AIRBNB, È ORA DI CACCIARE IL GRANO - TRA POCHI MESI ENTRA IN VIGORE LA SCURE UE CONTRO LA MAXI EVASIONE DELLE PIATTAFORME DI AFFITTI BREVI: UNA NORMATIVA CHE OBBLIGA A DICHIARARE TUTTO - FINORA IL GRUPPO AMERICANO SI È SEMPRE RIFIUTATO SI SOTTOSTARE ALLE REGOLE ITALIANE PERCHÉ LE RITIENE IN CONTRASTO CON LE LEGGI COMUNITARIE - IL VALORE CHE SFUGGE ALLE CASSE DELLO STATO È DI OLTRE 500 MILIONI L'ANNO...
-Michele Di Branco per "Il Messaggero"
La pandemia allenta la presa, si riaprono le case al mare e nelle città d'arte. E l'evasione fiscale collegata agli affitti brevi riprende a galoppare. In Italia si calcola che ci siano circa 400 mila immobili messi in affitto sulla piattaforma Airbnb e, secondo alcune stime, l'imponibile in nero che sfugge alle casse dello Stato vale almeno 500 milioni di euro.
Un problema che sembrava risolto quattro anni fa quando il governo Gentiloni cercò di responsabilizzare gli intermediari online (tra questi Booking, Tripadvisor, Homeaway ed Expedia) affidando loro il compito di trattenere direttamente alla fonte il 21% di quanto incassato dal proprietario, e di fungere quindi da sostituto d'imposta rilasciando poi una certificazione unica.
LA PIATTAFORMA
«Uno schema che Airbnb ha rifiutato passando per le vie legali», ricorda l'avvocato Marco Cerrato, tra i più ascoltati fiscalisti e partner dello studio Maisto. Secondo Cerrato, di fatto la mossa della piattaforma ha temporaneamente vanificato la mossa di Gentiloni.
In teoria Airbnb dovrebbe applicare una ritenuta sugli affitti che hanno una durata inferiore a 30 giorni, ma l'azienda già nel 2017 si è rifiutata di adempiere a quest'obbligo della legge italiana perché lo ha ritenuto in contrasto con le norme Ue.
Per questa ragione c'è un contenzioso in pieno svolgimento a colpi di carte bollate tra Airbnb e lo Stato italiano che è partito dal Tar e che ora è al Consiglio di Stato.
Qual è la ratio della legge? «Il provvedimento spiega ancora Cerrato nasceva dalla volontà dello Stato di incassare le imposte relative alle locazioni brevi senza fare ulteriori controlli. Lo spirito della legge è cercare di controllare e monitorare alla fonte i redditi».
Se nei prossimi mesi i tribunali daranno ragione ad Airbnb, la piattaforma potrà continuare ad agire indisturbata e chi non ha dichiarato sarà eventualmente perseguito dall'Agenzia delle Entrate, mentre se il contenzioso volgerà a favore dello Stato ci potrà essere un recupero di tutta l'evasione fiscale arretrata.
Nel frattempo nessuno si occupa di riscuotere le imposte, c'è una situazione di stallo e la norma è inapplicata. E dunque spetta a ciascun proprietario di casa che affitta di denunciare quel 21% di imposta nella dichiarazione dei redditi, con tutti i rischi che si corrono se si incassa con un bonifico, perché il fisco controlla i conti correnti.
In altre parole, oggi l'intera materia è affidata alla buona volontà di ciascun operatore. Sciogliere questa situazione di stallo non è semplice ma una via d'uscita c'è. «In attesa del pronunciamento dei tribunali - spiega Cerrato - l'unica speranza è affidata all'entrata in vigore, nel 2023, della direttiva europea Dac7, in virtù della quale le piattaforme digitali come appunto Airbnb o eBay avranno l'obbligo di comunicare alle amministrazioni fiscali dei Paesi dell'Unione i dati relativi alle attività che vengono svolte, sotto forma di commercio online, grazie ai loro portali».
Nello specifico, le «attività rilevanti sono, appunto, la locazione di immobili, la vendita di beni, la fornitura di servizio, il noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto e l'attività di crowdfunding».
Sicché, per gli affitti brevi le cose cambieranno ed anche Airbnb dovrà cominciare a segnalare all'Agenzia delle entrate tutti i dettagli delle locazioni intermediate dalla piattaforma in relazione a immobili situati in Italia: gli affitti percepiti tramite Airbnb, così come anche i corrispettivi percepiti tramite Ebay, saranno perciò sempre più difficili da occultare al fisco.
IL GETTITO
L'obiettivo è consentire a ciascuno Stato di raccogliere il gettito che spetta loro sui servizi offerti a livello transfrontaliero.
Piattaforme come Google, Amazon, Airbnb o eBay, ma anche Facebook, Instagram e Uber diventeranno quindi alleati del fisco nell'eterna guerra all'evasione che, sulle piattaforme online, in Europa vale quasi 140 miliardi. Quali informazioni dovrà fornire Airbnb allo Stato?
«Moltissime risponde Cerrato e tra queste l'ammontare dei corrispettivi pagati nei periodi oggetto di monitoraggio, eventuali diritti, commissioni o imposte trattenuti o addebitati dalla piattaforma, gli indirizzi di eventuali diversi immobili, i dati catastali, il numero di giorni e la tipologia dei locali affittati».