ALLARME ROSSI - IL PROCURATORE CAPO RISPONDE AL 'GIORNALE' CHE HA RIVELATO LA SUA GARÇONNIÈRE PAGATA DA UN IMPRENDITORE: ''MALIZIOSO ACCOSTAMENTO, UNA CAMPAGNA DENIGRATORIA, IO SONO DANNEGGIATO'', MA IL QUOTIDIANO RILANCIA PARLANDO DI ''PARTICOLARI IRRIFERIBILI'' E IL CSM ORA VUOLE INDAGARE SULL'INTRECCIO TRA VITA PRIVATA E INCHIESTE DI ROBERTO ROSSI
Stefano Zurlo per il Giornale
Stupore. Prudenza. Voglia di saperne di più. Il caso Rossi tiene banco, sia pure informalmente, al Csm dove l' articolo del Giornale di ieri viene letto e riletto un po' da tutti. Lui Roberto Rossi, il procuratore capo di Arezzo, annuncia querela e parla di «accostamento malizioso» fra la sua posizione e le disavventure di Antonio Incitti, l' ex poliziotto per anni suo braccio destro e oggi sotto accusa per concussione.
Ma i fatti raccontati dal quotidiano, che sono altra cosa dai capitoli in cui Rossi sarebbe parte lesa, restano e sono stati confermati al Giornale, in vario modo, da almeno quattro testimoni. Rossi fra il 2010 e il 2011, prima dunque di diventare ufficialmente il capo dell' ufficio e di avviare la delicatissima indagine su Banca Etruria, aveva la disponibilità di un appartamento, una garçonnière, nelle campagne della Val di Chiana, e lì si intratteneva con le sue amiche. La vox populi parla di avvocatesse, dettaglio tutto da dimostrare e che però aggiungerebbe imbarazzo a imbarazzo.
Non solo: nella primavera del 2012, quando l' affaire Incitti esplode dopo la rottura traumatica fra l' agente e la sua fidanzata Marta Massai, in procura si presenta anche Paolo Casalini, dominus, con la Massai, di una società immobiliare, la Italcasa Costruzioni. Casalini mette a verbale di aver approvato la scelta di Italcasa che fra il 2010 e il 2011 aveva dato un appartamento, di circa 90 metri quadri, al magistrato.
Non solo: Rossi non aveva mai saldato le spese condominiali e le bollette, né tantomeno gli era mai stato chiesto un canone d' affitto. Anzi, la casa gli era stata tolta perché i condomini erano in rivolta. Massai conferma il racconto e lo integra con altri particolari, alcuni irriferibili.
È questo il punto più delicato, evidenziato dal Giornale, di un' inchiesta assai più complessa e che in effetti riguarda in prima battuta Incitti.
Incitti avrebbe utilizzato il nome importante di Rossi per ottenere soldi e favori, in particolare avrebbe estorto 50mila euro a un imprenditore, Stefano Fabbriciani millantando chissà quali coperture, in realtà inesistenti, a Palazzo di giustizia. Sul punto sono in corso accertamenti da parte della procura di Genova, competente per i reati commessi o subiti dai magistrati toscani. Nella vicenda Incitti-Fabbriciani, Rossi sarebbe dunque vittima o comunque il pm, che sta valutando di chiedere al gip l' archiviazione per il procuratore, non avrebbe trovato elementi per sostenere una sua corresponsabilità.
E però l' episodio fa intuire un reticolo di rapporti e frequentazioni tutti da illuminare. Tant' è che a sorpresa, nelle scorse settimane, il giudice civile di Arezzo Michela Grillo, nello scrivere la sentenza della causa avviata da Fabbriciani contro Italcasa Costruzioni, Massai e Incitti per riavere i 50mila euro a suo tempo consegnati al poliziotto, compie una mossa che spariglia: invia il verdetto alla procura di Arezzo e alla Guardia di finanza, duplicando in qualche modo l' interminabile indagine genovese.
Ora i consiglieri del Csm vogliono capire meglio tutta la storia. «Le circostanze esposte dal Giornale - afferma il laico di Fi Pierantonio Zanettin - se confermate meritano un approfondimento in Prima commissione del Csm». E Aldo Morgigni, togato che della Prima commissione fa parte, sembra seguire la stessa linea: «Valuterò e peserò, ove vi siano, gli elementi raccolti dal Csm». Dunque, si profila l' apertura di una pratica che potrebbe chiudersi in niente o portare invece al trasferimento d' ufficio di Rossi.
Lui in una nota denuncia il «malizioso accostamento operato dal giornalista fra la mia persona e un ex agente di polizia nei confronti del quale l' ufficio, che oggi dirigo, aveva svolto indagini con conseguente allontanamento dal servizio e apertura di un procedimento penale, procedimento poi trasmesso a Genova per competenza, stante il coinvolgimento di magistrati di Arezzo quali danneggiati». Ancora Rossi parla di «campagna denigratoria» in coincidenza con la conclusione dell' indagine su Banca Etruria.