fermento.
La legge provinciale Per capirlo bisogna spostarsi a Bolzano. Dove il governatore della provincia autonomia Arno Kompatscher ha sulla scrivania il disegno di legge «per la fase di ripresa delle attività». Un provvedimento già approvato dalla sua giunta che prevede la riapertura di bar e ristoranti dall' 11 maggio, mentre nel resto d' Italia bisognerà aspettare il primo giugno.
Sempre tra una settimana dovrebbero riaprire anche musei e biblioteche nonché parrucchiere e centri estetici. Il 25 maggio sarà la volta degli alberghi. «Non vogliamo dare un ultimatum a nessuno - ci aveva assicurato il presidente Kompatscher prima di firmare la delibera -. Ma a Roma devono capire che qui non accettiamo più che le regole per la fase 2 siano uguali per tutti i territori. Ci diano delle linee guida ma ci lascino margini di manovra, altrimenti troveremo una nostra via».
Appunto. In pochi giorni la legge provinciale è diventate realtà. Con il rischio che il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, proprio oggi in visita a Bolzano per tentare una mediazione, impugni il provvedimento come ha già fatto con l' ordinanza della Calabria.
Il modello di Vienna Ma sarebbe sbagliato mettere Kompatscher nella lista dei governatori ribelli del centrodestra (da Zaia a Santelli).
Tant' è che il suo partito, la Südtiroler Volkspartei, appoggia in Parlamento i provvedimenti del governo Conte. La questione è più profonda. «Sì, qui si è registrata qualche insofferenza per i controlli della polizia. Del resto la popolazione crede molto nell' autogoverno e nella responsabilità personale», ragiona dal palazzo del Comune il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi. «Il punto è che circa il 68% dei 550 mila altoatesini, essendo di appartenenza linguistica tedesca, si informa con i media austriaci. In Italia il virus occupa il 100 per cento degli organi d' informazione in una continua narrazione d' emergenza, oltre confine non è così». Il Brennero è a appena 80 chilometri, il modello di Vienna vicino. «Capisco che Kompatscher abbia dovuto forzare - spiega il primo cittadino - le pressioni degli imprenditori e di chi opera nel settore turistico erano troppe».
"L' Italia ci trascina nella crisi" Per un territorio che solo lo scorso anno ha contato 33,6 milioni di pernottamenti, chiudere alberghi e garnì significa perdere ricchezza. Un dato aiuta a capire: il Pil turistico dell' Alto Adige, nel 2018, valeva 16 mila euro pro-capite (più di Venezia e Rimini) e oltre il 30% del prodotto interno lordo dell' intera regione.
«Con la nostra attività si fermano anche gli investimenti e i lavori di manutenzione che intendevamo fare nelle strutture», spiega Franz Staffler, titolare dello storico hotel Laurin nel centro di Bolzano. «Quello che rimprovero a Roma è di non averci dato delle indicazioni chiare sulla riapertura. Non si rendono conto che stanno mettendo in ginocchio un intero settore e tutto quello che gli gravita attorno».
Cento chilometri più a nord, in una deserta Villabassa (la tedesca Niederdorf), anche Herbert Campidell e la moglie Brigitta Stauder scuotono la testa.
«Il nostro albergo, l' hotel Emma, è stato tra i primi ad aprire nell' Ottocento. La signora Emma era considerata una pioniera del turismo e chiuse una sola volta quando arrivò il tifo. Ma lei dopo un anno riaprì, noi ce la faremo?». Si fa sera. Le luci illuminano la Val Pusteria: «Los Von Rom». Via da Roma.