C'È IL QUIRINALE DIETRO LA NOMINA DI FRANCO GABRIELLI A SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO CON DELEGA AI SERVIZI - GIA' CAPO DELLA POLIZIA E DELL'AISI, GABRIELLI E' LA CARTA SCELTA DAL COLLE PER GARANTIRE SICUREZZA AL SISTEMA PAESE IN UNA FASE DELICATISSIMA - DA 12 ANNI A QUESTA PARTE, È STATO CONSIDERATO E UTILIZZATO COME "RISERVA DELLA REPUBBLICA". E QUESTO POTREBBE ESSERE SOLO IL PRIMO PASSO VERSO…
-Carlo Bonini per "la Repubblica"
Franco Gabrielli lascia la Polizia, di cui è stato capo per cinque anni, ed è dunque il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi. È una decisione che dice molto del metodo Draghi e dell'attenzione del Quirinale sulla tenuta di sistema da garantire al Paese in una fase delicatissima. È una decisione che promette di regalare agli apparati di sicurezza una serenità e una competenza sciaguratamente smarrite nel Conte1 e Conte2.
Che impegna al vertice politico della sicurezza nazionale un uomo dal talento precoce, per anagrafe e capacità, dall'intelligenza inquieta, refrattario ai tartufismi e per questo dalla lingua affilata, volentieri ruvida nella sua sincerità, propria della terra di cui è figlio (la Toscana della costa, tra Viareggio e Massa). E dalla cultura democratica e riformista a cui non ha mai fatto mistero di appartenere.
Un civil servant che, più di altri, da 12 anni a questa parte, è stato a ragione considerato e utilizzato come "Riserva della Repubblica". Nel 2006, quando a soli 46 anni, dopo 20 anni in Polizia, diventa il più giovane direttore di un Sisde (oggi Aisi) da riformare negli uomini e nelle prassi. Nei giorni del terremoto dell' Aquila, di cui viene nominato prefetto mentre la terra si apre (2009). Nel dopo Bertolaso (di cui era stato vice), quando, da capo dipartimento, è chiamato, tra il 2010 e il 2014, a ricostruire una Protezione Civile uscita stravolta dalla stagione berlusconiana.
Legando il suo volto, tra l' altro, a quel gigantesco reality in mondovisione che furono le operazioni di recupero del relitto della Costa Concordia, un naufragio insieme materiale e simbolico di quella stagione del Paese. E ancora: nella stagione più cupa di Roma (2015) quando, da Prefetto, è per lunghi mesi il solo punto di riferimento istituzionale di una città politicamente decapitata dall' inchiesta "Mafia capitale". Prima di tornare alla "sua" Polizia nel 2016, per ricostruirne la cultura e un nuovo gruppo dirigente, resistendo alle insistenti sirene della politica che, a mesi alterni, lo avrebbero voluto ministro dell' Interno, piuttosto che sindaco di Roma.
Già, la scelta di Gabrielli è tutt' altro che neutra. E non solo perché in Gabrielli si combinano le competenze che la lingua inglese felicemente distingue in "safety" e "security" (la prima, propria della protezione civile, la seconda, degli apparati). Ma perché Gabrielli non è un ottimate, ma un figlio del popolo. Al punto da confidare, ancora oggi, di avere un solo rimpianto.
Aver negato per orgoglio e testardaggine a suo padre, autista di bus, la gioia di vederlo laurearsi in giurisprudenza a Pisa. Prima di entrare in Polizia ("il mio sogno") con la divisa del reparto celere, mentre i suoi compagni di corso sceglievano la politica e le piazze. In qualche modo, in una curiosa ma significativa nemesi, Mario Draghi sceglie quale figura chiave della sicurezza nazionale l'uomo che un ex grande capo della polizia come Antonio Manganelli (cui Gabrielli è stato legato da un rapporto fraterno) aveva indicato già nel lontano 2003 come un "predestinato".
Cresciuto nella cultura riflessiva delle indagini antiterrorismo (l'ultima stagione del Br di Galesi e Lioce; la stagione post 11 settembre). Un uomo che è stato il "grande nemico" di Gianni De Gennaro, che di Mario Draghi fu compagno di scuola al liceo Massimo. Gabrielli è stato infatti il capo della Polizia capace, nel 2017, di fare quello che, per 16 anni, nessun capo della Polizia aveva avuto il coraggio di fare.
Ammettere la catastrofe del G8 di Genova, assumerne, a nome della Polizia, la corresponsabilità storica, con uno strappo che avrebbe consentito a una nuova generazione di dirigenti di liberarsi da una maledizione che aveva impedito sin li che la cicatrizzazione della ferita potesse anche soltanto cominciare.
La successione al Viminale di Gabrielli dirà se la sua "rivoluzione" avrà un erede capace di portarla a compimento. Tre i candidati. Il vicecapo Vittorio Rizzi, il vice capo vicario Maria Luisa Pellizzari (sarebbe la prima volta di una donna al vertice della Polizia) e il giovanissimo Lamberto Giannini, il dirigente in cui Gabrielli ha più volte confidato di vedere ciò che in un altro tempo Antonio Manganelli aveva visto in lui.