ACQUA DI COLONIA - JOHN KERRY MOLLA UN CEFFONE A NETANYAHU PER CONTO DI OBAMA: “LE COLONIE MINACCIANO LA PACE” – IL GOVERNO ISRAELIANO REPLICA A MUSO DURO: “SIAMO PROFONDAMENTE DELUSI DALL’AMMINISTRAZIONE USA” - TRUMP SI METTE DI TRAVERSO: “CON ME CAMBIERÀ TUTTO”
Alberto Flores D’Arcais per “la Repubblica”
Tra Stati Uniti ed Israele è scontro aperto. Dopo le accuse di Gerusalemme (e di Trump) seguite al voto dell'Onu, Obama ha deciso di reagire, affidando al segretario di Stato John Kerry il delicato compito di spiegare perché gli Usa si sono astenuti e non hanno esercitato il diritto di veto: Il presidente è profondamente impegnato per Israele e la sua sicurezza, ma non possiamo ignorare la minaccia che gli insediamenti rappresentano per la pace.
L' amicizia non significa che gli Stati Uniti devono accettare ogni politica, gli amici si dicono la dura verità e si rispettano. Nonostante i nostri sforzi la soluzione dei 'due Stati' è ora in serio pericolo. Non possiamo, in coscienza, non fare e non dire nulla, quando vediamo sfuggire la speranza di pace, non possiamo permettere che questa soluzione venga distrutta sotto i nostri occhi.
Nessuna mediazione, nessuna scusa, nessun ripensamento. Sul conflitto israeliano-palestinese la Casa Bianca di Obama ha le idee chiare, la soluzione dei 'due Stati' rimane l'unica strada percorribile (era del resto la stessa di George W. Bush) ed è messa in pericolo da un governo come quello di Netanyahu che si fa dettare l' agenda dai coloni.
Secondo Kerry sono loro, governo israeliano (la coalizione più a destra della storia israeliana, con un' agenda definita dagli elementi più estremisti ) e coloni, a mettere in discussione il futuro dell' unica democrazia del Medio Oriente e se Israele intraprende la strada di una soluzione a uno solo Stato non ci sarà pace nel mondo arabo.
Respinge seccamente le accuse dello Stato ebraico (alle Nazioni Unite non c' è stato alcun complotto americano) e allo stesso tempo riapre lo scontro con Trump. Il presidente eletto (entrerà alla Casa Bianca con pieni poteri il 20 gennaio) ha rassicurato Israele (con me le cose cambieranno), ha nominato come ambasciatore un uomo contrario ai 'due Stati' e favorevole agli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, ha promesso di spostare l' ambasciata Usa da Tel Aviv nella Città Santa e ieri si è scatenato sull' argomento con una serie di tweet proprio mentre Kerry stava iniziando a parlare: contro le dichiarazioni provocatorie di Obama, contro il disprezzo e la mancanza di rispetto verso Israele, invitando lo Stato ebraico a resistere perché il 20 gennaio si sta avvicinando rapidamente .
Kerry (ed Obama) sanno bene che il nuovo presidente vuole cambiare radicalmente una linea che fa parte anche della storia repubblicana e lasciano una sorta di testamento politico-diplomatico. La prossima Amministrazione ha segnalato che potrebbe cambiare approccio rispetto al nostro, sta a loro decidere.
Noi non possiamo chiudere gli occhi. La pace non va imposta , occorrono trattative dirette ed alcuni principi-cardine come quello che vede Gerusalemme capitale dei due Stati e il ripudio di uno status quo che punta solo a una perpetua occupazione . Se la scelta sarà invece quella di uno Stato Israele deve essere consapevole che sarà o uno Stato ebreo o uno Stato democratico: non può essere tutte e due le cose. E gli alleati degli Usa non saranno influenzati o intimiditi dai tweet di Donald Trump.
Parole dure cui Netanyahu ha immediatamente replicato. Un discorso prevenuto, siamo profondamente delusi, Kerry ha attaccato l'unica democrazia in Medio Oriente mentre la regione è in fiamme e il terrorismo dilaga. Di opposto tenore le reazioni palestinesi, Abu Mazen ha dichiarato di essere pronto a riprendere i negoziati di pace se Israele congelerà la costruzione di nuovi insediamenti . Positiva anche la reazione del ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault (a Parigi il prossimo 15 gennaio ci sarà la conferenza per rilanciare il processo di pace) che ha definito il discorso di Kerry chiaro, coraggioso e impegnato.