AMERICA FATTA A MAGLIE - TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE A UN GIORNO DALL'INSEDIAMENTO: CHI SARÀ ALLA CERIMONIA, LA TREGUA COI BUSH, BIDEN CHE STRAPARLA DI NATO E LIBERTÀ A DAVOS IN ONORE DEL SINCERO DEMOCRATICO XI JINPING, L'INCONTRO (CHE NON CI SARÀ) TRA TRUMP E PUTIN, LA LIBERAZIONE DI CHELSEA MANNING, I SONDAGGI
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Meno 1, domani Donald J Trump diventa ufficialmente il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Trump già da ieri sera ha lasciato l'amata Torre di New York ed è a Washington per gli ultimi dettagli della cerimonia del passaggio dei poteri.
Giura sulla Bibbia di Abraham Lincoln, la stessa utilizzata per la cerimonia di insediamento di Barack Obama; in 60 esponenti del Partito Democratico finora hanno fatto sapere che non parteciperanno all'inaugurazione, e lui ha risposto pregandoli di restituire i biglietti, così potrà far occupare degnamente da rappresentanti del popolo che lo ha eletto i posti liberi.
Ci saranno invece gli Obama, Jimmy Carter e I Clinton, tutti gli occhi puntati su Hillary, che quella mano sulla Bibbia sperava di potercela finalmente mettere lei, e in giro per New York si dice che accarezzi l'idea di riprovarci; dovrebbero esserci anche W Bush e signora, dipende però da come stanno Bush senior e signora, tutti e due ricoverati in ospedale. Il bello è che il 10 gennaio il vecchio Bush, 92 anni, aveva scritto una lettera garbata a Donald Trump scusandosi dell'assenza forzata del 20, e spiegando che i medici avevano detto a lui e a Barbara: se vai a Washington a gennaio, finisci sotto terra.
La presenza di W Bush e la lettera resa pubblica dalle due parti del vecchio Bush rappresentano in ogni caso una forma di tregua stabile tra clan perdente e vincitore, e fanno bene alla salute del Partito Repubblicano già tanto lacerato. Invece continuano ad aumentare le firme accorate di quei repubblicani che, in quasi 200 ormai, avendo fatto parte attivissima del gruppo dei #neverTrump, mai Trump, ora lamentano di essere finiti in una sorta di black list, insomma niente governo, niente potere per loro, e chiedono aiuto. Una bella faccia tosta!
È atteso anche Joe Biden, il vicepresidente di Barack Obama, che dal Forum di Davos tra i grandi della terra ha denunciato la minaccia terribile all'ordine internazionale mondiale rappresentata da Putin, e ammonito Trump per aver osato criticare la Nato.
Ora, che l'Alleanza Atlantica sia diventata “un autobus su cui la maggior parte degli abbonati sale senza aver pagato il biglietto e critica pure l'autista”, è una frase coniata da Barack Obama e da lui più di una volta pronunciata, ma fa niente, sono solo le critiche di Trump a destare scandalo. Biden ha recitato per l'ultima volta con rimpianto la parte del democratico che mette sull'avviso il mondo dall’inconveniente rappresentato dal prossimo presidente.
Lo ha fatto di buon grado, tra una tartina e uno champagne, dopo confronto serrato con ospiti del calibro di Shakira e Matt Damon, e dopo che tutti assieme hanno applaudito come campione della Libertà, il cinese, e comunista, e repressore, Xi Jinping. Tra un waka waka e l'altro, hanno ricordato al rappresentante di Pechino quale sia il record conosciuto di violazioni feroci e costanti di qualunque diritto umano e civile che lo accompagna in giro per il mondo? Ma va! Qualcuno lo chiama il mondo alla rovescia.
Nel mondo alla rovescia imperversano i sondaggi, ci mancherebbe, e insistono nel definire Trump il presidente eletto meno popolare della storia d'America, che sarà anche possibile, ma intanto è stato eletto e a governare deve ancora incominciare; certo è che sulla sua capacità di combattere il terrorismo e di migliorare l'economia, i sondaggi sono invece tutti a favore, ed anche sprezzanti della contraddittorietà. Gli stessi sondaggi stabiliscono addirittura al 70% il numero degli americani scandalizzati che disapprovano l'uso e l'abuso di Tweet da parte del presidente, e qui uno si domanda se sia mai possibile che milioni di persone abbiano un'opinione così forte e negativa del cinguettio.
I sondaggi infine danno al 57% la popolarità di Barack Obama, che è un bel risultato, ma dimostra definitivamente che la Clinton come successore scelta anche da lui è stata una vera cavolata, poi non spiega come mai gli stessi americani che amano tanto il presidente uscente, al 60% poi pensino che i rapporti fra le razze sono peggiorati dalla elezione di Obama, e al 68% che lascia l'America divisa come non era mai accaduto in passato. Misteri dei sondaggi, ma soprattutto di sondaggisti e committenti.
Sembrerebbe un grande mistero, e ha suscitato le proteste anche del suo segretario alla Difesa e di tutti i militari della sua amministrazione uscente, non solo degli uomini di Trump, la commutazione di pena che Obama ha deciso per la signora Chelsea Manning, già signor Bradley, ex analista militare in prigione dal 2010 per aver passato 750.000 documenti a Wikileaks.
Nella sua ultima conferenza stampa , con sussiego da grande avvocato e aria di sfida, Barack Obama ha difeso la decisione controversa; ha detto che non ha niente a che fare con le richieste di Julian Assange dall'ambasciata dell'Ecuador a Londra e che lui i tweet di Assange non li legge, che Manning è stata liberata perché la condanna era sproporzionata al crimine commesso.
Nei giorni scorsi Julian Assange aveva promesso che si sarebbe consegnato alla giustizia americana in caso di scagionamento della Manning, e ieri sera il suo avvocato ha fatto sapere che la decisione di riduzione della pena presa dal presidente americano non è sufficiente, lui voleva che l'America ammettesse che rivelare documenti militari è un gesto da patriota e non da traditore.
Chelsea Manning doveva uscire dalla cella nel 2045 e non è vero che avesse ricevuto una pena troppo severa: aveva rivelato materiale delicatissimo per la diplomazia, aveva sputtanato le fonti che gli Stati Uniti utilizzano nelle operazioni militari e messo quindi in pericolo la vita di persone innocenti che servono il paese, bruciando definitivamente delle fonti utilizzate all'estero, facendo finire gente sotto processo. Un vero bandito. Tanto più che era un analista militare, non uno cui questi documenti fossero finiti per caso in mano. Perché Barack Obama lo ha fatto?
Elementare Watson, lo ha fatto perché il signor Bradley nel frattempo è diventato la signora Chelsea, e per uno che vuole avere di fronte ancora una gran carriera da liberal fa fine concedere la grazia a un personaggio icona del politically correct. Bradley sarebbe rimasto dietro le sbarre, Chelsea è libera a maggio, assieme a un numero complessivo tra pene commutate e grazie concesse di 1385, più di 12 presidenti messi assieme. Manca solo ed era atteso l'altro famoso Leaker, Edward Snowden.
A Davos, stando ai giornaloni, erano tutti indignati e a caccia di scuse ufficiali per le recenti dichiarazioni di Donald Trump al Sunday Times e al tedesco Bild sull'Unione Europea e sul futuro della NATO.
Allora come mai gli stessi indignati si stanno ammazzando per riuscire ad avere udienza presso Trump? Perché tentano di incontrarlo prima che veda Putin e mettono in giro per le cancellerie internazionali e le redazioni dei giornali la notizia falsa che un incontro con Putin è stato già fissato? Non è così, la nuova Casa Bianca non ha incontri internazionali in programma per il momento che non siano con il premier inglese Theresa May, e anche con lei non c'è niente di stabilito.
Il primo ad agitarsi e Norbert Roettgen, capo della commissione Esteri del Parlamento tedesco, dirigente del partito della Merkel, seguito da Donald Tusk, l'ex primo ministro polacco che ora è a capo del Consiglio europeo, e che ha invitato ufficialmente Trump a incontrarsi con i rappresentanti dell'Unione Europea al più presto.
L'interlocutore americano ha declinato l'offerta e spiegato ancora una volta che per il presidente americano è una priorità incontrare i rappresentanti delle nazioni, una alla volta, non un blocco di 28. Quanto alla Russia, no comment di Trump alla dichiarazione un po' smargiassa di Biden che ha assicurato che non si toccano le sanzioni alla Russia; di sicuro si sa che i contatti con l'ambasciatore russo a Washington sono continui, che Trump è favorevole a togliere le sanzioni, lo ritiene un favore fatto anche ad alcune nazioni europee, ma che ancora una volta non ha fissato nessuna data.
Non risponde a verità la notizia che circola tra Bruxelles e Strasburgo di un summit con Putin a Reykjavik in Islanda in ricordo di quello tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov. Il segretario della Nato Stoltenberg a sua volta sì sbraccia per un incontro, magari a Washington. Sono infine pronti a tutto, certamente a escludere l'Italia, un gruppetto di rappresentanti delle nazioni più potenti europee, capitanato dalla Merkel, che vorrebbero un incontro più ristretto e riservato. Contenti?
Non è detto che ci riescano, è probabile che se Trump deciderà di partecipare a un summit internazionale, sarà quello di Amburgo a luglio del gruppo dei 20; c'è naturalmente a maggio il summit della Nato e la riunione del gruppo dei 7 in Italia, di cui prima dell'annessione della Crimea dall'Ucraina, la Russia faceva parte, da cui è stata cacciata. Che succede se Trump chiede che venga riammessa?